Dopo l’incontro di nove club, abbiamo intervistato il Presidente delle Fiamme Oro Armando Forgione
E’ di ieri, giovedì 15 dicembre, la notizia della riunione di nove società di Eccellenza per mettere le basi di un percorso che potrebbe portare alla creazione di una nuova Lega di club, ad otto anni dalla fine dell’esperienza LIRE. Un punto di partenza importante verso un traguardo altrettanto importante (come abbiamo scritto più volte in passato), che ha raccolto il plauso federale e di cui abbiamo parlato assieme al Presidente delle Fiamme Oro Rugby Armando Forgione.
Nove società su dieci non è un brutto punto di partenza…
La prima cosa che vogliamo sottolineare è l’allineamento di intenti. Abbiamo diramato un comunicato congiunto a nome di tutte le società aderenti, un aspetto importante e che deve essere sottolineato. Non mi aspettavo di vedere questa determinazione. Vogliamo lavorare per un percorso che va affrontato con decisione: non è facile, ci sono diverse anime e aspettative ma vogliamo conciliarle tutte. Abbiamo un minimo comun denominatore di partenza ed è fondamentale, da lì vogliamo partite. Siamo tutti determinati.
Da cosa nasce questa esigenza di incontro e confronto?
Parlando singolarmente con i Presidenti, ho riscontrato a livello personale questa volontà di non riuscire a mettersi attorno ad un tavolo per avviare una discussione comune. Quasi che ci fosse diffidenza non nei confronti dell’iniziativa in sé, ma nei confronti di chi voleva avviare la cosa, come se fosse vista come intraprendenza di parte e non collettiva. La scelta della sede (Sala Crisi del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, ndr) è andata in questa direzione, istituzionale e condivisa. In una parola, super partes, che permettesse a tutti di sentirsi tutelati. Nove Presidenti di Eccellenza su dieci hanno accettato, ma confido che tutti possano riconoscere la bontà del progetto ed unirsi a noi.
Il problema non era la questione in sé ma da dove partiva…
La diffidenza maggiore non era nella proposta in sé, ma da dove partiva. Ma le Fiamme Oro sono a disposizione del movimento e hanno senso in funzione del bene di tutto il rugby italiano: non vogliamo la paternità di nulla, solo essere disponibili per qualcosa che porti del bene a tutti. La scelta della sede non è indifferente: istituzionale, neutrale, in grado di garantire e tutelare tutti.
La vostra iniziativa come si pone nei confronti della Federazione?
Qualunque idea esca dalla riunione non deve essere in contrapposizione con la Federazione, che è gerarchicamente superiore. Ciò non significa che in futuro prenderemo ordini dalla Federazione, ma solo che non possiamo prescindere da essa. Del resto, in ogni sport e parte del mondo, la Lega nasce sotto l’egida della rispettiva Federazione.
E qual è il rapporto tra le nove società presenti all’incontro?
L’obiettivo è quello di tutelare gli interessi di tutti gli appartenenti e fare in modo che tutti abbiano una rappresentanza. Siamo sullo stesso piano: non c’è prerogativa di storia, di palmares, di tesserati né di qualunque altro tipo. Dobbiamo essere uguali e uniti, altrimenti non avrebbe senso.
Siete aperti a società esterne all’Eccellenza?
Ne abbiamo fatto cenno, ma momentaneamente. E’ importante non passi un messaggio di tipo demagogico, ma fare le cose un passo alla volta e vedere i frutti concreti del proprio seminato. Poi certo, aprirsi è una cosa naturale: nessuna lega nasce ad escludendum. Semplicemente, la volontà è quella di percorrere i primi passi in modo cosciente.
Dov’era il massimo campionato nazionale dieci anni fa, dov’è oggi e dove sarà tra dieci anni?
Dieci anni fa era sicuramente in una migliore posizione, ma semplicemente perché non esistevano le franchigie che hanno portato un inevitabile abbassamento del valore dell’Eccellenza. Ma tra dieci anni sono convinto che il massimo campionato sarà un propulsore della Nazionale. E non lo dico perché sono ottimista, ma perché le basi sono forti. Attorno al tavolo eravamo nove galantuomini, che senza nessuna ritrosia si sono confrontati con serenità.
Improvvisamente sono spariti i campanili?
Non ho visto campanili e lo posso garantire. Il campionato sta in una situazione talmente difficile che al giorno d’oggi è impossibile pensare al proprio orticello e non al bene comune. Abbiamo riconosciuto che c’è un problema da risolvere. Non può competere alla Federazione l’organizzazione del campionato e ci siamo rivolti a persone che queste cose le masticano.
Come Francesco Ghirelli, Direttore Generale della Lega Pro. Un tempo la Serie C…
Cambiare un nome vuol dire tanto. Lega Pro è diverso da Serie C, in qualunque contesto si pronunci questo nome.
Avete parlato di una nuova denominazione per il massimo campionato?
Cambiare nome vuol dire cambiare immagine, avere un volto diverso. Se vogliamo porci in un contesto internazionale, bisogna essere conosciuti e riconosciuti. Come Fiamme Oro abbiamo diversi legami con la Nuova Zelanda: a volte non ci conoscono ed è un pugno nello stomaco.
Una Lega vuol dire anche una propria comunicazione. Un sito, propri contenuti…
La direzione che si vuole prendere è chiara. Si parla di highlights, statistiche… I modelli che abbiamo in testa sono chiari, se imitiamo i migliori dentro il campo perché non farlo anche fuori? L’appassionato vuole vedere le statistiche, le mete…E’ uno sforzo notevole, certo, ma è un’esigenza comune.
Quali sono gli aspetti più concreti di cui avete discusso?
Una Lega tutela gli interessi delle società, come ad esempio stilare un calendario che tuteli gli interessi. Fermare il campionato un mese a novembre non è interesse di nessuno, ad esempio. Dobbiamo dare la possibilità di giocare, che sia un torneo Seven o una vera Coppa Italia a cui partecipino le squadre di Serie A. Ma abbiamo parlato anche di diritti televisivi, di cui dovrà occuparsi la Lega, di permit players, Accademie…Ci sono sfumature, ma tutti siamo d’accordo sulla sostanza.
Il Trofeo Eccellenza proprio non piace…
E’ un palliativo. Tutte le società lo onorano, ma tre partite all’anno non servono. La Serie A di calcio è alla diciassettesima giornata, noi giochiamo sei mesi l’anno. E’ una fase primordiale, non siamo scesi troppo nello specifico. Ma ci siamo guardati in faccia, abbiamo riconosciuti alcuni problemi e proposto soluzioni serie e concrete. Tutti insieme.
E la Federazione come si pone nei vostri confronti?
Oggi era presente anche la Federazione, che ha fatto tesoro delle cose che ci siamo detti. E che ha capito la buona piega che stanno prendendo le cose. Abbiamo già un nuovo appuntamento ad inizio anno.
L’obiettivo a breve termine?
Vogliamo organizzare il prossimo campionato. E’ una sfida, ma le sfide sono il succo dello sport.
di Roberto Avesani
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