Il Sei Nazioni dei transalpini finora ha messo in mostra tutta la spettacolarità del French Flair, ma anche tanti difetti
Il Sei Nazioni 2017 della Francia era iniziato con il piede giusto, con una sconfitta di soli tre punti in casa dell’Inghilterra che aveva dato continuità all’ottima finestra internazionale di novembre, in cui i Bleus avevano perso di misura sia contro l’Australia che contro gli All Blacks, mettendo in mostra un gioco a tratti molto spettacolare e una rinnovata identità rispetto alle stagioni precedenti. Ad un mese di distanza dall’esordio nel torneo, i transalpini hanno confermato di essere ritornati in parte al French Flair tanto agognato, ma anche di non aver saputo evolvere il proprio gioco e di non aver compiuto quei passettini fondamentali per pareggiare il livello di Inghilterra e Irlanda, sia a causa di problemi strutturali sia a causa di un organico complessivamente inferiore alle due contender principali del torneo.
Difetti smascherati già in parte nella seconda giornata dalla Scozia, che ha costretto gli uomini di Guy Noves a ricorrere allo strapotere fisico della propria mischia (e ad uno Slimani in grande spolvero) per avere ragione degli Highlanders, sconfitti 22-16 soltanto nel finale. Tutta l’aleatorietà, tutte le incertezze e tutte le problematiche dei transalpini sono venute fuori poi nella sfida di Dublino contro l’Irlanda, un avversario caratterizzato da un’organizzazione tattica meticolosa e da una mediana in grado di mettere a nudo i punti deboli dei galletti che, fiammate estemporanee a parte, sono stati in balìa di Murray e Sexton per la maggior parte del match. Più in generale, il match dell’Aviva Stadium ha messo in luce la mancanza di un piano alternativo a quello originale, rappresentato da pick&go centrali dei ball carrier, ricerca continua dell’offload e contrattacchi palla in mano appena possibile. La mancanza di sistemi di gioco più strutturati e coordinati, probabilmente più adatti ai tanti giocatori scelti da Noves finora e che non hanno nell’acume tattico per sfruttare la libertà di scelta concessagli una delle doti migliori; l’eccessiva indisciplina in ambedue le fasi; la sterilità offensiva e l’incapacità di adattarsi ad un avversario capace di togliergli il controllo del gioco e dello spazio.
La formazione dell’Italia – La formazione della Francia
Bella e impossibile
Eppure, la partita contro l’Inghilterra aveva fatto presagire altro, o quantomeno aveva fatto credere ad una Francia in grado di essere fin da subito pronta a lottare per il titolo, sia per il modo con cui aveva colto di sorpresa il XV della Rosa, sia per le diverse frecce al proprio arco in fase offensiva non appena si creavano i presupposti per esplorare le difese in verticale. Ma il grande bagaglio tecnico a disposizione di Noves (sia degli avanti, come dimostrato dalla meta di Slimani a Twickenham, che dei trequarti) e un pack dalla enorme potenza di fuoco non sono bastati a coprire tutte le falle che si sono create nelle settimane successive, alimentando la sensazione di trovarsi di fronte ad una squadra non solo inferiore alle altre, ma pure incompiuta. La Francia del resto sta dimostrando di essere una squadra bella, bellissima, a tratti anche spettacolare, ma senza la continuità necessaria per poter colmare quel gap con Inghilterra ed Irlanda (ed in parte anche con la Scozia). In quest’ottica, i numeri offensivi collezionati fin qui dai galletti restituiscono ancor di più l’idea di una nazionale a cui piace guardarsi allo specchio, ma senza il cinismo per affondare davvero la lama nel burro: i Bleus hanno messo insieme 1.347 metri palla in mano, hanno creato 28 break nella difesa avversaria, hanno battuto 56 avversari e hanno scaricato il pallone con un offload per 35 volte, ma marcando soltanto due mete (con Slimani e Fickou). Basti pensare che la Scozia, con numeri decisamente inferiori (899 metri corsi, 41 difensori battuti, 23 break creati e 17 offload), ha segnato ben sette mete, a dimostrazione del salto di qualità compiuto dagli uomini di Vern Cotter e delle difficoltà nel concretizzare per i francesi, nonostante una mole non indifferente di talento.
Vaahamahina -> Gourdon -> Slimani.
Bando alle mini unit, libero sfogo all’offload e meta stupenda per il vantaggio a Twickeham.
Ma l’Inghilterra sbatterà la porta in faccia ai transalpini.
Indisciplinati
Ai problemi strutturali e di variazione del proprio gioco, va aggiunta anche un’attitudine mentale non eccelsa nei momenti di maggior pressione, sia offensiva che difensiva. Il lavoro svolto dal team di analisi data targato Accenture, capitanato dall’ex ct azzurro Nick Mallett, ha messo in luce due statistiche chiave che spiegano le tante punizioni fischiate contro (38, la peggior nazione del torneo davanti all’Italia, a quota 32), dettate probabilmente dalla frenesia e dalla poca lucidità dei singoli. I transalpini, in media, concedono una punizione dopo 4,4 fasi avversarie difese, un dato appena peggiore di quello dell’Italia (4,5) e decisamente più basso rispetto all’Inghilterra, che primeggia con 6,5 fasi. È in attacco, tuttavia, che la Francia scade più frequentemente nel fallo, addirittura ogni 3,7 fasi di media (con l’Italia un po’ più distante a 4,2); scelte sbagliate, errori di lettura del gioco e di conseguenza infrazioni evitabili rientrano nel biglietto da visita dei transalpini.
Non vanno dimenticati nemmeno i tanti turnover concessi, ben 40, che derivano soprattutto
da banali errori di esecuzione inusuali per una squadra dal tasso tecnico così elevato.
Per l’Italia, dunque, giocare d’astuzia contro dei francesi non sempre reattivi nell’adattarsi all’avversario potrebbe diventare fondamentale per aumentare le proprie chance di vittoria. E astuzia, come abbiamo imparato a conoscere, fa rima anche con l’ormai celeberrima tattica della ‘The Fox’: riproporre la ‘no-ruck tactic’ anche contro i transalpini, tuttavia, potrebbe risultare dannoso e controproducente per gli azzurri, che presterebbero il fianco ai devastanti pick&go centrali dei carroarmati francesi.
Croce e delizia
Che, pur tra tanti difetti, hanno comunque tutte le carte in regola per poter sottomettere gli uomini di O’Shea. Una di queste, oltre alla potenza fisica e ad una mischia spesso dominante, è la velocità e la capacità di tenere sempre vivo il pallone da parte del triangolo allargato: una caratteristica che potrebbe essere messa in risalto ulteriormente dall’ingresso di Dulin al posto di Spedding nel XV iniziale. Lo stesso triangolo allargato, completato da Vakatawa e Nakaitaci, potrebbe rivelarsi allo stesso tempo anche croce e delizia per i francesi, considerate le loro ben note difficoltà nelle letture del gioco tattico. E proprio le caratteristiche delle due ali figiane, perlomeno in parte, sembrano rispecchiare l’intera squadra francese: devastanti se azionate con il giusto timing, prevedibili e portate all’errore se ingabbiate e poco capaci di risolvere rebus in corso d’opera.
di Daniele Pansardi
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