Verso il secondo e potenzialmente decisivo Test tra Lions e All Blacks. Rischi e opportunità della cerniera Sexton-Farrell
L’all-in di Warren Gatland arriva intorno alle due e mezzo del mattino, ora italiana. Dall’altra parte del mondo siamo intorno all’ora di pranzo e l’head coach dei British & Irish Lions ha appena annunciato al mondo ovale, specialmente quello sveglio, la sua formazione per il secondo e decisivo test della serie contro gli All Blacks: Maro Itoje prende il posto del compagno di club George Kruis, Sam Warburton prende il posto di Peter O’Mahony, che siederà in tribuna essendogli stato preferito in panchina CJ Stander, ma soprattutto sarà Jonathan Sexton a vestire la maglia numero 10, con Owen Farrell dirottato a numero 12, così come avviene nell’Inghilterra di Eddie Jones. A proposito, la percentuale di vittorie internazionali del giocatore Saracens è del 95% quando parte primo centro e del 56% quando parte apertura…
E’ una scelta radicale e inaspettata, quella di Gatland, che finora ha schierato simultaneamente i due in rare occasioni, fra cui parte della vittoria contro i Crusaders e l’ultima parte del primo test, per un totale di 74 minuti, con risultati non entusiasmanti. Sappiamo che Warren Gatland non è nuovo a scelte difficili in momenti di grande pressione: quattro anni fa in Australia decise di lasciare fuori dall’ultimo test contro gli Wallabies Brian O’Driscoll, preferendogli Jonathan Davies. La scommessa quattro anni fa fu vinta, e lodata. Questa volta si tratta di un altro paio di maniche: la Nuova Zelanda di oggi è un avversario neanche paragonabile a quella Australia zoppicante, la pressione è significativamente alta, e la decisione di Gatland è una di quelle pesanti.
Perché
Nel primo test, i Lions hanno chiaramente avuto la possibilità di rimanere attaccati alla partita, giocandola da protagonisti nel periodo a cavallo dell’intervallo. Dopo la bellissima meta di O’Brien nel primo tempo, all’inizio del secondo hanno fatto fuoco e fiamme con Liam Williams, Elliot Daly e Anthony Watson a causare immensi problemi. Tornati indietro da quel momento di dominio senza neanche un punto, i Lions sono andati sotto quando invece gli All Blacks hanno segnato una meta alla prima occasione disponibile.
Il gioco offensivo al di là dei pericolosi contrattacchi del triangolo allargato, però, ha latitato. Lo scopo di Warren Gatland nel selezionare Sexton e Farrell in cabina di regia è quello di azionare in maniera più facile e frequente i giocatori all’esterno, fra i quali va contato anche Jonathan Davies, una minaccia costante durante il primo test. Sotto di uno a zero, l’head coach ha ideato una squadra con intenzioni più propositive, sfidando gli All Blacks a tutto campo, sul terreno di un rugby espansivo, sulla falsariga di quanto fatto dall’Irlanda a Chicago sette mesi fa.
Ben Te’o è stato uno dei migliori giocatori del tour e uno dei più valorosi sconfitti del primo test, riuscendo a limitare al massimo Sonny Bill Williams. L’ex giocatore di league non viene ricompensato per la sua prestazione, ma trova spazio in una panchina pensata per avere un impatto maggiore sulla partita rispetto a quella del primo test, risultata infine deludente. Te’o sarà utilizzato allo stesso modo di quanto fatto da Eddie Jones con l’Inghilterra al Sei Nazioni, e la scelta di portare in panchina CJ Stander, Courtney Lawes e Jack Nowell deve essere letta nello stesso senso.
Altro motivo tattico che ha spinto Gatland alla scelta del doppio playmaker è la necessità di avere qualcosa in più nella battaglia al piede, dove gli All Blacks hanno a sorpresa avuto la meglio sabato scorso. Essendo stata l’occupazione del territorio avversario una delle chiavi della vittoria neozelandese nel primo test, Gatland vuole cercare di invertire la rotta andando a giocare nel campo avversario. Soprattutto se le condizioni metereologiche sono quelle previste (tanta pioggia), un piede in più sarà sicuramente utile.
I rischi
Primo test: sulle conseguenze del calcio d’inizio del secondo tempo, gli All Blacks si trovano a giocare una mischia al limite dei propri ventidue metri. Aaron Smith apre il pallone dalla base della mischia ordinata a Sonny Bill Williams, che carica la linea. Ben Te’o capisce subito che Williams terrà la palla, si ferma e aspetta l’avversario, sua nemesi e rivale: gran placcaggio, di poco oltre il limite della regolarità, sanzionato con un calcio di punizione contro, ma simbolo della fisicità e della vittoria del duello individuale da parte del centro della nazionale inglese sul suo corrispettivo All Black. Sarà Owen Farrell in grado di replicare un’importante prestazione difensiva come quella di sabato scorso, dovendo affrontare Sonny Bill Williams?
Sappiamo quanti danni possa causare il numero 12 neozelandese quando non adeguatamente arginato, con le sue cariche e i suoi offload, e lo sanno bene anche i Lions: avete presente la meta dei Blues che ha deciso uno dei primi warm-up?
Altro problema: se mettiamo insieme i minuti giocati finora da Sexton e Farrell se ne contano, come detto, 74. Se si include nell’equazione anche il numero 13 Jonathan Davies, il totale scende a 23. E’ una cifra molto bassa per andare a giocarsi la partita decisiva della serie, e in particolar modo perché non è mai sembrato che Gatland gradisse molto la configurazione del doppio playmaker, preferendo rimanere ancorato a un primo centro di impatto (se non Te’o, Robbie Henshaw, che però tornerà a casa domenica a causa di un infortunio patito contro gli Hurricanes). Quanto è stata sofisticata la preparazione del duopolio Sexton-Farrell e quanto invece è una scommessa? Ricorda per molti versi la decisione dell’allora head coach Clive Woodward di far giocare contemporaneamente Stephen Jones e Jonny Wilkinson nel 2005, non proprio con risultati eccellenti.
La scelta di Gatland è una scelta positiva: cerca di prendere in mano il timone della partita prendendo per primo una decisione, portando un aggiustamento alla sua prima convinzione, cercando qualcosa in più dal punto di vista offensivo rispetto al primo test. Una mossa indubbiamente coraggiosa, e indubbiamente con una ratio a sostenerla, con cui si può essere d’accordo o meno. Restano dei grossi punti di domanda sul fatto che questa scelta possa essere la migliore per questa squadra: davvero affrontare gli All Blacks a viso aperto incrementa le possibilità di successo?
di Lorenzo Calamai
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