Il mirino di Eddie Jones è puntato sul Grande Slam e sul record degli All Blacks. Per Noves la parola d’ordine è continuità
Dopo aver passato in rassegna Galles, Irlanda e Scozia, sotto la nostra lente d’ingrandimento finiscono Inghilterra e Francia tra le rivali dell’Italia al Sei Nazioni 2017, ovvero le squadre protagoniste sabato del cosiddetto Le Crunch, già indicativo dello stato di forma e delle ambizioni delle due squadre.
La presentazione di Galles, Irlanda e Scozia
Qui Inghilterra: un’egemonia da portare avanti
Se il 2016 è stato l’anno della rinascita, il 2017 dovrà diventare per forza di cose quello delle conferme. O, quantomeno, della stabilità, su cui poi costruire il biennio successivo in vista della Coppa del Mondo 2019 che, per Eddie Jones, resta l’obiettivo principale della sua gestione. Proprio il ct australiano ha inevitabilmente catalizzato i riflettori su di sé negli scorsi dodici mesi, togliendo dalle luci della ribalta e dalla pressione mediatica i giocatori inglesi e consentendo loro di concentrarsi unicamente sul proprio lavoro in campo. Un risultato che, finora, rappresenta forse la più grande vittoria di Jones alla guida dell’Inghilterra, da cui è nato il Grande Slam di un anno fa, il cappotto rifilato all’Australia a domicilio e i quattro successi del mese di novembre. In totale (considerando anche la vittoria nel turno finale dei gironi mondiali contro l’Uruguay) fanno 14 partite vinte consecutive: se dovesse replicare il torneo dello scorso anno, l’Inghilterra scavalcherebbe anche gli All Blacks (a quota 18) nella striscia di vittorie più lunga di sempre. Ma quanto è fattibile l’impresa?
Non poco. Il XV della Rosa parte indiscutibilmente come il primo favorito del lotto, con l’Irlanda alle calcagna e – almeno per il momento – la Francia più staccata sul gradino più basso del podio, ma i risultati dello scorso Sei Nazioni mettono in luce un dominio non così netto degli uomini di Eddie Jones. Nei cinque successi di un anno fa, le partite dell’Inghilterra hanno fatto registrare uno scarto medio di 12,4 punti, ma il dato complessivo è notevolmente influenzato dallo sbilanciato match dell’Olimpico contro l’Italia (finì 9-40); senza considerare la partita con gli azzurri, la statistica dello scarto medio scende a 7,75, ovvero di poco oltre il break di vantaggio. Più in generale, inoltre, è bene ricordare come gli inglesi non ebbero mai la superiorità territoriale o il pallino del gioco per gli interi ottanta minuti dei match giocati; un anno in più di lavoro avrà sicuramente contribuito ad oliare i meccanismi della corazzata di Jones, ma altrettanto avranno potuto fare degli avversari (in particolare Irlanda, Francia e Scozia) in continua e costante crescita.
Ciò nonostante, per profondità e fisicità gli inglesi possono vantare un bagaglio maggiore rispetto al resto del parterre anche a seguito di una sfilza di infortuni non indifferente (Robshaw, i fratelli Vunipola, Tuilagi, Anthony Watson e, ultimo in ordine di tempo, George Kruis, infortunatosi ai legamenti del ginocchio), a cui Jones dovrà dare risposte concrete per mantenere intatto il suo sistema di gioco. In particolare, saranno da valutare i sostituti dei fratelli Mako e Billy Vunipola, due ball carrier abrasivi e a tratti devastanti nello scardinare le difese e mettere la squadra sul piede avanzante: in prima linea ci dovrebbe essere Joe Marler, autore di un recupero lampo, mentre in terza linea scalpitano Nathan Hughes e Teimana Harrison. Sul resto della squadra, invece, non ci sono dubbi: a partire da capitan Dylan Hartley (nonostante tutto), passando per l’intoccabile Maro Itoje fino ad arrivare alla cerniera Youngs-Ford-Farrell-Joseph. Una squadra pronta a fare la storia: il 18 marzo, dopo la sfida di Dublino contro l’Irlanda (elevata già a iconica finale di questo Sei Nazioni), ne sapremo di più.
di Daniele Pansardi
Qui Francia: alla ricerca di nuovo del “rugby champagne”
Se sei in cerca di fiducia e di un incoraggiante risultato, esordire nel Sei Nazioni 2017 a Twickenham, in casa di un Inghilterra che proverà a bissare il successo dell’anno scorso con tanto di Grande Slam, non è esattamente il massimo che la fortuna ti abbia riservato. I Bleus però nell’ultima finestra di novembre hanno dimostrato di essere capaci di lottare alla pari contro chiunque, salvo poi incappare in due sconfitte, sia con l’Australia (23-25) sia con gli All Blacks (19-24).
Guy Noves e i suoi uomini, dopo il Sei Nazioni 2016 chiuso con due vittorie contro Italia e Irlanda e tre sconfitte, proveranno a compiere un’ulteriore salto di qualità: difficile che i transalpini possano sedersi al tavolo di chi lotterà per la vittoria finale, ma tentare di competere per il ‘podio virtuale’ sarà sicuramente un obiettivo che potrebbe stimolarli.
Nonostante le assenze dei vari Raphael Lakafia, Eddy Ben Arous, Jefferson Poirot, Henry Chavancy, Camille Chat e Wesley Fofana, il rugby aperto e rapido del tecnico nato a Tolosa dovrebbe essere stato ormai assorbito da capitan Guirado e compagni. L’esperienza di giocatori come Maestri e Picamoles, legata alla verve di trequarti come Fickou e Lamerat potrebbe poi fare il resto. In cabina di regia si attende il duo Machenaud-Lopez, anche se Serin ha dimostrato di essere un eccellente mediano di mischia, e poi la velocità all’ala di gente quale Nakaitaci, Huget o Vakatawa servirà a capitalizzare il gioco. Insomma, la ricerca del vecchio gioco “alla francese”, dopo anni di autoscontri poco transalpini, potrebbe arrivare a degno compimento proprio durante questo torneo. Magari non arriveranno tante vittorie, ma alla fine di ogni partita sarà interessante leggere il dato su offload, metri corsi e possessi calciati per avere un riscontro nei numeri del modo di giocare Bleus, che affronteranno in successione l’Inghilterra, appunto, riceveranno in casa la Scozia, faranno visita all’Irlanda, saranno ospiti a Roma, per giocarsi il Trofeo Garibaldi con gli azzurri, ed infine accoglieranno il Galles a Parigi.
di Michele Cassano
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