Alcune situazioni decisive del primo incontro sulla lavagna tattica. E le indicazioni per sabato dai XV scelti
Cose semplici, ma eseguite alla perfezione e alla massima velocità possibile. La prima sfida della serie tra All Blacks e Lions è andata in scena sabato ad Auckland. Risultato finale 30-15 per i tutti neri padroni di casa, che hanno messo alle corde l’avversario nella ripresa a suon di collisioni, impatti e pulizie veloci. Un piano di gioco chiarissimo quello scelto da Steve Hansen e dal suo staff tecnico: palle allargate centellinate per evitare di subire la difesa rovesciata di cui Te’o e Davies conoscono alla perfezione tempi e meccanismi (riguardare la finale di Pro12 per avere conferma), densità di uomini e intensità di collisioni tra il breakdown e la seconda guardia, pochi isolamenti lontani dalla fonte di gioco statica e dinamica (prima fase e multifase) per evitare di incappare nei grillitalpa dei cacciatori in maglia rossa.
E così, mentre Read collezionava lo stesso numero di ball carries di tutta la terza Lions messa insieme (19) e i suoi compagni pulivano il 97% delle ruck create, il pack in maglia rossa era costretto agli straordinari in fase difensiva. Ad essere impegnati soprattutto Faletau (21), Jamie George (20), Kruis (15) e capitan O’Mahony (13): un compito logorante e che col passare dei minuti ha sfiancato gli uomini di Gatland e in particolare seconde e terze linee, progressivamente sparite dal campo grazie al lavoro ai fianchi delle controparti in maglia nera. Gli ospiti hanno sì placcato meglio (90% contro 86%), ma farlo per tutto la partita e a quei ritmi è un qualcosa di insostenibile.
21 fasi, un calcio di punizione e una meta: la strategia vincente
Prendiamo due azioni che riflettono bene l’idea di gioco impostata da Hansen per far male ai Lions. Il primo breakdown del filmato si genera dopo touche giocata veloce dentro i 15 metri: nei successivi impatti c’è parecchia densità di maglie nere, tanto che nella confusione e senza guardie Kaino riesce a rialzarsi e trovare l’avanzamento; seguono ingresso di Cane che rientra all’interno, pick and go di Retallick e nuovo impatto ancora una volta verso il lato corto, che Aaron Smith – regista vero della manovra All Blacks in questa partita – ha alternato molto bene a quello aperto. La difesa, sotto pressione e costretta a ripiazzarsi ad alta velocità anche per la qualità di sostegni e pulizie, concede il fuorigioco che Barrett converte nei primi 3 punti del match.
Seconda situazione. Da calcio libero Sonny Bill Williams impatta e crea la prima piattaforma per attaccare (5 volte il centro dei Blues è stato usato come carrier da mischia ordinata per impattare a tutta dopo semplicissimi movimenti su Farrell o Teo’o – cose base e vicine alla fonte). Seguono 14 fasi in cui per 11 volte Aaron Smith serve il primo ricevitore in piede, il quale abbassa la testa e con un sostegno entra ad erodere centimetro dopo centimetro. Ancora una volta, il numero 9 Highlanders alterna la direzione di gioco, ma mai e poi mai la scelta è di allargare palla allontanandosi dalla fonte. Un lavoro terribile ai fianchi degli avversari, che dopo 14 fasi di capocciate concedono il fallo. Questa volta Smith allarga sì, ma per battere veloce la punizione dando via all’azione che porterà Taylor in meta.
Gli All Blacks non giocano né bene né male, né in modo spettacolare né in modo noioso. Giocano con un piano di gioco che se ben eseguito porta alla vittoria e quasi sempre questo succede. Loro sono i più forti, i Lions semplicemente i migliori.
Secondo round con nuovi interpreti
Sabato a Wellington va in scena il secondo match, potenzialmente decisivo per assegnare la serie in mano kiwi. La scelta di Gatland di mandare Sexton ad apertura e Farrell primo centro va in direzione chiaramente opposta rispetto al XV di Auckland: meno impatti con Te’o e verosimilmente maggior movimento dell’ovale. Il numero 10 irlandese verrà messo nel mirino dagli avversari (compreso Naholo in prima fase) e seconde e terze linee saranno chiamate a supporto extra. Dopo che all’andata sono mancati ai Lions i fetcher e i giocatori in grado di rivaleggiare nel breakdown anche solo rallentandolo, ecco andare in campo due specialisti come Sam Warburton e Maro Itoje, il cui dinamismo sarà fondamentale per non crollare nella ripresa. In panchina altri due giocatori di enorme esperienza come Stander e Lawes, che fanno rispettivamente del punto d’incontro e della pressione al numero 10 avversario i propri punti di forza.
Alla luce del XV Lions di partenza, c’è ancora maggiore curiosità sul piano di gioco scelto. Sexton è un giocatore che per distribuire creando volume di gioco ha bisogno di palloni, che dovranno essere garantiti in fase di conquista.
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