Carattere, sacrificio e piano di gioco. A Firenze abbiamo vinto, a Londra messo la pietra angolare
LONDRA – Succede che ad un quarto di gioco dal termine siamo sotto 17-15 a Twickenham contro l’Inghilterra, seconda del ranking mondiale e unica squadra del torneo ancora imbattuta. Allo stesso momento di pochi giorni fa, eravamo sotto 35-10 con l’Irlanda e 19-7 contro il Galles, in entrambi i casi all’Oloimpico. Il pubblico un po’ fischia e un po’ urla contro Poite (nonostante Corbisiero abbia spiegato allo stadio la regola della ruck durante l’intervallo), un po’ forse è spaventato. Vuoi davvero che la prima vittoria in assoluto dell’Italia contro l’Inghilterra arrivi proprio nel tempo del rugby in quello che, fino ad un’ora prima, era il classico five points match con cui tornare in testa alla classifica? Fino a lì perfetti, black out a parte di inizio ripresa dopo una difficilissima uscita dagli spogliatoi.
Come poi siano andate le cose, purtroppo lo sappiamo e il 36-15 finale è lì a ricordarcelo. Parlare di vittoria mancata è eccessivo, ma certamente la partita di Twickenham lascia molte più luci che ombre in vista del proseguo del torneo, e in generale per il futuro della selezione azzurra.
Un primo tempo perfetto e intelligente
Nella settimana del ma la Georgia, dopo la pesante sconfitta (per punteggio ma soprattutto performance) contro l’Irlanda, Parisse e compagni entrano in campo a Twickenham con un piglio deciso e una condotta del gioco intelligente. Poche cose ma ben fatte, quelle che il nuovo staff tecnico ha sempre chiesto: placcaggi raddoppiati, piede tattico con pressione che sale bene, allontanarsi dalla fonte solo se veramente ne vale la pena e senza isolarsi, rallentare l’ovale costruendo bene le mini unit per evitare i fetcher di casa.
E poi la strategia di non contestare la ruck e marcarli a uomo nel loro campo con otto e nove. Per Eddie Jones una mossa contraria allo spirito del gioco, opinione personale, per il regolamento nulla di vietato, fatto inconfutabile. A parte che già l’avevamo vista fare (dai Chiefs ma non più tardi di qualche settimana fa in Wasps-Tolosa, tra l’altro da Natan Huges che era domenica in campo contro gli Azzurri), ma resta il fatto che le partite si vincono e perdono in 23 più staff tecnico: e il nostro ha studiato qualcosa che ha messo seriamente in difficoltà Hartley e compagni (e irritato Jones), in confusione e spiazzati dalla scelta avversaria fino a quando hanno capito che l’unica cosa da fare era sfruttare la mancanza di contest e breakdown per ripartire sulla verticale e fare metri (e nella ripresa sono arrivati un paio di mini break, oltre alla contromossa in non andare a terra impostando raggruppamenti in piedi che hanno dato i loro frutti).
La reazione della ripresa: la nota più positiva
Guardando alla partita nel suo complesso, il dato forse più positivo che portiamo via da Twickenham è la reazione che Parisse e compagni hanno avuto dopo l’uno/due di inizio ripresa. Due mete che possono tagliare le gambe (e in passato tante volte l’hanno fatto, Galles compreso ad inizio febbraio), tanto più dopo un primo tempo in cui si è speso molto e in un campo emotivamente pesante come quello londinese. Eppure riconquistati possesso e territorio, l’Italia è stata brava a restare fedele al proprio piano di gioco senza sbandare, fino alla bellissima meta di Campagnaro. Che ha dimostrato quanto a noi servano come l’aria giocatori in grado di attaccare le difese schierate in situazione di gioco lento. E quanto da questo punto di vista all’estero insegnino benissimo ad attaccare.
Piazzola e concretizzazione: dove abbiamo peccato
Sul fronte delle note dolenti, da segnalare i punti lasciati dalla piazzola che hanno comunque permesso all’Inghilterra di rimanere sempre attaccata al match nel corso del primo tempo, e in generale la scarsa concretizzazione a fronte di un primo tempo (soprattutto la prima mezzora) dominata per possesso, territorio e inerzia della partita.
Prossimo avversario la Francia
Tra 12 giorni sotto con la Francia, la squadra più fisica e pesante del torneo. Cosa serviranno? Tattica e strategia difensiva a parte, rivedere lo spirito combattivo ammirato a Twickenham è l’obiettivo minimo. E il punto di partenza per ogni partita futura. Se la vittoria contro gli Springboks rappresenta una data scritta nella storia del rugby italiano, la sensazione è che questa prova di Twickenham rappresenti un prima e un dopo ben preciso all’interno della gestione di O’Shea. Ieri, più che a Firenze (dove sia chiaro, carattere e strategia non sono certo mancati), abbiamo visto qualcosa di molto simile all’idea di Italia del nuovo staff tecnico. Mancano profondità nei cambi e abitudine alla vittoria e alla gestione del risultato: tutte cose che si migliorano a livello di franchigie.
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