Il caso-Manici mette in allarme i compagni di squadra. E per i bianconeri i motivi di preoccupazione sono diversi
La partita di Guinness Pro12 tra Zebre e Ospreys dello scorso 6 dicembre non è di quelle particolarmente fortunate per la franchigia con sede a Parma. Intanto vengono battute 39 a 22 tra le mure amiche dai gallesi, poi l’infermeria si riempe con almeno tre infortuni: c’è Andries Van Schalkwyk che rimedia uno stiramento che lo tiene lontano dai campi per qualche settimana ma soprattutto a uscire malconci sono Marcello Violi e Andrea Manici, che chiudono quel pomeriggio la loro stagione, il primo per una “lesione di alto grado al legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro” mentre il secondo si deve fermare per la “rottura del legamento crociato anteriore”. Entrambi i virgolettati sono dei comunicati ufficiali delle Zebre.
Violi ormai è recuperato, ma per Andrea Manici le cose non sono affatto filate lisce, tra infermeria e contratto: il giocatore proprio il giorno prima della gara con gli Ospreys firma un nuovo accordo valido per altre due stagioni con le Zebre, visto che quello precedente era in scadenza lo scorso 30 giugno. Ma i problemi per il tallonatore proseguono nella clinica di Parma dove viene inviato dal club per essere operato: qui si prende una brutta infezione batterica e le sue condizioni si aggravano rapidamente in maniera grave e il giocatore passa alcune settimane in camera iperbarica. Il recupero è molto lento, qualche settimana fa si è sottoposto all’operazione chirurgica che ha ripulito in maniera definitiva il ginocchio infortunato e se tutto andrà come previsto Manici questo inverno tornerà in campo. La lunga degenza ha però creato una situazione di scontro tra il prima linea e alcuni dirigenti delle Zebre che inizialmente avrebbero voluto risolvere o invalidare il contratto sottoscritto a dicembre grazie a una clausola che prevede la risoluzione in caso di verificata mancanza di idoneità. La situazione è andata poi evolvendosi, con una proposta di forte decurtazione dello stipendio. Le parti si sono via via riavvicinate e questa settimana dovrebbe tenersi un incontro risolutivo e soddisfacente per tutti.
Il braccio di ferro è però di quelli con possibili importanti ricadute generali: quella clausola di risoluzione del contratto infatti riguarda una idoneità che ha senso assoluto, ovvero un mancato superamento dei test fisici previsti per ottenere l’abilitazione allo sport professionistico, e un infortunio come quello subito da Manici a rigor di logica non dovrebbe rientrare in quella categoria. Perché è vero che il giocatore è indisponibile (ma si è fatto male giocando per il suo club, non per un fuoripista sugli sci o perché correva troppo in macchina) ma la sua è una sorta di assenza “professionale”, dovuta ai rischi del mestiere. Una specie di mancanza di idoneità relativa, non assoluta. Se una qualsiasi società considerasse non valido un contratto per quei motivi creerebbe un precedente che metterebbe sull’attenti tutti i giocatori. Cosa che a quanto risulta a OnRugby è successa a Parma, con lo spogliatoio delle Zebre che sta seguendo con grande attenzione e preoccupazione l’evolversi della vicenda.
Una storia che mette in luce quanto sia ancora lunga la strada che deve percorrere il rugby italiano sulla strada del professionismo, con il caso Manici che non è poi così dissimile da quello Minto (anche se lì c’erano state le dichiarazioni pubbliche del presidente Gavazzi a rendere il tutto più complicato). Poco più di un anno fa il raduno azzurro pre-Mondiale di Villabassa era stato clamorosamente interrotto dopo che i giocatori avevano inscenato una protesta che aveva proprio nelle garanzie assicurative-infortunistiche uno dei suoi capisaldi. I passi avanti fatti in questi 14 mesi non sono stati evidentemente molti.
Per le Zebre infine un caso che – come abbiamo detto prima – sembra sulla via della chiusura, ma con uno spogliatoio inquieto che non è un buon viatico per l’inizio della stagione. Giocatori e staff tecnico sono compattissimi, sanno di essere loro il vero cuore delle Zebre, ma forse meno solidità di rapporto c’è invece con la società. D’altronde Coach Guidi giusto un paio di settimane fa in una intervista ha detto che la squadra l’ha fatta lui “all’85%”, sottolineando così la sua non paternità su alcune scelte. Siamo pronti a scommettere quelle che hanno destato più di una perplessità tra tifosi e addetti ai lavori.
Mettiamoci infine il pagamento in ritardo delle ultime due mensilità (non di moltissimo, d’accordo, ma un ritardo c’è stato) e poi la tegola-sponsor: a maggio infatti i bianconeri avevano annunciato l’accordo con le Cantine La Versa, il cui amministratore delegato è stato però arrestato a fine luglio dalla Guardia di Finanza di Pavia per bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio. L’azienda è fallita e il contratto è ovviamente saltato. Il tutto in un panorama in cui i soci privati che guidano il CdA non sembrano essere in grado di finanziare a dovere un club che – lo ricordiamo – rappresenta assieme a Benetton Treviso e Nazionale la punta di diamante del nostro movimento. Una situazione che giocatori e staff tecnico davvero non meritano.
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