Un Sei Nazioni durissimo e che ci ha messo spalle al muro. Ora il tempo è davvero finito
“Il mio rammarico è quello di non aver saputo creare una sinergia tra le differenti componenti del rugby italiano”. Con queste parole Jacques Brunel parlava alla stampa italiana nel febbraio 2016 in occasione dell’annuncio della formazione che avrebbe affrontato l’indomani la Scozia nella terza giornata del Sei Nazioni. Ad un anno e un mese di distanza, rimbombano ancora dalla sala stampa di Murrayfield le parole di Conor O’Shea dopo la sconfitta contro la Scozia. “Tutti, in Italia, devono mettersi l’ego in tasca e capire che la Nazionale è la cosa più importante in assoluto, la Nazionale deve venire prima di tutto. Perché le decisioni che prenderemo daranno fastidio a qualcuno, ma sono da prendere. Non possiamo continuare a fare le stesse cose e sperare che le cose cambino”.
Dal suo arrivo in Italia, sicuramente le parole più dure mai sentite dire dal Commissario Tecnico irlandese, e il linguaggio del corpo nel corso del match di Murrayfield ha tradito forse per la prima volta un certo nervosismo. Non era certo una questione in discussione, ma ora abbiamo la prova provata: dietro il sorriso, le parole sempre positive, la difesa a spada tratta dei ragazzi che vanno in campo, la serietà di chi si presenta alla stampa italiana parlando italiano, c’è tutta la determinazione di chi è consapevole della gravità della situazione e di chi ha una visione per modificare radicalmente le cose. I cambiamenti al sistema, insomma, non possono più essere rimandati: dopo che tanti Commissari Tecnici si sono avvicendati sulla panchina azzurra, forse è arrivato chi ha in valigia non solo il termometro ma anche le possibili medicine. Sperando che la ricetta non sia altro che un foglio bianco su cui il dottor O’Shea può scrivere tutto ciò che vuole.
Meglio tardi che mai
Una questione sarebbe però da chiarire. A distanza di alcuni mesi, è innegabile che l’arrivo del nuovo staff tecnico rappresenti una nuova e diversa pagina del movimento Italia. Necessità di dialogo con le franchigie, giocatori non in lista gara rilasciati ai rispettivi club, allenatori delle franchigie coinvolti nei raduni della Nazionale, un CT che va a vedere le partite di Eccellenza e conosce i ragazzi dell’Under 20…Cose che, probabilmente, solo dalle nostri parti di Ovalia provocano stupore e sorpresa. In Pro12 siamo entrati da poco, ma davvero ci sono voluti sette anni per capire quanto vitali e necessari siano una regolamentazione logica e sensata dei permit player o un costante dialogo tecnico tra franchigie e Nazionale? Meglio tardi che mai, certo, ma viene anche da domandarsi cosa si sia fatto fino ad oggi, perché non si è agito in modo diverso e a che punto potremmo essere se certe dinamiche fossero iniziate prima dell’anno solare 2016.
Una stagione con cambiamenti radicali?
Comunque sia, importanti cambiamenti saranno discussi già nelle prossime settimane per arrivare nella miglior condizione possibili all’inizio della nuova stagione. A cominciare dalla riforma dei Centri di Formazione Permanente Under 18, dal legare il prima possibile un’Accademia a ciascuna franchigia e dal futuro delle Zebre, la cui prossima stagione inizia a prendere forma dal punto di vista tecnico ma non ancora da quello amministrativo/gestionale (“Sono andato a Parma ogni lunedì per un anno, mi sarebbe piaciuto creare una mentalità nella gestione del club. Ora è tanto che non ci torno. Non so cosa accadrà”, ha dichiarato il Presidente Alfredo Gavazzi al Messaggero Veneto prima della sfida contro la Scozia, facendo anche il nome di Milano come possibile futura destinazione).
E’ stato un Sei Nazioni durissimo, con 15 sconfitte tra maschile, femminile e Under 20, e 3 punti complessivamente conquistati in classifica. Ma è stato un torneo che ci ha messo con le spalle al muro e mostrato, in modo crudo e diretto, quale sia il gap attuale con le altre squadre e cosa vada fatto per colmarlo. Una vittoria avrebbe certamente fatto piacere, prima di tutto ai giocatori: ma a livello di sistema generale avrebbe solo nascosto parte della polvere sotto al tappeto, aggiungendone altra a tutta quella accumulata negli ultimi anni.
di Roberto Avesani
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