Autoallenamento e skills: la ricetta Connacht nelle parole di capitan Muldoon

Il terza linea racconta alcuni aspetti dietro lo splendido trionfo celtico. Mantenendo i piedi ben saldi a terra

muldoon connacht

ph. Sebastiano Pessina

Favola e miracolo sono parole che spesso vengono utilizzate per raccontare certe pagine di sport, ma che almeno nel loro significato letterale non rendono giustizia del duro lavoro che rappresenta il punto di partenza per raggiungere un importante traguardo. Della stagione 2015/16 di Ovalia ricorderemo gli invincibili All Blacks, la rinascita dell’Inghilterra di Eddie Jones, il double dei Saracens, il Racing92 sul tetto di Francia e le Fiji su quello Olimpico. Ma siamo pronti a scommettere che per molto tempo sentiremo parlare anche del successo di Connacht in Pro12. E non può essere altrimenti, considerando che prima della scorsa stagione il miglior piazzamento della squadra di Galway era stato un settimo posto. Il successo nella finale di Murrayfield contro Leinster è il risultato di un percorso iniziato con coach Pat Lam nel 2013 e che ha dato quest’anno il frutto migliore. Gli ingredienti sono duro lavoro e tanto, tanto, tantissimo esercizio sulle skills dei giocatori, come ha raccontato capitan John Muldoon nel corso della presentazione della nuova stagione celtica a Dublino.

 

“Molti sono restati stupiti del nostro gioco alla mano – ha esordito il terza linea classe  1982 – ma il fatto è che ogni giorno ci alleniamo palla in mano. Quando ci siamo ritrovati sei settimane fa la prima cosa è stata una skills session per tutti. Il primo allenamento di sempre fatto da Pat qui a Connacht sono stati 40 minuti di skills: del resto, quando è arrivato ha detto chiaro e tondo quale gioco voleva che apprendessimo e applicassimo, indipendentemente dal clima e dal meteo di Galway. Durante la scorsa stagione ci mostrava dei filmati presi dall’archivio delle annate precedenti, per farci vedere quanto stavamo migliorando nelle skills. Noi ragazzi abbiamo dato tutto”. Negli occhi la bellissima finale giocata contro Leinster: “E stata una delle partite più veloci che ho mai fatto, eppure abbiamo commessi pochissimi errori di handling. Un nostro pilone quel giorno ha fatto tre volte il mediano di mischia: magari non tutti lo notano, ma avere un pilone che dal breakdown può farti un passaggio a destra di dieci metri significa che non dipendi dal tuo numero nove. E fa una differenza enorme. Ma è così, quando non giochi un rugby conservativo allora le skills servono. Significa che tutti, mischia e trequarti, sono coinvolti nel gioco in situazioni e zone del campo diverse”. Il riflesso per Muldoon si è visto anche a livello internazionale: “Ultan Dillane ha esordito con l’Irlanda contro l’Inghilterra presentandosi con un passaggio di 15 metri verso destra. Tutto questo grazie al lavoro fatto in condizioni di pressione e fatica con il club e per una seconda linea è un gran risultato”. Un altro aspetto di cui Muldoon ha parlato è legato all’auto-miglioramento, con i giocatori che diventano essi stessi propri allenatori: “Ogni settimana mandiamo una mail ai nostri coach, dicendo in quale area vogliamo migliorare nei giorni a venire. Poi se arriva una mail di risposta significa che per lo staff sono altre le aree su cui ti devi concentrare”.

 

Il focus è ora sulla nuova stagione e inutile nascondere che ripetersi sarà difficile. Anche perché “non ci saranno molte squadre che verranno allo Sportsground facendo riposare gli internazionali o pensando sia una passeggiata, non sarà un anno Mondiale e in più giocheremo in Champions. Sarà una grande sfida. Abbiamo tutti alzato l’asticella: quando raggiungi un traguardo ne vuoi subito un altro. Quando pensi a che momenti e giorni abbiamo vissuto, allora capisci che vuoi rivivere quelle sensazioni. Ma dobbiamo essere realistici: finire nei primi sei sarebbe un buon risultato, anche guardando a quanto le avversarie si sono rinforzate”.

 

Della nuova stagione ha parlato anche coach Lam. E la prima domanda non può che essere stata quali parole abbia usato al momento del ritrovo per la preparazione. “Abbiamo messo il trofeo al centro di fronte a noi e discusso cosa rappresentasse: direi, in pratica, duro lavoro, solo quello, il risultato del lavoro fatto dal gruppo e dal club, da ogni suo rappresentante. Abbiamo preso atto di ciò che rappresenta, della sua importanza e che adesso è storia. Abbiamo voglia di ottenere risultati, non è difficile: il segreto sta tutto nel duro lavoro che facciamo ogni giorno allo Sportsground. Il trofeo è un traguardo intermedio, vogliamo continuare il nostro viaggio”. Un trofeo speciale per tutta la provincia: “Connacht vuole essere d’ispirazione per tutta la comunità e non c’è dubbio che quel trofeo rappresenti un’ispirazione per tutte le persone”.

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