Per la (nuova) Nuova Zelanda è il primo vero banco da prova. Ma i tuttineri restano favoriti
Manca sempre meno al Rugby Championship 2016, al via sabato 20 agosto con la sfida tra Australia e Nuova Zelanda. Non certo una partita qualunque nel panorama internazionale, resa ancor più vivace dal botta e risposta tra gli allenatori Hansen e Cheika che ha animato i giorni scorsi. E dopo aver parlato proprio dei Wallabies, alla ricerca del riscatto dopo la sconfitta per 3-0 nella serie di giugno contro l’Inghilterra, è il momento di vedere come arrivano al via gli All Blacks.
I tutti neri hanno fin qui vinto tre delle quattro edizioni da quando anche l’Argentina è stata ammessa al torneo. Ad interrompere il dominio e la serie di successi consecutivi è stata l’Australia nell’edizione dello scorso anno, ridotta nelle giornate per l’imminente kick off della Rugby World Cup 2015. Da allora molte cose sono cambiate in casa neozelandese. Dopo tanti anni di Tri Nations e Championship, non ci saranno i 707 caps dei vari Richie McCaw, Keven Mealamu, Tony Woodcock, Dan Carter, Ma’a Nonu e Conrad Smith. E il vero banco di prova per lo staff tecnico di coach Hansen è proprio questo: capire quanto la coperta è ancora profonda e di qualità. Se l’avversario di giugno, il Galles alla ricerca del suo gioco migliore e tre volte battuto, era forse l’avversario più congeniale per ripartire dopo il trionfo Mondiale e senza i mostri sacri di cui sopra, Australia, Sudafrica e Argentina sono squadre ben più ostiche da affrontare. Un reparto in particolare sofferenza è quello dei centri, dove mancheranno Sonny Bill Williams che ha chiuso la sua stagione a Rio ancora prima di iniziarla, Charlie Ngatai ancora alle prese con il post concussion e George Moala ultimo indisponibile delle scorse ore.
Per il resto la squadra può contare sulla leadership dei vari Kieran Read ed Aaron Smith, sulla classe di Ben Smith e sulla sicurezza che Cruden assicura in regia. Senza parlare sulla freschezza dei vari Ardie Savea, Barrett e Sopoaga. E questi ultimi due difficilmente partiranno dal primo minuto a numero dieci (almeno nelle prime giornate) per una serie di motivi. Perché perdere proprio nei primi confronti con l’Emisfero Sud del dopo 707 caps significherebbe ben più che perdere dei singoli incontri. E perché avere un impact player come Barrett capace di ammazzare le partite è un lusso che pochi possono permettersi. Anzi nessuno, tranne ovviamente i soliti All Blacks.
Cari Lettori,
OnRugby, da oltre 10 anni, Vi offre gratuitamente un’informazione puntuale e quotidiana sul mondo della palla ovale. Il nostro lavoro ha un costo che viene ripagato dalla pubblicità, in particolare quella personalizzata.
Quando Vi viene proposta l’informativa sul rilascio di cookie o tecnologie simili, Vi chiediamo di sostenerci dando il Vostro consenso.