Sull’Irish Indipendent si parla di torneo che ammazzerà il professionismo. E contro i “mostri” servono le contromosse…
“La lega è alla frutta, non interessa più a nessuno”. George Hook, uno degli opinionisti più noti del rugby irlandese, apre così il suo profondo attacco all’intero sistema del Pro 12 sulle pagine dell’Irish Independent, in cui invita le quattro province del suo Paese a lasciare la competizione e a trovare “una soluzione per lasciare quel pozzo nero che puzza di mediocrità che è diventato il torneo”. Per Hook, i possibili rimedi al declino del rugby professionistico irlandese sarebbero la costruzione di un nuovo domestic oppure l’ingresso di Munster, Leinster, Ulster e Connacht nella Premiership inglese, perché il loro futuro “dipenderà dalla partecipazione ad una lega stabile dal punto di vista competitivo e finanziario”.
“Sky Sports sta provando a gestire il prodotto celtico nell’ammirevole tentativo di farne qualcosa che non è – continua Hook – ma le partite poco appetibili e la scarsa affluenza di spettatori rivelano la dura realtà del Pro 12. La verità è che a nessuno interessa la Celtic League: né ai giocatori, né alle tv né tantomeno al pubblico”. L’attenzione, quasi inesorabilmente, si sposta poi anche sull’ingresso italiano nella comeptizione, secondo Hook “completamente fallito. Treviso e Zebre continuano ad essere sul fondo della classifica come hanno fatto dal momento in cui sono entrate nella lega”. In questo senso, insomma, niente di nuovo, ma il distopico editoriale di Hook va oltre e mette in guardia l’intero movimento irlandese e le quattro Province, che “vedranno i loro ricavi diminuire ancora e continueranno nella loro decadenza. Se le cose non dovessero cambiare, il rugby professionistico irlandese morirebbe del tutto ed in maniera definitiva”. Per quanto riguarda la Champions Cup, il confronto tra l’attuale situazione delle franchigie irlandesi il recente passato è impietoso: “La gloria conquistata negli anni scorsi è stata sostituita da una divorante puzza di mediocrità”. D’altronde, “Leinster, Munster, Ulster e Connacht non possono permettersi di competere economicamente con i club di Premiership e Top 14 e con i loro mercati televisivi (ne abbiamo scritto nelle scorse settimane). I migliori giocatori al mondo continueranno a legarsi a loro, mentre le Province irlandesi sono costrette a chiedere l’elemosina per attirare quello che resta, ovvero la mediocrità“.
L’eco dell’intervento di Hook è arrivato fino in Inghilterra dove ha raccolto il supporto del collega Nick Cane di The Rugby Paper, che sposta la prospettiva su un punto di vista extra finanziario. Vero che la differenza dei diritti televisivi è abissale (il Top 14 riceve 73 milioni di Euro l’anno che diventeranno 97 nel quadriennio 2019-2023, la Premiership 51 e il Pro 12 14), ma il pericolo maggiore è insito nel format della competizione stessa: “Mancando promozioni e retrocessioni, viene meno la spinta alla competitività che spinge tutti i club del campionato inglese e francese a migliorarsi”, dice Cane.
Uscire dal Pro 12 è una questione che con cadenza più o meno regolare si sente anche dalle nostre parti, con la possibile variante, nel caso dell’Irlanda, di un ingresso in Premiership che al momento sembrerebbe una strada molto ardua da percorrere. Una soluzione, più concretamente attuabile rispetto all’espansione Oltreoceano, sarebbe il coinvolgimento nel torneo della città di Londra attraverso i London Scottish e/o i Welsh, ci cui tra l’altro già si è discusso in passato. Ciò aprirebbe i confini del Pro 12 ad un nuovo pubblico fortemente attaccato alla palla ovale e ad un mercato che per essa è disposto ad investire. Potrebbe essere fantascienza, ma a qualcosa la lega celtica deve pur pensare. Anche perché Francia e Inghilterra con i club corrono di stagione in stagione più velocemente e riprenderli sarà sempre più dura.
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