E se i primi a raccogliere i frutti del nuovo percorso tecnico fossero proprio i ragazzi ora impegnati in Georgia?
Stiamo per arrivare ad un weekend decisamente importate per l’Italrugby presente e futuro. Sabato alle prime ore dell’alba la Nazionale scende in campo a Suva contro le Isole Fiji nel secondo Test Match estivo, il più abbordabile dei tre in calendario. Dopo la sconfitta contro una Scozia ormai un gradino sopra, e in attesa della sfida contro l’Australia, gli Azzurri sono chiamati ad una sfida che è da vincere a tutti i costi per guadagnare morale e fiducia. Un risultato negativo sarebbe la nona sconfitta in dieci partite, l’ottava consecutiva dopo il trionfo di Firenze contro il Sudafrica.
24 ore più tardi, gli Azzurrini dell’Under 20 scendono in campo contro il Galles nell’ultima partita del Mondiale di categoria. Dopo quanto di buono fatto vedere nelle quattro precedenti partite, arriva la prova del nove: se tre indizi fanno una prova, un successo contro i Dragoni certificherebbe anche sul campo le sensazioni positive raccolte nei 320 minuti fin qui visti. E soprattutto, farebbe intravedere della luce in fondo ad un tunnel che poche volte è stato così buio.
Australia di un altro livello. Ma le note positive non mancano
Questa Australia era davvero di un altro livello per gli Azzurrini, che sono caduti sotto le tre mete del centro Izaia Perese – esattamente il numero di mercature fin qui realizzate con i Reds in Super Rugby – e sotto il dominio della prima linea Wallabies – dove figuravano tra gli altri il pilone dei Western Force Vui e il tallonatore dei Rebels Uelese. Gente insomma abituata ad un livello fisico e ad un ritmo con cui è irreale pensare di rivaleggiare. Ma nonostante il gap finale discretamente ampio, non sono mancate note positive nella prestazione dell’Italia.
Con una mediana in parte reinventata per gli infortuni ai due numeri 9 nei 23, Panunzi e Fontana entrambi futuri giocatori del Reggio, Riccioni e compagni hanno recuperato le due iniziali mete di svantaggio chiudendo il primo tempo a minima distanza sul 14-12. Nel rugby sempre più decisivo sta diventando il terzo quarto perché con sempre maggiore frequenza le vittorie si costruiscono tra l’uscita dagli spogliatoi e l’ora di gioco: dopo aver chiuso la prima frazione in controllo e sull’onda dell’entusiasmo, ancora una volta abbiamo sofferto la pausa subendo le marcature ravvicinate di Perese, Goddard e Tuipulotu che di fatto hanno spezzato il match.
Pensando non solo agli ultimi ’80 minuti ma in generale a tutto il torneo (il migliore di sempre per risultati), a livello generale e di gioco si è notata una precisa idea difensiva che sembra pagare buoni dividendi con la salita rovesciata e l’utilizzo della spia (salvo concedere sanguinosi break quelle volte, poche a dire il vero, che l’attacco riesce a superarla), mentre palla in mano si apprezzano linee di corsa efficaci e un buon uso della seconda linea d’attacco. Bene anche gli offload, talvolta forzati ma comunque tentati. Dove soffriamo molto è nei contrattacchi e nell’uso che le avversarie fanno delle turnover ball che concediamo. La rolling maul deve tornare ad essere un’arma senza se e senza ma, mentre in mischia ordinata Australia a parte il bilancio del Mondiale è positivo tra tallonaggi veloci e seconde spinte.
Per quanto riguarda le individualità, non mancano certo giocatori da tenere d’occhio. Cannone ha buonissime potenzialità, Riccioni ogni partita piazza un grillotalpa da vero leader in momenti di apnea collettiva, D’Onofrio ha gambe, Licata il fisico e l’istinto di liberare le mani a contatto per l’offload. La loro crescita andrà ora sviluppata nei migliori modi possibili perché la sensazione è che da questo gruppo Under 20 possano uscire talenti che hanno tutte le carte in regola per l’Alto Livello.
Nazionale ancora senza idee offensive
7.000 chilometri a sud-est, la Nazionale Maggiore incappava invece nella quinta sconfitta consecutiva contro la Scozia. Una sconfitta netta ed inoppugnabile, come le quattro che l’hanno preceduta. La sfida ha idealmente inaugurato il secondo anno di coach Conor O’Shea sulla panchina della Nazionale italiana, anche se la sensazione sin dal suo arrivo è stata quella di un ruolo di più ben ampia portata e importanza, per portare tutto l’Alto Livello in una nuova direzione. Vittoria contro il Sudafrica a parte, la mano del nuovo corso tecnico in campo non si è ancora vista se non a sprazzi: vero l’assenza dei vari senatori e leader, ma sabato al National Stadium abbiamo visto ancora una volta una squadra con pochissime idee offensive e incapace di creare un numero sufficiente di pericoli alla difesa avversaria.
Non è andata meglio alla Nazionale Emergenti contro l’Uruguay, ma qui il discorso è completamente diverso (giorni di preparazione, giorni di allenamento collettivo, possibilità di amalgamare il gruppo). Comunque, un’altra lampadina del tunnel che avrebbe potuto accendersi e che invece è rimasta al buio.
“Fare alla perfezione due, tre cose”, diceva a gennaio l’ex tecnico Harlequins. Una di queste è la difesa (“Una squadra solida deve avere una grande difesa”), l’altra è combattere e lottare: “Voglio una squadra dura, cattiva, che non regala nulla e contro la quale nessuno gioca volentieri“. Una possibile terza l’abbiamo imparata/intuita e potrebbe essere imparare ad utilizzare il piede in modo efficace sia per uscire dai propri 22 sia per il guadagno tattico. Bene, se ripensiamo alle partite dell’Under 20 in questo Mondiale, possiamo dire di aver visto a tratti quella “squadra che nessuno vuole incontrare” a cui tante volte O’Shea ha fatto riferimento a proposito della Nazionale Maggiore. Una squadra arcigna e cattiva, che prova a sporcare ogni breakdown e che sa farsi rispettare, con un piano e un’idea di gioco precisi (al netto poi di errori e superiorità atletiche e tecniche di avversari come Australia e Nuova Zelanda).
Lo staff tecnico degli Azzurrini ha lavorato a stretto contatto con Stephen Aboud che, come ci ha raccontato coach Orlandi negli ultimi mesi, si è occupato soprattutto di attacco e difesa. Il lavoro del nuovo corso tecnico, come sappiamo, non riguarda solo la Nazionale ma tutto il percorso italiano verso l’Alto Livello: e se a raccoglierne veramente i frutti fossero proprio i ragazzi ora impegnati in Georgia? L’arrivo di O’Shea e Aboud è stato da molti definito provvidenziale: alla luce della qualità della classe 1997/98, lo è forse ancora di più.
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