Irlanda, la vittoria sugli All Blacks ha aperto una nuova era

Un successo che dimostra come la IRFU sia capace di creare tanti grandi giocatori

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ph. Cathal McNaughton/Action Images

DUBLINO – Alla storia passerà anche Rebecca Compton, la 17enne che all’una della notte fra domenica 6 e lunedì 7 novembre ha preso un autobus da Roscommon per essere alle 4 all’aeroporto di Dublino, dove alle 5,45 è atterrata la squadra di ritorno da Chicago. Un aneddoto per figli e nipoti, insieme alle altre centinaia dei quali i media irlandesi sono a caccia in queste ore. Uno splendido riguarda Anthony Foley, l’ex capitano e allenatore di Munster morto il 16 ottobre ricordato dalla squadra formando un numero otto sul terreno di gioco davanti alla Haka (in Irlanda già nominata ad honorem “la miglior risposta di sempre alla Haka”). Durante la propria carriera Foley giocò un Irlanda-All Blacks finito proprio 40-29 (migliore in campo di quella partita fu un giovane al primo cap, Richie McCaw). Per il momento quasi nessuno parla del fatto che fra meno di due settimane l’Irlanda testerà sulla propria pelle una sensazione inedita: cosa accade quando gli All Blacks hanno la possibilità di vendicarsi dopo che li si è fatti arrabbiare. Più che probabilmente Joe Schmidt già ci stia pensando, ma sa che non può far niente per fermare l’entusiasmo di una nazione intera.

 

La sensazione che si ha leggendo i giornali e frequentando l’ambiente ovale è che sabato 5 novembre 2016 sia uno spartiacque. Proprio così. Si dirà che il rugby irlandese è diviso in varie ere, l’ultima delle quali è quella iniziata con la vittoria al “Field of dreams” di Chicago. Adesso l’Irlanda è entrata nel club delle squadre che, avendo battuto gli All Blacks almeno una volta, costituiscono la vera elite del rugby mondiale. Già che ci siamo ricordiamo che una delle altre, il Galles, ha battuto i tutti neri tre volte su 33, l’ultima delle quali 66 anni fa.

 

Come è potuto accadere? Molti giornalisti ed ex giocatori hanno detto e scritto che semplicemente l’Irlanda non aveva mai giocato così bene. Iniziando dalle statistiche, in effetti ce ne sono di incredibili. Gli All Blacks hanno chiuso i primi 40 minuti con oltre il 70% di possesso palla ma in svantaggio di 17 punti (25-8). Alla base del successo c’è stata l’assenza praticamente totale di errori nei fondamentali da parte di tutti, e alcune prestazioni decisamente memorabili (mischia ordinata e, come già detto da Vittorio Munari nel Tinello, rimessa laterale). Prima di sabato scorso nel rugby professionistico solo due squadre avevano segnato almeno 40 punti agli All Blacks: due volte il Sud Africa e altrettante la Francia. Ora in questo club più che esclusivo c’è anche l’Irlanda. Tutto il rugby irlandese si è tolto uno scimmione dalle spalle. È finito un complesso di inferiorità lungo 111 anni.

 

Per la prima storica vittoria un’impresa del genere però ci voleva altro, e infatti c’è stato. A un certo punto gli All Blacks erano a soli quattro punti (33-29) e l’inerzia era tutta dalla loro parte. In quel momento l’Irlanda era senza Sexton, al suo posto c’era Carbery (20enne al primo cap). La meta del sorpasso sembrava dovesse arrivare da un momento all’altro. A quel punto i verdi hanno trovato la forza di segnare con Henshaw la meta che ha chiuso la partita. Gli All Blacks avevano concesso sei mete in tutto il Rugby Championship appena dominato; hanno dovuto concederne cinque all’Irlanda. 

 

In quel momento oltre a Carbery,  c’erano in campo Tadhg Furlong e Josh Van Der Flier, fino ad allora giovani talenti. Adesso non più. Questo sposta il discorso su tutto il movimento irlandese e la sua capacità di sfornare giocatori di alto livello. L’Irlanda può iniziare a pensare a un concetto finora quasi sconosciuto: la profondità (non dimentichiamo che due campioni come Peter O’Mahony e Sean O’Brien erano a casa). La vittoria di sabato dimostra infatti che la IRFU lavora bene a livello intermedio. Ne sanno qualcosa le Zebre, che proprio sabato 5 novembre hanno perso 10-33 contro Leinster, squadra che ha mandato in campo una formazione composta per due terzi da giocatori dell’accademia di solito contenti se vanno in panchina. Lo stesso si può dire per Munster, che il giorno prima con una squadra altrettanto rimaneggiata aveva rifilato un eloquente 33-0 alla capolista Ospreys.

 

Infine una menzione per il tecnico Joe Schmidt. Il primo successo di sempre sugli All Blacks arriva pochi giorni dopo il rinnovo del suo contratto, che guiderà i verdi fino al mondiale 2019. Il capo allenatore degli All Blacks Steve Hansen ne ha riassunto in modo lapidario l’importanza: “Ecco perché l’Irlanda ha fatto di tutto per trattenerlo e la Nuova Zelanda voleva riprenderselo”.

Questa Irlanda-All Blacks è decisamente fantastica per tanti motivi. Ultimo, ma non meno importante, il fatto che fra meno di due settimane si rigioca.

 

di Damiano Vezzosi

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