Intanto la questione Zebre tiene sempre più banco. I ducali ci saranno la prossima stagione?
Fosse una questione di competitività puramente sportiva, il Super Rugby avrebbe tagliato i Sunwolves. Ma ormai è chiara la strada intrapresa dai gotha della palla ovale, in un’era in cui l’espansione commerciale sembra essere la reale discriminante per il successo futuro del rugby, che ha conosciuto negli ultimi anni trasformazioni e cambiamenti di portata epocale: l’ingresso dell’Argentina nel Championship prima e nel Super Rugby poi assieme al Giappone, il ritorno del rugby nella versione Seven alle Olimpiadi, la Cina che investe con forza nella disciplina ovale e via dicendo. E di fronte alla strapotenza dei presidenti delle squadre francesi e ad una Premiership sempre più competitiva e che sbarca Oltreoceano, il Pro12 si è trovato nella scomoda posizione di doversi inventare qualcosa.
Anche perché se la sfida in campo ancora regge, fuori non c’è gara in termini di appeal commerciale e televisivo: se i diritti di trasmissione del Top 14 per il periodo 2019-2023 resteranno ancora a Canal+ in cambio di 97 milioni di euro a stagione nelle case della LNR (che ridistribuisce ai club), la cifra annua del Pro12 non dovrebbe superare i 15 milioni a stagione. Ma l’ingresso del Sudafrica nell’ex torneo celtico, anticipano i media britannici, porterà quasi ad un raddoppio della cifra. E poco importa se ad essere coinvolti saranno Kings e Cheetahs, che negli ultimi anni si sono spartite le ultime posizioni sudafricane del Super Rugby e che, almeno per quest’anno, non potranno partecipare con la squadra del Super Rugby (la lista giocatori dovrebbe essere aperta con quella della Currie Cup, che inizia il 21 luglio e termina il 28 ottobre, a Pro12 o come si chiamerà iniziato; l’annuncio ufficiale dell’ingresso è atteso nel fine settimana, dopo che Cheetahs e Kings giocheranno – ironia della sorte una contro l’altra- l’ultima loro partita nel Super Rugby). La competitività reale, o almeno quella dal peso specifico maggiore, resta fuori dal rettangolo verde. Ed è qui che dobbiamo iniziare a preoccuparci.
Se da questo punto di vista il Sei Nazioni resta un sancta sanctorum a cui ancora abbiamo accesso, la situazione è radicalmente diversa nel gradino immediatamente sotto alla Nazionale, quello occupato dalle franchigie. L’ingresso nel Pro12 è evidente che – tassa a parte – abbia portato molto poco al Board celtico: che sogna i contratti di BT Sport e Canal+, ma intanto ne ha viste dal nostro paese di ogni colore tra vicissitudini televisive, fallimenti e situazioni che con il professionismo non hanno nulla a che vedere. E se in campo potremmo anche continuare a non portare risultati, la sensazione è che la partita più importante riguardi risultati diversi da quelli sportivi, dove le cose non vanno meglio.
L’Italia deve partecipare al Pro12 per altre due stagioni. Lo dice un contratto, ma ormai abbiamo imparato che di fronte alla spada di Damocle dei soldi le cose scritte valgono fino a un certo punto: anche il contratto dei Cheetahs con la Federazione sudafricana per partecipare al Super Rugby vale, o meglio varrebbe, fino al 2020. Dopo quella data anche per noi le cose potrebbero cambiare. Del resto, sette anni di Pro12 hanno ampiamente dimostrato che non disponiamo delle risorse umane ed economiche per sostenere due squadre celtiche competitive. A questo punto la strada potrebbe essere quella “argentina” con un’unica franchigia e un domestic rinforzato: si restringerebbe ulteriormente la selezione per la Nazionale, ma se la priorità è trovare competitività e qualità nelle franchigie per poi portarla alla Nazionale, l’unica soluzione sembra questa.
Intanto, domani a Roma si incontreranno FIR e Pro12. Sul tavolo la questione Zebre: i ducali saranno iscritti al torneo che inizierà tra circa due mesi? La domanda se la pone Il Gazzettino e la risposta non sembra scontata. Voci di una possibile mancata iscrizione sono arrivate da più direzioni anche ad OnRugby. Le alternative un Pro13 – scrive il quotidiano veneto – oppure un Pro12 – aggiungiamo – dovessero iscriversi almeno per il primo anno solo i Cheetahs e non i Kings. Giorni decisivi, in cui il Board potrebbe metterci con le spalle al muro.
Martedì scorso si è tenuta in Cittadella l’Assemblea dei Soci: una parte di questi – rappresentanti il 45% e tra cui figurano anche Dondi e Reverberi – hanno duramente attaccato il CdA privato ponendo una serie di questioni. Secondo quanto apprende OnRugby, il gruppo si sarebbe anche fatto avanti con la FIR per rilevare la società con l’immissione di capitale privato, a patto che l’attuale CdA si facesse da parte. Ma tutto sembra essere in stallo e il futuro dei ducali è sempre più in bilico. Siamo al 10 luglio, quasi nessun collaboratore dello staff è sotto contratto e il tempo stringe.
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