Dalle otto vittorie del 2015 alle difficoltà odierne. Con un occhio alla Nazionale e uno all’Accademia
35 sconfitte e 9 vittorie su 44 partite ufficiali disputate. E’ questo il bilancio con cui Gianluca Guidi lascia la guida tecnica delle Zebre Rugby dopo la consensuale rescissione del contratto tra il tecnico livornese e la franchigia bianconera. “Di comune accordo con la società abbiamo preso coscienza della decisione di fare un passo indietro: auguro alle Zebre i migliori successi” sono le parole affidato al comunicato stampa che ha ufficializzato quanto circolato già dalla sera precedente. Ma i numeri, si sa, spesso traggono in inganno. Esiste infatti una netta linea di separazione tra la prima e la seconda stagione della gestione Guidi. C’è la stagione 2015/16, con cinque successi in Pro12 e tre in coppa (tra cui quello di Worcester) per un totale di otto vittorie delle nove complessivamente ottenute. E poi c’è la difficilissima prima parte di stagione 2016/17, con l’unico sorriso di Edimburgo e le altre dieci sconfitte celtiche, tra cui quella nel derby di andata contro Treviso. Senza contare le cinque sconfitte in Europa, con una media di 58 punti subiti ogni partita. Dati che testimoniano una chiara inversione di tendenza: a questo punto dello scorso anno erano già sette le vittorie in cascina. Solo la stagione 2012/13, quella dell’esordio, è andata peggio.
Le premesse
Eppure dal punto di vista di qualità della rosa, l’annata era partita con ben altre aspettative. Vero le partenze di Haimona, Garcia e Leonardo Sarto, ma i rientri di Festuccia e Venditti, l’arrivo di una terza di consistenza ed esperienza come Minnie e l’approdo in Pro12 di giovani eccellenti particolarmente pronti al salto (Mbandà, Castello, Di Giulio e Bellini), lasciava presagire scenari migliori. Chiaro non da playoff, ma qualcosa di meglio dell’ultimo posto celtico a gennaio era uno scenario in cui si poteva concretamente sperare. La cosa più importante era confermare le certezze tecnico/tattiche su cui le Zebre avevano costruito le migliori prestazioni dei dodici mesi precedenti: aggressività in difesa e un’efficace alternanza del gioco alla mano e al piede, favorita anche dalla positiva stagione di Carlo Canna. E poi è iniziato anche il nuovo cammino azzurro sotto la guida di coach O’Shea, che ha portato positività ed ottimismo a tutto il movimento Italia (“Il raduno con la Nazionale ha fatto bene, è stata una settimana intensa, ha portato un’aria nuova e stasera hanno fatto una partita piena di cose positive“, parole di Guidi dopo la vittoria di Edimburgo di fine ottobre). Poi però le cose sono andate in modo diverso, fino al comunicato di martedì pomeriggio.
Cinque difficilissimi mesi
C’era, per esempio, quel 15% di rosa che era una scommessa: “Per l’85 per cento è una squadra concepita bene, per il resto abbiamo tante scommesse e dobbiamo vederle”, parole del 3 agosto. E se in genere certe situazioni si provano soprattutto in assenza dei giocatori internazionale, i tanti infortunati con cui è iniziata la stagione hanno costretto ad accelerare l’inserimento in rosa dei nuovi arrivati. E a proposito di questo e del generale rapporto interno, dall’esterno (ma potremmo benissimo sbagliarci) la sensazione di un qualche scollamento tra parte tecnica e societaria c’era: gli affondi del tecnico in un paio di conferenze stampa, mai un attestato di pubblica fiducia nei confronti dello staff…E se tutto questo viene circoscritto nel generale quadro di incertezza, capiamo meglio il contesto in cui vanno collocati i negativi risultati ottenuti dalla squadra. Chiaro poi che non c’è un unico colpevole, posto che di colpevole si debba parlare: singolarmente i giocatori stanno faticando più della scorsa stagione, spesso in campo mancano vis pugnandi e disposizione allo scontro fisico che permettono di evitare le mete in coast to coast viste a Galway: di sicuro si “rivaleggia” meno, parola tanto spesso sentita nelle conferenze post match. Ma semplicemente, si vogliono evidenziare tutti i fattori che stanno influenzando in maniera così pesante la stagione di Biagi e compagni. E mettiamoci pure l’aver perso, in una stagione che si è rivelata delicata anche per questioni extra sportive, due giocatori come Bortolami e Garcia. Fermo restando che Leinster quando non schiera Sexton fa giocare uno come Carbery, a testimonianza dell’abisso che ancora esiste in termini di formazione dei giocatori e profondità della rosa tra noi loro.
Cosa lascia la gestione Guidi?
Cosa lascia l’anno e mezzo di gestione Guidi? Le otto vittorie dello scorso anno, alcune delle quali ora nella storia della giovane franchigia come quelle di Worcester ed Edimburgo. Lascia giocatori di fatto entrati in maniera stabile nel giro della Nazionale: Canna, Padovani, Lovotti, Ceccarelli, Van Schalkwyk, Boni e pure Ruzza, fortemente provato in terza linea e ora promosso da O’Shea (a proposito, sono 15 le Zebre in Azzurro per il Sei Nazioni 2017, dopo le 13 del tour 2016 nelle Americhe e le 13 del Sei Nazioni 2016). Lascia gli esordi in Pro12 degli Accademici Panunzi e Pettinelli, le convocazioni di Ceciliani, D’Onofrio, Luus e Licata, e la sensazione (potendo scegliere) di voler dare fiducia ai giovani italiani. Ma ci lascia con un altro tecnico italiano, anche in questo caso tra i migliori, che dopo aver vinto in Eccellenza non riesce a concludere il proprio lavoro in Pro12. Nell’immediato, lascia invece una possibile scossa alla stagione della squadra. Non certo tecnico/tattica, ma si spera almeno nel carattere: e il banco di prova, domenica contro i Wasps, è dei più temibili.
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