Cartolina tattica da Llanelli. Il superbo lavoro di coach Pivac contro Leinster e Munster
Vincere all’RDS contro Leinster e in un Aviva Stadium trasformato in Thomond Park contro Munster, non è da tutti. Vero che le due squadre irlandesi pagavano forse la stanchezza e il logorio post semifinali di Champions (chiedere anche ai Saracens), ma gli Scarlets hanno trovato due successi superbi che hanno portato la squadra di Llanelli sul tetto celtico. Due prestazioni tatticamente perfette sia in attacco che in difesa, nate in settimana grazie al lavoro di coach Pivac e dello staff tecnico, che ha portato Barclay e compagni a segnare 46 punti a Munster – miglior difesa del torneo con 13.8 punti di media subiti a partita; e a limitare Leinster a 15 punti segnati – miglior attacco celtico con 30 punti di media segnati a partita in stagione regolare. La lavagna tattica della settimana non può che essere dedicata al piano di gioco che ha portato gli Scarlets a sollevare il trofeo in un Aviva Stadium incredulo.
Manuale della perfetta difesa: marcare e cacciare
Nel corso della stagione regolare abbiamo visto e apprezzato tante mete di Leinster, al punto che nella Top 8 dei migliori marcatori della stagione celtica figurano Carbery e Rory O’Loughlin. Contro i Dubliners abbiamo assistito ad un’autentica lezione di difesa. Vero che gli errori di trasmissione e di contatto da parte dei giocatori di casa hanno avuto un peso specifico non indifferente (ben 29 turnover concessi da Leinster), ma il modo in cui gli Scarlets hanno incanalato il gioco è stato superbo.
L’obiettivo è proprio quello di evitare le corse profonde dei vari Carbery, Ringrose e Nacewa, che solitamente trovano spazio libero davanti a sé al termine di lunghi multifasi logoranti con il pack a dare avanzamento, oppure con una giocata tipica della cerniera Sexton-Henshaw, quel loop che tante volte abbiamo visto anche in maglia verde. In tutto questo fondamentale è proprio il lavoro dell’apertura irlandese, che coinvolge ora gli avanti all’altezza, ora la linea veloce con incroci e raddoppi, dettando i tempi di una manovra in cui la difesa è sotto enorme pressione dovendo marcare tantissime opzioni credibili (vedi Italia-Irlanda all’ultimo Sei Nazioni). Ma più di una volta palla in mano Sexton si è trovato costretto a tenere il possesso o scaricare pressione: vero che non è nel miglior momento di forma – viene anche ormai messo costantemente nel mirino dal primo all’ultimo minuto – ma il lavoro degli Scarlets è stato egregio.
Se ben eseguito (coordinare la salita col giusto timing non è facile e un paio di buchi sono stati concessi), questo lavoro della difesa ha due enormi vantaggi. Il primo deriva dal fatto che salire in modo sparato permette di avere almeno un giocatore in campo avversario dietro la linea di vantaggio (prima situazione), il secondo è che l’attacco, costretto a rientrare, finisce nel collo di imbuto ovvero nelle fauci dei cacciatori avversari (seconda situazione).
Profondità e trasmissione: il rugby che vola al largo
Palla in mano invece, la grande abilità è stata quella di riuscire a superare la difesa compatta di Munster, apparso in evidente affanno come testimonia la percentuale placcaggi riusciti (74%, numeri decisamente scarsi a questo livello). Ma se numerosi tackle sono stati rotti dai portatori di palla gallesi – soprattutto al largo da parte dei trequarti – il merito va anche alla struttura offensiva degli Scarlets, capaci di giocare in profondità per sfruttare velocità e chili dei propri trequarti (su tutti Davies, che in finale all’Aviva ha battuto 4 difensori e creato 3 break profondi).
– La difesa Munster sale forte forse non confidando nelle mani di Evans e Rawlins,
che invece impegnano l’uomo e liberano spazio
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