Danny Care e John Feehan, l’estero che guarda (e tifa) l’Italia di O’Shea

Il mediano Harlequins racconta gli anni con il tecnico irlandese. Un secondo padre e uno per cui vuoi giocare

nazionale oshea sei nazioni

ph. Sebastiano Pessina

Ancora poche ore e lo staff tecnico azzurro annuncerà la formazione dell’Italia che sabato a Roma riceve l’Irlanda nella seconda giornata del torneo. Ma intanto, due interviste apparse su media esteri sono lo spunto per leggere il presente del movimento Italia con gli occhi di chi ci guarda lontano.

 

 

Danny Care: Conor, il secondo padre di molti arlecchini

Danny Care e Conor O’Shea si conoscono bene. Il mediano di mischia, classe 1987 e 67 caps internazionali, milita da undici stagioni agli Harlequins e ha avuto il tecnico irlandese come allenatore nel periodo che O’Shea ha trascorso allo Stoop dal 2010 al 2016, prima di arrivare in Italia. Incontrando Sky Sport UK, Care ha parlato proprio del ruolo e dell’importanza che il suo ex allenatore può avere per il rugby italiano inteso nella sua generalità. “Se devo essere onesto, è un compito cucito su misura per lui”, ha dichiarato a questo proposito, spingendo il suo sguardo oltre l’ordinaria amministrazione. “Non si tratterà solo di allenare un Test team, ma farà molto di più. Girerà per i club, sarà d’ispirazione per bambini e bambini, giocatori e giocatrici di ogni età”. Uno dei tratti che più abbiamo imparato a conoscere di O’Shea è la carica di positività: “Ha un ottimismo e una confidenza contagiose. E’ la persona più positiva che io abbia mai incontrato. Sono rimasto esterrefatto dalla vittoria contro il Sudafrica e sono sicuro che ne arriveranno altre”. Inevitabile che l’orizzonte temporale sia quello del lungo periodo: “E’ un progetto a lungo termine ma è una persona che mette pieno impegno in ciò che fa. E’ fatto così. E avrà un grosso impatto”.

 

Care ha poi parlato dell’importanza che O’Shea ha avuto per tutta una generazione di giovani “arlecchini” che lo hanno avuto come DoR per sei anni. “Ha avuto una grande importanza per me e altri ragazzi, siamo cresciuti con lui e grazie a lui: è come un secondo padre. C’era sempre per ogni problema e cercava di capire le motivazioni di ogni cosa. Ed è una gran persona con cui parlare e un grande allenatore: uno di quelli per cui vuoi giocare“. L’augurio è dei migliori: “Gli auguriamo il meglio: difenderà i suoi ragazzi fino alla fine e questo darà loro grande confidenza e voglia di fare bene per lui. Sono sicuro”.

 

 

 

Georgia, Sei Nazioni e un match esibizione

Inizia nel weekend l’edizione 2017 del Rugby Europe International Championships, altrimenti conosciuto come Sei Nazioni B. Ai blocchi di partenza parte ancora una volta favorita la Georgia, vincitrice otto volte nelle ultime nove edizioni, le ultime sei consecutivamente. E come sempre in periodo di Sei Nazioni, con cadenza più o meno tra febbraio e marzo, si leggono proposte più o meno campate per aria circa la necessità di allargare i confini del torneo più antico e prestigioso di Ovalia. Le ultime parole sono quelle dell’head of operations della federazione georgiana, che alla BBC ha parlato di una proposta sottoposta al CEO del torneo John Feehan: un match esibizione annuale tra la vincitrice del Rugby Europe International Championship e l’ultima classificata del Sei Nazioni, in campo neutro. Nessuna velleità di promozione/retrocessione, nessun tono di sfida, semplicemente un incontro “che certamente creerebbe interesse”. Dopo le rivendicazioni circa un vero e proprio ripensamento della formula del torneo, sembra che il tiro si sia spostato: una questione insomma non di sostanza ma di forma, uno sfizio da togliersi a torneo concluso per capire come sarebbe andata se… (posto che trovare un buco nel calendario che metta assieme giocatori che militano in tanti diversi campionati, è ormai pressoché impossibile). Sul piano concreto, come anticipa la BBC, la federazione caucasica starebbe piuttosto premendo per partecipare ad altre competizioni (leggi Challenge Cup) attraverso selezioni/franchigie.

 

Da parte sua Feehan ha ribattuto in maniera decisa: “Non discuto il fatto che sarebbe interessante, ma dobbiamo considerare ogni cosa dal punto di vista dell’integrità della nostra competizione: dobbiamo, insomma, considerare ciò che è buono per noi e non per la Georgia. Non lo dico in modo malevolo, ma per noi l’importante è che le sei squadre mantengano la credibilità del torneo. E un match come quello proposto, potrebbe fare nascere speculazioni che non necessariamente sarebbero di aiuto”. Vero che qualcosa nel processo di integrazione dell’Italia non è andato come dovuto (“E’ progredita tanto quanto ci si aspettava? Probabilmente no”, si auto domanda), ma la verità è che “tutto è difficile. Anche gli altri sono migliorati, non è che finché l’Italia avanzava sono stati fermi. Quindi i progressi sono tutti relativi, in un certo senso. Miglioreranno ancora? Certamente. Con Conor O’Shea sono sulla giusta strada”. Un augurio, un endorsement, quello di Feehan, che sa quanto un’Italia competitiva serva a tutto il torneo. Anche per allontanare definitivamente certe voci.

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