Il tecnico irlandese fa il punto ad un mese dal torneo. E chiede poche cose ma fatte perfettamente
Manca poco più di un mese all’esordio dell’Italia nel Sei Nazioni 2017, fissato per il 5 febbraio contro il Galles. L’operazione inizierà ufficialmente il 22 gennaio con il raduno di Roma e coach Conor O’Shea non vede l’ora che arrivi l’appuntamento. Il tecnico irlandese ha fatto il punto della situazione in una lunga intervista al Corriere della Sera, confermando la carica e l’energia che hanno fin qui contraddistinto la sua gestione e la sua comunicazione. Si inizia con “Ho voglia di ritrovare il mio gruppo, di parlare con i giocatori, i veterani e i giovani. Abbiamo molto da fare“, si passa per la vittoria contro il Sudafrica e si arriva al torneo 2017.
“Vincere piace, fa bene e porta nuove forze perché i ragazzi più giovani hanno bisogno di eroi per appassionarsi a uno sport”, dice Conor O’Shea a proposito dello storico successo di novembre contro gli Springboks, ma il risultato finale è solo la conseguenza di un lungo processo che in questo momento ha l’assoluta priorità su tutto. Anche sul risultato stesso delle partite, al punto che “può sembrare un paradosso, ma adesso, per noi, vincere non è la prima cosa“. Il focus del Commissario Tecnico azzurro è tutto sull’intero processo, il cui scopo ultimo è quello di “cambiare il sistema, per liberare le potenzialità del rugby italiano”. “Sarebbe più semplice, per me, pensare solo alla mia squadra, preoccuparmi di vincere qualche partita e non incidere in profondità“.
Il primo passo si gioca nella testa dei giocatori e la sconfitta contro Tonga sette giorni dopo aver battuto il Sudafrica, dimostra che a livello mentale c’è molto da lavorare. Ma Firenze ha dimostrato anche agli avversari che l’Italia c’è e non va mai sottovalutata: quella partita “ha fatto capire, a noi sopra tutti, che dobbiamo solo lavorare e avere fiducia. Che possiamo farcela”.
Per quanto riguarda ciò che vedremo in campo nei cinque difficilissimi impegni tra febbraio e marzo, O’Shea chiede ai suoi di combattere per l’intero arco della partita e “fare alla perfezione due, tre cose”. Una di queste è la difesa (“Una squadra solida deve avere una grande difesa”), l’altra è combattere e lottare: ” Voglio una squadra dura, cattiva, che non regala nulla e contro la quale nessuno gioca volentieri“.
Dopo sei partite (vittorie con Stati Uniti, Canada e Sudafrica – sconfitte con Argentina, All Blacks e Tonga) è tempo di un primo mini bilancio: “Abbiamo fatto cose buone, ma dobbiamo fare di più e meglio”. E l’abitudine alla vittoria va coltivata nel quotidiano con le franchigie, che “devono cominciare a vincere”.
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