British & Irish Lions: top e flop del tour neozelandese

I fedelissimi gallesi, il doppio play ma anche una prima linea che ha sofferto

British &  Irish Lions rugby

ph. Reuters

Sono passati tre giorni dalla fine del Tour dei Lions in Nuova Zelanda, conclusosi con un clamoroso pareggio nella serie, eppure l’eco di questa trasferta non si è ancora spento. Fra note positive e note negative, Warren Gatland e i suoi sono riusciti a giocarsela su tutti i fronti contro i campioni del mondo. Ecco quali sono stati i Top & Flop della spedizione britannica.

 

TOP

1) I “Fedelissimi” di Warren Gatland

Liam Williams, Jonathan Davies, Rhys Webb, Taulupe Faletau, Sam Warburton, Alun Wyn Jones. Dopo il tour vittorioso in Australia, di quattro anni fa, la parte “Made in Galles” dei Lions non ha tradito ancora una volta il suo tecnico.
Dal carisma del capitano Sam, all’estremo “di contingenza Williams” (visti gli infortuni di Hogg e i problemi di condizione di Halfpenny), senza dimenticare l’avanti più performante della serie Faletau (76 placcaggi, 173 metri, 4 break e 14 difensori battuti, oltre ad 1 meta) e quel Jonathan Davies MVP dell’intero tour dei britannici e pedina fondamentale nel sistema difensivo.

 

2) Warren Ball, ma anche “Eddie Jones Style”

Gatland si è dimostrato fedele ai suoi principi di allenatore, ma ha capito che c’erano degli accorgimenti tattici da prendere. Il doppio playmaker, sull’asse Sexton-Farrell, è stata una delle chiavi fondamentali del risultato finale. Nella seconda partita in particolare, quella vinta dalla compagine in maglia rossa 21-24, la collaborazione fra l’apertura irlandese ed il centro inglese ha propiziato le mete ed i punti decisivi per avere ragione degli All Blacks.

 

3) Maro Itoje “Fatti…e parole”

Beato chi lo può schierare nella propria squadra. Il focus sul classe ’94 è d’obbligo. Dopo il primo test passato per una lunga parte in panchina, il seconda linea si è preso di forza la maglia da titolare per non lasciarla più. Spesso gioca al limite del regolamento, a volte commettendo anche qualche fallo di troppo come in gara 2, ma le sue azioni sono sempre incisive e volte ad aiutare i compagni; che spesso carica facendosi sentire in maniera fragorosa con la sua voce.

 

 

FLOP


1) Mako Vunipola e tutta la prima linea

Alla vigilia del trittico di partite ci si aspettava molto, ma molto di più da un reparto che nell’arco dei 240’ è andato in grave crisi. Le prestazioni negative di Mako Vunipola, ne sono un po’ l’emblema generale, anche se non è da sottovalutare pure la situazione dei tallonatori: con Dilan Hartley lasciato a casa, probabilmente più per motivi disciplinari che tecnici, il quadro delineatosi non è stato dei migliori. Jamie George, Ken Owens (il cui errore poteva costare una sconfitta sanguinosissima) e l’esperto Rory Best non si sono dimostrati all’altezza dell’impegno pagando dazio ai pari ruolo neozelandesi Codie Taylor e Nathan Harris, che a loro volta sostituivano il titolare nel ruolo Dane Coles.

 

2) Le gestioni della superiorità numeriche

Quando i britannici si sono trovati a gestire ampie finestre di gara o sprazzi di partita in superiorità non si può dire che l’abbiano fatto in modo ineccepibile, anzi. E’ vero che contro c’era la nazionale più forte del mondo, ma il saldo nei complessivi sessantacinque minuti di gioco (55’ di gara 2 + 10’ di gara 3) è solo di +6. Un aspetto certamente poco incisivo e che se fosse stato anche di poco migliorato avrebbe magari potuto consegnare anche la vittoria assoluta nella serie.

di Michele Cassano

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