L’ex tecnico del Sudafrica parla degli aspetti che rendono quasi imbattibili i tutti neri. E tutto inizia fuori dal campo…
Ma perché gli All Blacks sono così forti? Un altro Championship va verso la conclusione, prevista per la giornata di sabato quando le sfide Sudafrica-Nuova Zelanda e Argentina-Australia chiuderanno l’edizione 2016 del torneo principe dell’Emisfero Sud. Il capitolo vittoria finale si è chiuso in anticipo, con gli All Blacks dominatori della manifestazione: cinque vittorie in altrettante partite, 205 punti fatti e 69 subiti, una striscia vincente di 16 successi consecutivi da portare avanti e una profondità di squadra pazzesca. La sensazione che i dominatori di Ovalia abbiano ancora la maglia nera è più che mai netta, anche a fronte dei molti problemi del Sudafrica e dell’involuzione post Mondiale dell’Australia. A dare una propria personale risposta alla domanda di cui sopra ci ha pensato Heyneke Meyer, dal 2012 al 2015 head coach del Sudafrica (dove qualcuno potrebbe già rimpiangerlo), periodo durante il quale ha maturato un rapporto di amicizia e stima reciproca con il collega sulla panchina neozelandese Steve Hansen.
“Ciò che le persone non sempre capiscono è ciò che accade fuori dal campo è direttamente collegato con ciò che avviene dentro. E in questo gli All Blacks sono davanti a tutti”, ha dichiarato parlando con City Press e rimarcando l’importanza del lavoro di tutti coloro che gravitano attorno alla squadra e che lavorano per metterla nelle migliori condizioni possibili (sembra di sentire le parole di Keven Mealamu all’indomani della vittoria iridata dello scorso anno: “Siamo circondati da persone straordinarie, che ci hanno permesso di arrivare dove siamo. Ci sono così tante persone che lavorano duramente dietro le quinte per noi”). Il secondo fondamentale aspetto è quello della continuità: “Tutte le migliori squadre del mondo hanno questa cosa in comune: la continuità tecnica“. Il terzo, la qualità degli assistenti: “Pensi a persone come Wayne Smith, che è stato allenatore degli All Blacks e adesso è nello staff di Hansen”. E poi la team culture: “I giocatori senior spazzano lo spogliatoio dopo averlo usato”. A livello di organizzazione federale, invece, la chiave sono i contratti centralizzati: “In vista dei Mondiali Dan Carter ha giocato poche partite: poi però nella semifinale contro il Sudafrica ha fatto la differenza”. Infine, un aneddoto personale vissuto quando Meyer allenava Aaron Mauger a Leicester “Si presentava regolarmente all’allenamento con un notebook per prendere appunti” (un “vizio di famiglia”, di cui ha parlato anche coach Guidi a proposito di Muliaina).
Soffermandoci un momento sull’aspetto della continuità tecnica, dal 2004 ad oggi gli All Blacks hanno cambiato due allenatori (Henry e Hansen), il Sudafrica quattro (White, de Villiers, Meyer, Coetzee), l’Australia cinque (Jones, Connolly, Deans, McKenzie e Cheika), l’Argentina cresciuta tantissimo appena tre (Loffreda, Phelan e Hourcade). Vero che quando si vince è tutto più facile, ma all’indomani della sconfitta ai quarti di finale nella RWC 2007 la federazione neozelandese confermò la guida di tecnica di Graham Henry, che vincerà poi due Tri Nations e, soprattutto, la Coppa del Mondo 2011.
Cari Lettori,
OnRugby, da oltre 10 anni, Vi offre gratuitamente un’informazione puntuale e quotidiana sul mondo della palla ovale. Il nostro lavoro ha un costo che viene ripagato dalla pubblicità, in particolare quella personalizzata.
Quando Vi viene proposta l’informativa sul rilascio di cookie o tecnologie simili, Vi chiediamo di sostenerci dando il Vostro consenso.