Il team Manager della Benetton Ceccato chiede Accademie legate alla franchigia. Per crescere più in fretta e non perdere i giovani
Il problema della profondità delle rose di Benetton e Zebre e in generale del ritardo con cui i rugbisti italiani raggiungono l’alto livello del professionismo rispetto agli avversari più evoluti, è uno dei più discussi del dibattito ovale degli anni recenti.
Negli ultimi giorni sono arrivate le dichiarazioni della dirigenza Benetton a rimarcare la disparità di confronto tra le squadre italiane e straniere, tanto in Pro12 quanto in Europa. “Ci troviamo ad affrontare squadre che hanno una rosa molto più allargata della nostra, con 45-50 giocatori; in più mettiamoci le Academy, dalle quali possono attingere in caso di bisogno”, ha dichiarato il Presidente Amerino Zatta al Gazzettino parlando anche dell’utilizzo dei permit per le Coppe Europee (vedi focus in calce). Ma soprattutto, citando quella che è ritenuta una delle possibili soluzioni al fondamentale problema del salto troppo alto tra Accademie e professionismo, di cui ci ha parlato anche Stephen Aboud e di cui la Nazionale Emergenti rappresenta a modo di esempio una soluzione troppo estemporanea per poter risolvere nel lungo periodo e in modo profondo la questione. Dello scollamento tra rugby giovanile e professionistico. ha recentemente parlato anche il Team Manager di Treviso, Enrico Ceccato, intervenendo ad una tavola rotonda organizzata nel weekend dal Panathlon della città veneta: “Il salto dall’Under 18 al Pro12 è troppo forte, ci vorrebbero delle Accademie più collegate alle squadre” (da La Tribuna) – “I ragazzi in uscita dall’Under 18 devono andare altrove a maturare, col rischio di perdersi” (dal Gazzettino).
Il piano rientra anche nelle intenzioni della Federazione. “Spero di avere un’Accademia da legare alle Zebre e una alla Benetton. Il progetto va in quella direzione”, ha dichiarato il Presidente Gavazzi all’indomani del Sei Nazioni 2016, dopo che alla vigilia di quello 2014 aveva invece detto di non essere “d’accordo con l’idea espressa dal Benetton di due accademie U22 o U23 agganciate direttamente alle franchigie perché toglieremmo all’Eccellenza un’altra sessantina di giocatori giovani impoverendo così il nostro massimo campionato che invece vogliamo rivitalizzare”. Ma così come è pensato, il percorso è probabilmente stato giudicato troppo lungo: le quattro tappe Accademia-Eccellenza-Pro12-Nazionale richiedono tempo per essere percorse (soprattutto se pensiamo che in Irlanda c’è un Carbery che nello stesso anno passa dall’Academy di Leinster al Soldier Field di Chicago contro gli All Blacks) e presentano dal primo al secondo passaggio troppi rischi (leggi abbandono). Accorparne due collegando un’Accademia a ciascuna delle franchigie, anche sotto forma di una giovane seconda squadra da far militare in Eccellenza, è una soluzione concreta e realizzabile.
Regolameto sui permit player nelle Coppe Europee
La diversa profondità della rosa si evidenzia in modo ancora maggiore nelle Coppe Europee, dove l’utilizzo di permit player è rigidamente vincolato. Ogni club consegna una lista di massimo 41 giocatori, almeno 10 dei quali di prima linea. Durante la fase a gironi, ciascun club può iscrivere alla lista tre giocatori aggiuntivi: uno liberamente, uno di prima linea e uno per infortunio. Questi giocatori aggiuntivi “devono avere un contratto di 3 mesi con il club” e non devono aver disputato nella stagione in corso competizioni EPCR con altre squadre. Per dire, un atleta di Rovigo, Mogliano, Calvisano e Petrarca, impegnate nella Coppa Qualificazione, non può essere convocato con Zebre o Benetton come permit per le Coppe. Uno di Fiamme Oro, Viadana o San Donà sì, oppure se proveniente da qualsiasi categoria, come nel caso di Giovanni D’Onofrio: la giovane ala classe 1998 in forza all’Accademia, ha preso il posto di Kurt Baker nella lista delle Zebre per debuttare contro Connacht. La Benetton arrivata a Bayonne con cinque prime linee in panchina e tre trequarti, avrebbe potuto “giocarsi” una delle tre sostituzioni alla lista dei 41, ma la scelta fatta è stata diversa, forse per “preservare” le tre alternative per le successive giornate dati anche i numerosi infortuni con cui coach Crowley e lo staff tecnico devono fare i conti (a proposito, in settimana Michael Tagicakibau è stato operato alla mano, periodo di stop non comunicato).
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