OnRugby on the field: la forza parte 2 e la resistenza organica

Seconda puntata della rubrica dedicata alla preparazione atletica. La capacità aerobica e funzionale

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

prozis

Oggi completeremo l’argomento forza, in particolare, parleremo delle caratteristiche delle fibre rosse e affronteremo il tema della resistenza organica (capacità aerobica).

 

LA FORZA – Le fibre rosse

Come abbiamo detto nel precedente articolo, nel quale abbiamo trattato della forza assoluta o massimale e della forza esplosiva o speciale, vi sono due tipologie di fibre muscolari: quelle bianche o veloci (più forti, spesse e superficiali) e quelle rosse o lente (profonde, sottili, più deboli ma resistenti alla fatica).

 

Vi abbiamo parlato delle fibre bianche (veloci) che se adeguatamente stimolate danno luogo ad un aumento della forza crescendo di diametro, divenendo più voluminose.

Come enuncia una legge della fisiologia: la forza di un muscolo è direttamente proporzionale alla sezione fisiologica del muscolo stesso. Ciò significa che un muscolo è tanto più forte quanto più è grande.

 

Altro capitolo, che approfondiremo oggi, è quello riferito alle fibre rosse (lente). Queste sono posizionate più all’interno del ventre muscolare direttamente sotto quelle bianche.

La caratteristica primaria di queste unità motorie è quella di resistere alla fatica. Sono maggiormente irrorate dal torrente circolatorio (da qui il nome fibre rosse) e sono differenziate per compiere a dovere i processi di respirazione cellulare i quali riforniscono costantemente queste fibre di energia derivante dall’utilizzo di ossigeno.

Fisiologicamente le fibre rosse vicariano l’azione di quelle bianche mano a mano che queste ultime, affaticandosi, perdono capacità contrattile.

In definitiva, le prime fibre ad entrare in funzione con l’attività muscolare sono le forti bianche superficiali, poi, con il prolungarsi dello sforzo, quelle rosse (profonde, più deboli, ma resistenti), se adeguatamente allenate, riescono a portare a termine l’azione motoria.

 

Nei giochi di squadra, e il rugby non fa eccezione, la componente di resistenza alla fatica è di primaria importanza. Certamente (a differenza del calcio, del basket e della pallavolo), nel rugby le azioni intimamente legate alla forza pura sono maggiori, ma senza un adeguato allenamento della forza resistente, e della resistenza in genere, non sarebbe possibile portare a termine un intero match.

 

Volendo entrare nello specifico, l’allenamento della forza resistente è detto funzionale.

Questo ha lo scopo di combinare le procedure di allenamento della forza con quelle di allenamento per la resistenza pura (anche di questa tratteremo nell’articolo).

In sintesi, si tratta di prolungare un esercizio di forza (eseguito con carichi inferiori rispetto a quelli utilizzati per il miglioramento della forza massimale ed esplosiva), fino al quasi totale esaurimento delle riserve energetiche stimolando cosi l’organismo a potenziare meccanismi alternativi a quelli che sfruttano le scorte di energia presenti nel muscolo.

A tale proposito diciamo che le riserve energetiche di pronto utilizzo si esauriscono in tempi ben al di sotto del minuto – per innalzare questa soglia di esaurimento, un valido aiuto può venire dall’aggiunta, alla normale alimentare, di integratori energetici -.

L’allenamento muscolare di durata richiede stimoli ripetuti intervallati da pause compensatorie adeguate, reintegro idrico, salino ed energetico fino a portare l’organismo ad abituarsi allo sforzo prolungato e ad essere ed in grado di produrre l’energia necessaria in autonomia.

 

Nell’allenamento di resistenza alla forza la discriminante non è più il carico, da utilizzare in serie e ripetizioni, ma il tempo. Quindi, un esercizio non va ripetuto per un certo numero di volte, ma per un certo numero di secondi o minuti. L’incremento dei tempi di questo caratteristico allenamento (es. Crossfit), porterà l’atleta ad essere in grado di gestire la forza per l’intera durata della sua prestazione in campo.

Nel rugby, come in tutti gli sport di squadra, le esigenze energetiche sono quindi di natura mista, cioè in parte prettamente anaerobiche (senza la necessità che l’ossigeno intervenga per la produzione energetica) e in parte aerobiche (dove invece questo interviene per sostentare energeticamente la muscolatura rossa).

 

La resistenza organica

Altra capacità condizionale è invece la resistenza organica prolungata (capacità aerobica).

È questa la capacità che consente di mantenere per lungo, se non lunghissimo, tempo prestazioni a minor impatto muscolare (per esempio la corsa di durata – massima espressione ne è la maratona -, il ciclismo, lo sci di fondo e così tanti altri).

 

Caratteristica primaria dell’attività aerobica è quella di consentire all’atleta di reperire tutta l’energia necessaria allo sforzo dalla combustione degli zuccheri e dei grassi. Ciò avviene tramite un processo biochimico (ciclo di Krebs) nel quale interviene l’ossigeno che ha come risultato la produzione di energia e come prodotti di scarto unicamente acqua e anidride carbonica che smaltiamo facilmente con la sudorazione e con la respirazione.

Questo meccanismo energetico ha la caratteristica di essere estremamente efficace e potente e, come dicevamo, consente di mettere in atto prestazioni di lunghissima durata, ma solo perché la richiesta di intervento muscolare è minima.

Infatti, non appena aumenta la necessità di intervento muscolare, l’ossigeno non fa in tempo a produrre l’energia necessaria e costringe l’organismo a ricorrere ad un processo energetico che rende disponibile energia più rapidamente, ma che nel contempo crea un prodotto di scarto dannoso per il corpo (a differenza dell’acqua e della co2), il famigerato acido lattico.

 

L’acido lattico è un metabolita tossico che viene smaltito quasi completamente (98%) nell’arco delle due ore seguenti l’allenamento. A tal proposito si ricorda che la sindrome dolorosa post allenamento non è mai dovuta ad accumulo di acido lattico, ma alle fibre muscolari danneggiate nel corso dell’attività.

 

Le metodologie di allenamento per l’incremento della resistenza organica sono le più semplici da mettere in atto. Chiunque, semplicemente uscendo di casa per fare jogging, può ottenere buoni livelli di capacità aerobica. Per raggiungere quelli dell’agonista, ovviamente, è necessaria una composizione della proposta di allenamento che possegga le caratteristiche degli allenamenti anaerobici, cioè azioni ripetute seguite da adeguato recupero.

Aspetto fondamentale dell’attività aerobica prolungata è la reintegrazione di liquidi e sali minerali. Un’adeguata supplementazione con integratori energetici e nutrienti a base di carboidrati e proteine è necessaria al fine di evitare gravi deplezioni di matrice organica (perdita di peso, massa muscolare, ecc.).

 

Ribadiamo che prima di intraprendere qualsiasi tipo di attività fisica/sportiva: è sempre necessario accertarsi di essere sani (e tenere monitorate le proprie condizioni di salute), non improvvisare e rivolgersi a un professionista in grado d’impostare correttamente un programma di lavoro.

 

Roberto Verdicchio

 

Qui trovate la prima puntata di OnRugby on the field: La Forza – parte 1

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