Confidenza e tranqullità: Roland de Marigny skills coach delle Zebre

Abbiamo intervistato il tecnico dei ducali, che ci ha svelato i segreti di quelle sei fondamentali lettere…

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Sudafricano di Durban classe 1975, Roland de Marigny ha collezionato in carriera 19 caps con la maglia azzurra dal 2004 al 2007, prima di iniziare una carriera di allenatore a Parma (dove ha fatto ritorno nella scorsa stagione) e poi nelle fila dei tecnici federale dell’Accademia. Questa stagione ha invece assunto l’incarico, già ricoperto in passato, di skills coach delle Zebre. Assieme a lui abbiamo parlato proprio dell’importanza di questo fondamentale e di quale sia il modo migliore per allenarlo.

 

 

Dopo l’esperienza nella seconda parte della stagione 2014/15, ora sei entrato stabilmente nello staff tecnico delle Zebre…
Il lavoro specifico è iniziato già con la preparazione e la decisione è stata condivisa da staff tecnico e giocatori, che ne hanno sentito la mancanza la scorsa stagione. E confrontandomi anche con gli altri tecnici presenti quest’oggi (martedì 23 agosto a Dublino alla presentazione del Pro12 2016/17, ndr ) tutti sottolineano l’estrema importanza di questo settore all’interno della preparazione di una partita.

 

 

Un lavoro di cui abbiamo particolarmente bisogno…
Al reparto di skills qui in Italia magari non abbiamo dato in passato l’importanza dovuta. Aspetti legati non solo al gesto stesso dell’esecuzione, ma anche al timing e alla visione di esecuzione, hanno sempre fatto parte del bagaglio tecnico richiesto in altri paese, che lo curano anche in età scolastica. Per iniziare non è mai tardi: ai ragazzi piace tantissimo e c’è entusiasmo nel farlo. Poi il tutto va messo in relazione e a disposizione del gioco, sia offensivo che difensivo. Buone skills mettono nella condizione di finalizzare buone azioni, che significa fare punti e vincere le partite.

 

 

C’è un rapporto tra buone skills e confidenza nel gioco?
Spesso i giocatori palla in mano tendono la muscolatura e se sei teso difficilmente riuscirai ad eseguire un buon passaggio. L’ideale sarebbe maggiore tensione in difesa nell’aspettare attivamente l’impatto e maggiore rilassatezza palla in mano. Per farlo deve essere sicuro di sé, del proprio corpo, della lettura che ha della situazione e delle proprie competenze palla in mano. Allenare le skills significa anche allenare questo.

 

 

Quanto conta la componente mentale in una corretta esecuzione?
Tutto ciò è collegato ad una situazione anche di tranquillità e predisposizione mentale: se un giocatore non fa un passaggio per paura di sbagliare, la volta successiva difficilmente si comporterà in modo diverso in una medesima situazione e giocare con la paura di sbagliare è la cosa peggiore. Se invece decidi di passare e sbagli il passaggio, allora si tratta di allenare il gesto ed è già una situazione diversa da correggere.

 

 

Per tanti anni hai lavorato con le Accademie. Come reputi il lavoro sulle skills?
L’allenamento delle skills è sempre stato presente, però a mio avviso troppo poco e senza la dovuta attenzione. Viceversa si è insistito tanto sulla comprensione del gioco, che è un aspetto positivo. Però più che un discorso di quantità del lavoro è un discorso di qualità: se tra campo e palestra già trascorrono alcune ore, poi è difficile andare in campo a fare altre cose.

 

 

Sono importanti gli esercizi di skills nel riscaldamento pre gara?
Parlando ovviamente in generale del rugby in Italia, spesso si propone un riscaldamento simile a quello del calcio, molto lungo e che dà molta attenzione alla parte atletica. Il riscaldamento deve proporre gesti simili a quelli che si eseguiranno in campo, ovvero veloci e precisi. I giocatori devono essere condizionati ad un’esecuzione che sia di reazione e di rapidità. E tutto ciò è tanto più utile nel rugby moderno, dove tutti devono saper fare tutto. Un pilone deve saper passare e uscire dal frontale, un trequarti deve saper pulire efficacemente. Però il gioco ne risente.

 

 

Ha ancora senso parlare di ruoli?
Beh, il punto di partenza di qualunque cosa è la conquista. Le fondamenta sono mischia e touche: per me, l’aspetto più bello di questo sport, che non potrà mai essere tolto. Poi certo, è un rugby con sempre più punti d’incontro, difese sempre più organizzate e tutti devono essere in grado di fare più cose e in più zone del campo, per esempio piloni e seconde linee sugli spazi allargati. Ma per farlo devono correre per arrivarci e avere le skills per essere effiaci.

 

di Roberto Avesani

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