World Rugby conferma maggiori incontri tra le prime due fasce. E Cheika torna alla carica: serve un Super Rugby senza interruzioni
Ancora poche settimane di attesa ed inizierà il lungo novembre di Test Match. Le sfide in programma sono come sempre di assoluto livello ed interesse: perché arrivano gli All Blacks e il Sudafrica in Italia, perché l’Inghilterra di Eddie Jones dopo quello australiano può prendersi anche lo scalpo Springboks (ma i Wallabies promettono battaglia il 3 dicembre in quel di Twickenham)…Insomma, come sempre accade le migliori squadre di Ovalia si danno appuntamento, l’attesa è molta. Ma il lungo mese internazionale non si esaurisce certo qui, con tante altre squadre che scendono in campo per un totale di 28 nazioni impegnate in 47 sfide. Tra queste, non mancano gli incontri tra squadre Tier 1 e Tier 2: la Georgia farà visita ad Edimburgo, il Canada sarà impegnato a Dublino, il Giappone a Cardiff, le Fiji in Inghilterra e Samoa in Francia. “Vogliamo supportare la crescita delle squadra Tier Two dando la possibilità di aumentare la competitività con più Test Match di rilievo– ha dichiarato il World Rugby Head of Competitions and Performance Mark Egan – Rispetto a tutte le precedenti edizioni del Mondiale, alla Rugby World Cup 2015 le squadre di seconda fascia hanno concesso meno punti a quelle di prima e ne hanno pure marcati un numero maggiore. Vogliamo colmare il gap e questa finestra di novembre è una buona cartina al tornasole”.
Non solo, perché per la prima volta il Brasile verrà in tour in Europa (due incontri con la Germania e uno in Portogallo) mentre Zimbabwe, Russia e Papua New Guinea si danno appuntamento a Hong Kong. E il processo di espansione della palla ovale continua: Irlanda e Nuova Zelanda il 5 novembre scenderanno in campo al Soldier Field di Chicago, mentre tre giorni più tardi a Praga andrà in scena la sfida tra Repubblica Ceca e Barbarians. Ed è dei giorni scorsi la notizia del probabile avvio di un Tri Nations del Magreb a dicembre.
Sempre a proposito di Test Match, ma considerati dalla più complicata prospettiva del calendario globale, è arrivato nei giorni scorsi un duro attacco da parte del tecnico dell’Australia Michael Cheika nei confronti dell’organizzazione e della struttura degli incontri di giugno che mettono di fronte Emisfero Nord ed Emisfero Sud. “Penso che mantenere integra la stagione del Super Rugby sia una soluzione migliore dal punto di vista degli spettatori“, ha dichiarato a stuff.co.nz il coach Wallabies ipotizzando la chiusura della finestra internazionale di giugno, rea anche di frammentare la stagione costringendo i giocatori a cambiare modo e intensità di giocare tra club e nazionale. “In Australia per esempio – ha aggiunto Cheika – un Super Rugby senza interruzioni gioverebbe alla popolarità del rugby Union. Abbiamo tantissima concorrenza da parte di altri sport (in primis League, Aussie Rules ma anche calcio ndr)”. Al di là del problema della popolarità in Australia, la questione dei campionati per club ininterrotti tocca ovviamente entrambi gli Emisferi, con l’unica differenza che il Championship si gioca a stagione di club finita e non a pieno regime come il Sei Nazioni. Il problema del calendario globale è, assieme a quello dell’eleggibilità internazionale, uno dei nodi principali che il nuovo Board di World Rugby dovrà risolvere nel prossimo ciclo di governo di Ovalia. E se per la regola dei 36 mesi già sono iniziate le discussioni per arrivare ad un’eventuale modifica, ben più difficile e impegnativo sarà riuscire a mettere d’accordo le parti sulla questione dell’organizzazione stagionale. Il traguardo sarebbe riuscire a combinarlo in modo che entrambi gli Emisferi giochino a livello internazionale e di club negli stessi momenti dell’anno. Ma gli ostacoli da aggirare o accomodare sono tantissimi: l’importanza economica per l’Emisfero Sud della finestra di giugno (“rappresentano per le formazioni del Sud una fonte di ricavo elevata”, parole del CEO della federazione neozelandese Steve Tew), il campionato francese a quattordici squadre con barrage, il tour dei Lions e i Mondiali ogni quattro anni e squadre che allungano la finestra di novembre (soprattutto) per ricavi extra (Inghilterra-Australia del 3 dicembre a Twickenham, tipo). Se le cose dovessero cambiare, difficile che si arrivi ad una soluzione univoca e replicabile tutti gli anni: si potrebbe pensare, ad esempio, di eliminare la finestra di giugno nell’anno successivo ai Mondiali, mentre anche l’ipotesi del Sei Nazioni a fine campionati non è del tutto campata per aria. E qualcuno già ha iniziato a fare la voce grossa, come il già citato Steve Tew: “Se qualcosa non dovesse cambiare – ha dichiarato il numero uno della federazione neozelandese – negozieremo in maniera individuale delle partite per il 2020. Non sarebbe una soluzione così negativa per un breve periodo di tempo”.
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