Porte chiuse dal CEO del torneo. Noi abbiamo confrontato gli ultimi 17 anni di partite di Italia e Georgia
Negli ultimi giorni si è tornati a parlare di Sei Nazioni, apertura del torneo e introduzione di un playoff promozione retrocessione. Ecco il punto della situazione e alcuni dati per leggere l’attuale posizione del ranking di Italia e Georgia.
Il ranking: due posizioni e un mondo di differenza
La Georgia è attualmente in posizione numero 12 del ranking mondiale, due gradini sopra l’Italia. E questo è un dato. L’altro, dietro cui leggere questo, è prendere in considerazione le partite giocate (ma soprattutto la squadre affrontate) in base ai cui risultati quel ranking è stato determinato. Noi abbiamo elencato le partite giocate da Italia e Georgia dal 2000 ad oggi, ovvero dall’ingresso degli Azzurri nel Sei Nazioni.
Dal 2000 ad oggi la nostra Nazionale ha giocato 190 partite, 142 contro nazioni Tier 1 e 48 contro nazioni Tier 2. Le 142 contro le squadre di prima fascia sono così ripartite: 126 sconfitte, 15 vittorie e un pareggio. Le restanti 48 sono invece formate da 36 vittorie e 12 sconfitte.
Nello stesso arco di tempo, i caucasici hanno disputato complessivamente 165 partite, vincendone 100 e perdendone 59 con 6 pareggi. Le partite contro le Tier 1 sono 15, tutte perse. Poi ci sono 9 partite contro le isolane (con 5 vittorie), 15 contro le seconde squadre nazionali (varie Emergenti e selezioni A) con 6 vittorie, altre contro selezioni varie (Barbarians, French University) e un’infinità con Nazioni Tier 2 e Tier 3: complessivamente 112 partite tra Belgio, Canada, Cile, Repubblica Ceca, Germania, Giappone, Namibia, Portogallo, Romania, Russia, Spagna, Stati Uniti e Uruguay con 80 vittorie, 27 sconfitte e 5 pareggi.
Delle Tier 1 affrontate dal 2000 ad oggi da entrambe le squadre, l’Italia ha vinto contro Argentina, Francia, Irlanda, Scozia e Sudafrica. Nei 17 anni precedenti al suo ingresso nel Sei Nazioni, gli Azzurri già avevano battuto la seconda selezione francese, Scozia A, Irlanda (in casa e fuori), Argentina e Francia (a Grenoble), perso di 3 punti contro Galles e Australia, due volte di poco (7 e 8 di scarto) contro l’Inghilterra e di 10 punti contro la Nuova Zelanda. L’ultimo precedente tra Georgia e una selezioni azzurra risale alla Tbilisi Cup 2015, con vittoria 26-10 della nostra Emergenti (mete di Marinaro e Mbandà e piede di Canna).
Questo per dire cosa? Che chiudere a priori le porte del torneo sarebbe un errore, considerando che inclusione è una delle parole d’ordine della palla ovale (pensiamo a Championship e Super Rugby nell’Emisfero Sud, per esempio). Ma aprirle altrettanto a priori sulla base di risultati recenti e posizione nel ranking, è pure questo uno scenario sbagliato e antistorico. Ciò che è importante ancora una volta sottolineare, è la volontà di World Rugby di dare alla Georgia la possibilità di giocarsi le sue carte affrontando squadre Tier One nei Test Match. Senza dimenticare che intensità e fisicità del Sei Nazioni sono ancora superiori, e senza negare che, difficoltà o meno del torneo, qualcosa sicuramente non è andato per il meglio nel modo in cui la FIR ha gestito nel medio periodo l’ingresso nella competizione (e successivamente nel Pro12) per quel che riguarda il superamento del gap tecnico con le altre squadre (leggi formazione dei giocatori).
Rugby Europe alla ricerca di una posizione comune
Nella giornata di giovedì 9 marzo si riunirà a Parigi il Consiglio Direttivo di Rugby Europe. Che discuterà, anche, di eventuali modifiche al format del Sei Nazioni da proporre in futuro al Board del torneo. Sul tavolo diverse ipotesi: “Un torneo allargato, oppure un playoff retrocessione”, racconta il Presidente di Rugby Europe Octavian Morariu alle pagine digitali del quotidiano rumeno Libertatea. Morariu conferma poi che tutte le discussioni interne a Rugby Europe sono state per ora informali, mentre la volontà è quella ora di arrivare ad un punto di vista condiviso e ufficiale dopo l’incontro nella Capitale francese.
Sir Clive Woodward e la competizione che si adagia
Classe 1956, 23 caps internazionali da giocatore ma soprattutto campione del mondo nel 2003 sulla panchina dell’Inghilterra. In Inghilterra e in tutta Ovalia, un’autentica leggenda del gioco. Quanto scritto da Woodward nei giorni scorsi sul Daily Mail suona forte e di monito al Board. “Gli organizzatori del Sei Nazioni, con l’apertura del torneo all’Italia e la non introduzione di un sistema di playoff, hanno fatto sì che la competizione si adagiasse. Il rugby italiano si è indebolito e sentito gratificato, fame ed ambizione degli anni precedenti sono svaniti”. La soluzione è l’introduzione di un meccanismo di promozione/retrocessione: “L’Italia ne uscirebbe immediatamente rafforzata. Tornerebbe il suo fighting spirit: la retrocessione è sangue vitale nella Premier League (calcio, ndr), lottare per non retrocedere da sempre ha un ruolo importante nel rendere competitivo lo sport”. “Galles, Scozia e Francia sono tutte finite ultime e nessuno sarebbe immune. Se una squadra non gioca bene, deve guadagnarsi il posto nel torneo”.
John Feehan: porte chiude (con un certo rumore)
Ma ben altro peso hanno le parole di John Feehan, CEO del torneo. Che in un’intervista sempre al Daily Mail chiude con forza le porte del torneo. “E’ una competizione chiusa tra sei nazioni, presieduta e controllata dalle sei Federazioni coinvolte. Non ci sono posti liberi, non abbiamo intenzione di aggiungerne. Non dico che non cambieremo mai, ma ora siamo contenti di avere le sei squadre più forti di Europa”. Per eventuali cambiamenti il tempo è ancora lungo: “Prima di avere argomentazioni forti passerà tempo, 10 o 15 anni […] Parlare ora di nuove squadre è prematuro“. E il Board internazionale non può cambiare nulla: “World Rugby non ha peso in questo torneo, non lo controllano e non è nelle loro competenze dirci cosa fare. World Rugby deve espandere e sviluppare il gioco, noi? Forse sì, ma ciò non deve riguardare il torneo più importante”.
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