Si chiude sabato una stagione difficilissima a livello Seniores. Dal drop di Volavola si può solo ripartire
Uno dei peggiori Sei Nazioni di sempre, con zero vittorie e appena 3 complessivi punti conquistati tra Nazionale Maggiore, Under 20 e Femminile, è stato seguito da uno dei peggiori mesi di giugno internazionale. La Nazionale Emergenti torna da Montevideo dove ha chiuso all’ultimo posto la Nations Cup con un punto conquistato nelle tre sfide – tutte perse – contro Uruguay, Namibia e Argentina XV; la Maggiore, dopo aver perso contro Scozia e Fiji, è attesa ora dalla proibitiva sfida contro l’Australia. Unica nota più che positiva l’Under 20, che ha ottenuto il miglior risultato di sempre al Mondiale di categoria terminato in ottava posizione. A livello di gruppo emergente/Seniores, in termini di risultati meglio era andata l’anno scorso (tour molto più abbordabile e vittoria alla Nations Cup contro l’Uruguay), nel 2014 (tre sconfitte nel tour di giugno contro Samoa, Tonga e Giappone – una vittoria alla Tbilisi Cup contro la Spagna), e ancora nel 2013 (tre sconfitte nel tour contro Sudafrica, Scozia e Samoa, vittorie con Argentina XV e Russia alla Tbilisi Cup).
Ma oltre ai numeri, ciò che più è balzato all’occhio nelle ultime settimane è ciò che ha restituito il campo in termini di gioco tra l’Under 20 e le altre due selezioni. Tralasciando l’Emergenti, con cui è troppo diversa la continuità di allenamento e gruppo per poter pensare ad un paragone, anche nei confronti della Nazionale Maggiore si è notata una grande differenza di fondo. Da una parte l’Under 20, con idee precise in attacco e in difesa, una solida conquista in mischia ordinata, giocatori in grado di competere nell’uno contro uno e vincere la collisione, capacità di utilizzare bene e con profondità la seconda linea d’attacco in zona rossa (dopo anni di autoscontri ai 5 metri, ora sembra essere questo uno dei modi migliori per segnare mete). Dall’altra invece, una squadra con poche idee offensive, incapace di imporre il proprio gioco e rendersi pericolosa anche in situazione di dominio di possesso e territorio.
Ci si aspettava di più dall’arrivo di Conor O’Shea in termini di risultati? Considerando chi abbiamo affrontato da novembre ad oggi, probabilmente no anche se la vittoria di Firenze contro il Sudafrica lasciava intendere che sulla carta almeno una tra Tonga o Fiji sarebbe stata battuta. E in termini di gioco? Probabilmente sì, anche se una cosa è da subito stata chiara e chiarita: O’Shea non è qua per centrare un paio di vittorie saltuarie all’anno, ma per costruire nel medio/lungo periodo una squadra – o meglio un movimento – competitiva e capace di tenere testa ad avversari che migliorano di anno in anno. Costruire significa iniziare a fare bene quelle famose due/tre cose di cui spesso ha parlato: la difesa prima di tutto, area su cui si è concentrata moltissima attenzione negli ultimi 12 mesi da parte dello staff e che rappresenta la base della casa ovale. In attesa di inserire altri mattoncini, come gioco al piede e qualche soluzione offensiva.
Certo è che qualità e profondità le conosciamo. La verità è che ad oggi pochissimi giocatori Azzurri entrerebbero nei 23 di una qualunque delle altre nazioni Tier 1 e si contano su una mano quelli che potrebbero ambire ad un posto nei 15. Il piano di gioco di una squadra deve essere logico e cucito attorno ai punti di forza a disposizione: corsa profonda, abilità della linea veloce nell’uno contro uno, offload e ricicli veloci non sono certo fra questi.
C’è poi il blocco Zebre, con giocatori che arrivano da una stagione difficile e logorante dentro e fuori dal campo. Che dopo mesi di incertezze e situazioni che con il professionismo hanno davvero poco a che vedere, devono ritrovare forza e stimoli per scaricare la testa in vista del lungo giugno internazionale. E a proposito, Michael Bradley è al lavoro da un paio di settimane alla Cittadella: ai giocatori a disposizione in gruppo, chiede proprio di pensare solo ed esclusivamente al campo senza farsi influenzare dall’ambiente esterno.
Sabato si chiude contro l’Australia, che non è quella della finale iridata 2015 ma resta un avversario superiore nelle qualità dei singoli prima ancora che nel gioco. Poi terminerà ufficialmente la stagione zero per iniziarne una nuova, in cui necessariamente dovranno arrivare gioco ma anche qualche risultato. In cui i ragazzi dell’Under 20 dovranno confermare il proprio valore in Eccellenza, in cui servirà un sistema permit logico e funzionale alla crescita del giocatore e dove gli atleti delle Zebre siano messi nelle migliori condizioni possibili per svolgere la propria professione di rugbisti. Altrimenti, possiamo anche far affiancare O’Shea da Hansen e Schmidt, ma ci ritroveremmo sempre e solo ad inseguire.
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