Succede a livello Under16. Il Giudice Sportivo: sanzione esemplare e deterrente
“Il Giudice Sportivo, letto il referto arbitrale della Sig.na Maria Clotilde BENVENUTI (sorella di Maria Beatrice, ndr), dettagliatamente circostanziato, ritiene si sia verificato un fatto quanto mai grave, tenuto conto dello spirito educativo che il rugby dovrebbe avere, soprattutto laddove tale attività viene svolta da atleti così giovani”. Il fatto a cui fa riferimento il dispositivo del Giudice Sportivo Territoriale del Lazio, sono accaduti il 19 marzo al termine della sfida tra ASD Roma Legio Invicta XV e Pol. L’Aquila ASD, valida per il Girone 1 del campionato regionale Under 16 Elite.
Tre giocatori, si legge, “hanno ripetutamente e dolosamente tentato di fotografare e riprendere con un telefonino l’arbitro mentre era nuda a farsi la doccia. Si precisa, a tal fine, che i giocatori si sono dovuti arrampicare sul muro divisorio tra gli spogliatoi, altro 4/5 metri, aperto nella parte superiore. Tale comportamento è particolarmente riprovevole in quanto esula completamente dal gioco del rugby ed indica una totale mancanza di rispetto nei confronti dell’arbitro, sia come donna che come ufficiale di gara”. “Il Giudice – prosegue l’omologazione – ritiene che il tentativo di riprendere l’arbitro nudo possa qualificarsi come un “atto violento”, non da un punto di vista fisico bensì morale, in quanto potenzialmente lesivo dell’onore, del decoro e dell’immagine della persona. Come già rilevato dall’arbitro, la mancata acquisizione delle immagini da parte dei colpevoli è stata meramente casuale, ma è del tutto probabile che l’intento degli stessi era quello di divulgare su internet immagini scabrose dell’ufficiale di gara, con grave oltraggio e vilipendio per quest’ultima. Inoltre la condotta tenuta dai responsabili dimostra una scarsa considerazione per l’altrui riservatezza e implica una chiara violazione del diritto di privacy”.
La decisione del Giudice Sportivo è stata quella di “infliggere ai giocatori coinvolti una sanzione esemplare con l’aggravante di “essersi approfittati della manifesta vulnerabilità della persona offesa”, al fine di dissuadere analoghi comportamenti in futuro”. I tre colpevoli sono stati quindi puniti con la sanzione dell’interdizione per un anno, aumentato di un terzo per l’aggravante di manifesta vulnerabilità della persona offesa, per un totale di 15 mesi di squalifica.
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