Nella decisione del Giudice Sportivo sarebbe stato riscontrato un vizio di forma
La vicenda ha fatto il giro del mondo. Bruno Doglioli, giocatore in forza ai Rangers Vicenza, era stato interdetto 36 mesi dal Giudice Sportivo per l’episodio del placcaggio di spalle ai danni dell’arbitro internazionale Maria Beatrice Benvenuti nel corso della sfida contro il Valsugana dello scorso 11 dicembre. L’episodio, ripreso dalle immagini video, aveva fatto subito il giro del web e spinto la Federazione ad un comunicato stampa in cui si scriveva come “nel comminare la pena – la più alta inflitta nell’ultimo ventennio – sia stato applicato un principio di tolleranza zero nei confronti di un tesserato venuto meno non solo al regolamento di gioco ma, soprattutto, ai valori fondanti del nostro sport”. Ora però la vicenda potrebbe avere un nuovo sviluppo.
Come scrive infatti La Gazzetta dello Sport, la Procura Federale (che da statuto ha il compito di “assicurare la piena osservanza delle norme dell’ordinamento sportivo”) avrebbe deciso di “ricorrere presso la corte d’appello sportiva contro l’interdizione triennale comminata in prima istanza” (virgolettato da Gazzetta). Le motivazioni non sono di sostanza ma di forma: il Giudice Sportivo nel comminare le proprie pene non ha la facoltà di ricorrere alla prova televisiva, che è invece prevista nel lavoro di indagini della Procura. Ma c’è di più, perché nel riaprire il procedimento la Procura avrebbe richiesto per il tesserato la radiazione, massima sanzione irrogabile secondo il regolamento di giustizia. Inoltre, come si legge, la società veneta non avrebbe presentato una memoria difensiva rimettendosi di fatto alle piene decisioni degli organi di giustizia preposti. La richiesta di radiazione è prevista dal Regolamento di Giustizia, art.27 comma f: “Qualora (il tesserato partecipante alla gara) aggredisca o comunque compia atti violenti nei confronti degli ufficiali di gara, con la sanzione non inferiore all’interdizione per un minimo di sei mesi e sino alla radiazione”.
Nel dispositivo di omologazione dei risultati delle gare di Serie A dell’11 dicembre scorso, si legge che il fatto contestato è stato “segnalato dall’arbitro”, ma non si fa cenno dell’eventuale utilizzo della prova televisiva in sede di sentenza. Al fine dello svolgimento delle indagini, il Procuratore ha a disposizione sessanta giorni “dall’iscrizione nel registro del fatto o dell’atto rilevante”, che possono essere prorogati di ulteriori quaranta giorni e infine di altri ulteriori venti previa autorizzazione della Procura generale dello sport. L’unico provvedimento che sospende la radiazione è la Grazia, che può essere concessa dal Presidente Federale dopo che siano trascorsi almeno cinque anni dalla data di adozione della sanzione definitiva.
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