Rugby e concussion, la testimonianza di Greg Smith

L’ex tallonatore delle Fiji (46 cap) ha raccontato le conseguenze di una carriera costellata di commozioni cerebrali

ph. Action Images

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Greg Smith è un ex giocatore di rugby, nato in Nuova Zelanda ma con 46 caps all’attivo con le Fiji per via di suo padre, nato proprio nel piccolo arcipelago del Pacifico. Di ruolo tallonatore, ha militato principalmente per i Chiefs nel Super Rugby e per Waikato, eccezion fatta per una parentesi di una stagione allo Swansea nel 2000/2001, ed ha dovuto interrompere bruscamente l’attività agonistica a soli 30 anni su consiglio dei medici, poiché i danni cerebrali causati delle numerose concussion subite avrebbero potuto aumentare il rischio di ictus. Sembrerebbe il risvolto più doloroso di una carriera sfortunata e costellata – per l’appunto – di colpi alla testa ma, nella sua recente intervista rilasciata al New Zealand Herald, Smith ha rivelato una serie di particolari che spiegano ulteriormente il dramma vissuto dal giocatore durante i suoi anni di professionismo.

 

Il 46enne ha ammesso di soffrire di irreparabili danni cerebrali e “di essermi ritirato all’età di 30 anni, come risultato di vent’anni di concussion. Ho preso di frequente colpi alla testa che hanno comportato anche perdite di memoria. Da ragazzo ero visto come uno dalla testa dura e ho marciato su questo, continuando ad avere impatti in modo da alimentare questa fama”. Il passaggio tra i seniores, tuttavia, è sembrato quasi premonitore di quello che avrebbe atteso Smith negli anni a seguire: “I miei esordi tra i grandi furono segnati da un colpo che ho pagato con quattro settimane di forti mal di testa e vomito. Crescendo, tutte le gare (anche quelle del Super Rugby e i test match) sono state giocate con l’ombra della concussion. Sapevo che ogni infortunio fosse difficile da misurare e potevo controllare il trattamento medico e il tempo in cui sarei stato lontano dai campi in base a ciò che dicevo allo staff medico – racconta Smith – Non volevo cedere il mio posto”.

 

“Verso la fine della mia carriera ha subito alcuni colpi che hanno cambiato le carte in tavola. Per la prima volta i sintomi mi hanno spaventato, ma mi sono detto che ero invincibile”. Le tante concussion, tuttavia, avevano realmente aumentato i problemi cerebrali di Smith, arrivato al punto di “perdere temporaneamente la capacità di parlare. Quando l’ho riacquistata, mi sono accorto di aver dimenticato parole che prima conoscevo. Non potevo sedermi in una testa con le luci accese”. Ma non finisce qui: “Qualunque cosa richiedesse concentrazione mi era impossibile, non riuscivo a concentrami per più di un minuto. Non potevo guardare un computer né guidare l’auto, il rumore era intollerabile. Ma ho continuato a giocare”. 

 

“Nel 2004 ho visto quattro o cinque specialisti, mi hanno detto tutti di fermarmi. Mi hanno detto che ogni ulteriore danno avrebbe potuto portare ad una perdita permanente delle funzioni cerebrali”. Il solo ritiro non è certamente bastato a far migliorare le sue condizioni di salute, anzi. “Mi sono ritirato, ma i sintomi sono peggiorati. Le risonanze magnetiche hanno rivelato delle cicatrici nel mio cervelletto […] Quando il mio cervello si è sovraccaricato ho sofferto di nistagmi, una condizione in cui gli occhi lampeggiano in maniera incontrollata. Mi è stata diagnosticata anche una depressione da post-commozione cerebrale”.

 

La chiusura, infine, è affidata ai rimpianti perchè “avevo fatto scelte sbagliate che mi hanno portato sull’orlo dell’invalidità permanente. Ci sono voluti anni per ristabilire il mio cervello e grande consapevolezza per gestire i vari sintomi, alcuni dei quali non sono andati via completamente. […] Le commozioni cerebrali sono infortuni invisibili, gli effetti possono vari e sono difficili da comprendere”.

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