Errori di esecuzione e valutazione: come l’Italia non ha risolto la questione Tonga

Abbiamo analizzato alcune situazioni di gioco viste sabato all’Euganeo. E quei primi venti minuti quasi perfetti…

italia tonga

ph. Sebastiano Pessina

All’Euganeo di Padova l’Italia cercava conferme importanti dopo la storica impresa confezionata contro il Sudafrica, in cui gli Azzurri hanno messo in risalto soprattutto una difesa granitica e capace di adattarsi ai diversi momenti. Per questi ed altri motivi (tra cui una maggiore coesione di squadra e un’organizzazione più meticolosa), la formazione di Conor O’Shea si presentava inevitabilmente con i favori del pronostico al kick-off della sfida contro delle Tonga reduci da due vittorie non esaltanti nel punteggio ottenute contro Spagna (13-28) e Stati Uniti (17-20). Tuttavia, l’Italrugby (senza il capitano e uomo più rappresentativo, Sergio Parisse) ha tradito in parte le attese e non ha replicato per intero la partita di Firenze, cedendo di misura ad una formazione tongana quadrata e senza fronzoli, brava a cavalcare l’onda delle incertezze e degli errori commessi da Favaro&Co. Soprattutto per quanto riguarda l’esecuzione del piano di gioco e del decision making.  

 
 

I numeri  

 

Il piano di gioco dell’Italia è apparso chiaro fin dalle prime battute, così come contro gli All Blacks e Springboks. Anche per la sfida contro la formazione del Pacifico, Conor O’Shea ha optato per una strategia che lasciasse il più possibile il possesso agli avversari, tant’è che alla fine gli azzurri manterranno il pallone in mano soltanto il 34% del tempo (e per il 66% del tempo giocheranno nella propria metà campo). Al momento, il ct irlandese reputa la scelta di sfidare il triangolo allargato avversario con il gioco tattico al piede la migliore in assoluto, vuoi per mantenere un livello fisico ed atletico accettabile per tutti gli ottanta minuti ma – come svelato dal match di Padova – anche per una certa difficoltà nell’implementare schemi efficaci nel gioco aperto da parte degli Azzurri, che di fatto limitano per ora la costruzione di un piano B. Meglio affidarsi quindi ai 38 calci di spostamento dei vari Padovani (sempre più una garanzia dietro), Canna e McLean, anche se i tongani hanno deciso di controbattere colpo su colpo con 37 calci senza cercare necessariamente l’autoscontro sulla rete difensiva azzurra. Ancora troppi i placcaggi mancati (20, lo stesso numero collezionato contro il Sudafrica), derivati da quegli errori individuali che hanno in parte contrassegnato la partita italiana dal ventesimo minuto in poi e che hanno giocato un ruolo fondamentale nella sconfitta finale. Ma in una partita estremamente equilibrata e sul filo del rasoio, tra le statistiche a fare la differenza sono soprattutto i numeri riguardanti la disciplina: l’Italia ha concesso 13 turnover e 11 calci di punizione, mentre Tonga ha perso 11 palloni e si è dimostrata tutt’altro che fallosa nonostante la cattiva reputazione, venendo punita dall’arbitro in 8 circostanze. Da non dimenticare nemmeno la scarsa prolificità delle rolling maul azzurre: il pack italiano ha vinto il 76% delle casseforti impostate (10/13), un dato negativo se si tiene in considerazione l’importanza di questa fase nel nostro gioco.
   
 
 

Venti minuti di maturità  

 

Come nella partita contro il Sudafrica, un fallo nei primissimi minuti di gioco ha fatto sì che la difesa italiana venisse testata subito sotto pressione all’interno dei propri 22. E se alla prima ondata gli Springboks avevano trovato con Habana la meta del vantaggio, l’attacco tongano è durato appena una fase grazie all’eccellente lavoro svolto dalla retroguardia azzurra, in primis con la maul e successivamente aggredendo la linea ospite con la difesa rovesciata tanto apprezzata già a Firenze.

 

 

Una volta recuperato l’ovale, l’Italia lo ha costantemente giocato al piede con Padovani e Canna (quest’ultimo scambiava la propria posizione con Venditti sulla linea) per testare il triangolo allargato ospite. I due giocatori delle Zebre hanno cercato soprattutto la profondità e raramente gli up&under fuori da ventidue tongani, sebbene l’Italia abbia esercitato una grande pressione con Bisegni nell’unico calcio effettuato di questo tipo. La scelta, tuttavia, era quella di costringere gli avversari a calciare e a non contrattaccare ad ogni costo portando su la rete, snaturando in parte l’inclinazione dei Pacifici a correre palla in mano e inducendoli a perdere la battaglia tattica al piede come accaduto al decimo minuto.

 

 

Da questo errore di Takulua gli azzurri otterranno il massimo risultato possibile, poiché imposteranno due maul decisive per ottenere una penaltouche nei 22 avversari e per la meta iniziale di Cittadini. Gli Azzurri sfioreranno poi la meta sull’asse Bronzini-van Schalkwyk (quest’ultimo non controlla l’offload del mediano di mischia), ma è in fase di non possesso che gli uomini di Conor O’Shea dimostrano di avere in pieno controllo la partita nel primo quarto. I tongani reagiscono provando ad impensierire la difesa italiana, ma dimostrano di non avere grandi idee su come bucare la retroguardia azzurra, brava ad alternare i raddoppi per i ball carrier, ad eseguire la difesa rovesciata e ad anticipare il portatore di palla per non concedere verticalità al gioco avversario e i potenziali conseguenti offload.

 

 

Per venti minuti abbondanti, insomma, gli Azzurri hanno suonato lo stesso ed identico spartito del match contro il Sudafrica, ma con l’aggiunta di non aver subito due mete in diciassette minuti (come avvenuto invece a Firenze) e di aver dato da subito un’impronta ben precisa alla partita. Il giallo (severo) comminato a Mapapalangi sembrava capitare al momento giusto, eppure è proprio da quell’episodio che l’Italia comincerà a collezionare una serie di errori nell’esecuzione del piano di gioco più o meno gravi, ma tutti decisivi nel far prendere fiducia a Tonga.

 
 

I limiti e un piano B da sistemare  

 

Già a partire dai dieci minuti di superiorità numerica, l’Italia ha messo in mostra le prime crepe di un sistema ancora da oliare, soprattutto quando una parte del gameplan principale – ovvero le rolling maul – viene a mancare per demeriti propri e in parte meriti altrui. Sorvolando almeno parzialmente sulla scelta di andare in touche invece di piazzare (quantomeno discutibile viste le precedenti percentuali), l’Italia si è ritrovata a non aver realizzato nemmeno un punto con l’uomo in più ma, anzi, a chiudere il periodo di sin bin di Mapapalangi con un passivo di 0-3. Gli Azzurri hanno provato ad aumentare il vantaggio affidandosi esclusivamente al carrettino da rimessa laterale, ma un banale in avanti di Gega prima e un’ostruzione poi hanno vanificato due enormi chance di meta sui 5 metri tongani.

 

 

I dieci minuti di superiorità numerica, inoltre, hanno rappresentato anche un primo banco di prova per l’attacco dell’Italia e per le strategie alternative alle rolling maul per cercare di muovere il tabellino. Nelle fasi finali della gestione Brunel la sterilità del gioco alla mano azzurro aveva raggiunto il suo picco massimo e per Conor O’Shea rendere pericolosa la manovra italica rappresentava fin dall’inizio una delle sfide tattiche più grandi del suo mandato. Le assenze di Morisi, Sarto e Campagnaro (gli attaccanti più pericolosi nel recente passato azzurro) non hanno facilitato il compito al ct irlandese, ritrovatosi a lavorare con trequarti che non fanno della fase offensiva il punto di forza del proprio repertorio. Nonostante ciò la linea veloce ha fatto intravedere alcuni setup su cui poter lavorare in vista del Sei Nazioni, ma che contro Tonga sono stati vanificati per alcune scelte sbagliate. Prendiamo l’azione impostata al 2’9: da touche, McLean viene utilizzato come scardinatore in mezzo al campo con buoni risultati (linea del vantaggio conquistata e non solo in questo caso), campo diviso in due (e non solo in questo caso) con possibilità di giocare entrambi i lati e ritorno sul lato chiuso dove restano due trequarti e il pack, il cui tentativo di anticipare la difesa viene eluso dal loop giocato da Bronzini e van Schalkwyk.

 

15215703_10157767486380065_739729689_o

 

A quel punto, con la linea tongana colta di sorpresa, Bronzini pesca Gega al largo ma il tallonatore non fissa l’uomo per giocare il 2 vs 1 con Venditti, andando a contatto invece di tentare lo scarico per l’ala abruzzese che aveva seguito la corsa del compagno. Non sarà l’unico momento in cui gli azzurri non sapranno sfruttare una superiorità numerica al largo.

 

 

I tanti errori di esecuzione, a dispetto di una buona strategia, proseguiranno sul finire del primo tempo e all’inizio del secondo, anche in difesa e nella copertura del campo. E in attacco non va molto meglio: in particolare, un Carlo Canna già poco esaltante nel primo tempo si spegne con il passare dei minuti e non contribuisce a sfruttare le poche occasioni in cui l’attacco azzurro si trova sul piede avanzante e crea superiorità numerica con la linea tongana. In basso, l’apertura delle Zebre non gestisce al meglio la situazione favorevole al largo e cerca di lanciare van Schalkwyk in un canale facilmente coperto dalla difesa tongana, complice la lentezza nel decidere la giocata e nel compierla da parte dell’azzurro (certo, lo schieramento piatto della linea non aiuta nella decisione e toglie opzioni anziché aggiungerle).  

 

Immagine

 

Le valutazioni errate dell’Italia non si arrestano con il passare dei minuti, nonostante gli uomini di Conor O’Shea riprendano il controllo della partita dopo il botta e risposta tra Piutau e Allan che porta il punteggio sul 14-13. La meta annullata a Bisegni sembrava essere il preludio a degli ultimi venti minuti simil-Sudafrica per i padroni di casa ma, mentre nella strategia e nelle gambe (è bene ribadirlo) l’Italia ha offerto risposte ancora incoraggianti, a scemare è stata la qualità di alcune scelte prese in fase offensiva che avrebbero potuto cambiare il corso del match; errori dettati forse anche dalla frenesia nel voler dare il colpo di grazia alle Tonga e dalla sbagliata lettura del gioco in alcune situazioni. Qualche esempio? Fuser che non allarga su van Schalkwyk per un potenziale sovrannumero da giocare con Venditti, o McLean e Gori che non vedono la possibilità di creare linee di corsa al largo, mentre il turnover che porta poi ad una penaltouche e al break di Takulua fin sotto i pali (e al 14-16) nasce dalla decisione dello stesso Gori di rallentare troppo l’ovale rendendo agevole il compito alle guardie tongane.

 

 

Nell’economia della sconfitta, insomma, pesano anche le tante imprecisioni compiute dopo un inizio giocato con grande sostanza ed accortezza tattica, oltre a quelle ben note degli ultimi cinque minuti (la decisione di acquisire il vantaggio precocemente per il calcio del 17-16, la scelta di non andare in touche e di aggredire in quel modo una ruck all’ottantesimo). L’evitabile beffa subita, tuttavia, non deve distogliere l’attenzione dall’egregio lavoro svolto finora da Conor O’Shea e dal suo staff nel dotare la nazionale di un piano A e, seppur ancora difettoso, anche di un piano B che non riguardi soltanto il gioco tattico al piede e le rolling maul. A Padova, contro un avversario ampiamente alla portata, il ct irlandese ha dovuto fare i conti con la linea sottile che divide un’ottima strategia studiata a tavolino da un’esecuzione e da delle valutazioni deficitarie in campo, due materie da cui passano i prossimi step della crescita dell’Italrugby.  

 

di Daniele Pansardi

Per essere sempre aggiornato sulle nostre news metti il tuo like alla pagina Facebook di OnRugby e/o iscriviti al nostro canale Telegram.
onrugby.it © riproduzione riservata

Cari Lettori,

OnRugby, da oltre 10 anni, Vi offre gratuitamente un’informazione puntuale e quotidiana sul mondo della palla ovale. Il nostro lavoro ha un costo che viene ripagato dalla pubblicità, in particolare quella personalizzata.

Quando Vi viene proposta l’informativa sul rilascio di cookie o tecnologie simili, Vi chiediamo di sostenerci dando il Vostro consenso.

item-thumbnail

Autumn Nations Series: le pagelle di Italia-Georgia

Voti non tutti positivi per gli Azzurri, ma gli avanti alla fine hanno fatto la differenza

18 Novembre 2024 Rugby Azzurro / La Nazionale
item-thumbnail

Italia, Gonzalo Quesada: “Con la Georgia non l’avevamo preparata così, ma è importante riuscire a vincere anche le partite brutte”

In conferenza stampa il tecnico Azzurro affiancato da Nacho Brex, soddisfatti sì della vittoria ma fino a un certo punto

17 Novembre 2024 Rugby Azzurro / La Nazionale
item-thumbnail

Autumn Nations Series: a Genova l’Italia piega l’ostinata difesa della Georgia

Gli Azzurri conducono il gioco, ma nel primo tempo vanno in grande difficoltà sulle ripartenze dei Lelos; infine però l'assedio dei padroni di casa ha...

17 Novembre 2024 Rugby Azzurro / La Nazionale
item-thumbnail

Autumn Nations Series: due anni dopo Batumi l’Italia ritrova la Georgia. La preview del match

A Genova gli Azzurri vogliono tornare alla vittoria, mentre per i Lelos sarà come sempre una partita speciale

17 Novembre 2024 Rugby Azzurro / La Nazionale
item-thumbnail

Italia, Lamaro verso la Georgia: “Il ricordo di Batumi è vivido nelle nostre menti. Non dobbiamo concedere mete facili”

Il capitano Azzurro: "Lelos squadra da temere e rispettare. Ricordiamo quello che fece Niniashvili contro di noi due anni fa"

16 Novembre 2024 Rugby Azzurro / La Nazionale