Il talento più brillante dalla vittoria della RWC potrebbe portare il gioco All Blacks ad un livello ulteriore
Jordie Barrett è il nome del momento. Dopo aver esordito in maglia All Blacks a metà giugno, giocando uno scampolo della netta vittoria della nazionale neozelandese su Samoa nel match di preparazione alla serie coi Lions, il fratello del mediano di apertura Beauden si è guadagnato la promozione a titolare con la maglia di estremo nell’ultimo e decisivo test, finito poi in pareggio.
Una partita che il giovane ha interpretato con serenità e coraggio, come lo studente che affronta in scioltezza un esame perché sa di essere preparato. Barrett il giovane ha fornito in quella occasione l’assist per la prima marcatura torreggiando sopra Elliot Daly, per poi andare a marcare la seconda meta, brillantemente servito in campo aperto da Anton Lienert-Brown. In mezzo a questo, ha mantenuto serenità e composure sotto il fuoco della batteria di calciatori dei Lions, che lo hanno continuamente testato sui palloni alti.
Con la recente ufficializzazione che Ben Smith non giocherà i prossimi incontri della Nuova Zelanda, prendendosi una pausa prestabilita almeno dal rugby internazionale che durerà fino al prossimo giugno, ci sono concrete possibilità che Jordie Barrett sia la prima scelta a numero 15 per il prossimo Rugby Championship e i Test Match di novembre. L’unico in grado di fargli concorrenza sembra essere il più esperto Israel Dagg, uno dei luogotenenti a cui Hansen non piace rinunciare, ma che già in altre occasioni è stato dirottato all’ala per far posto a un estremo con maggiori doti di pericolosità offensiva.
Nehe Milner-Skudder non è mai rientrato nello stato di grazia del 2015 e in nazionale non è mai stato molto considerato come estremo. Damian McKenzie è una alternativa molto affascinante, ma lo staff sembra ritenerlo un gradino inferiore agli altri, probabilmente soprattutto per ragioni fisiche, che si esasperano a livello internazionale. Non è un mistero, inoltre, che lo staff tecnico dei tuttineri lo consideri più un mediano di apertura che un’estremo.
Nonostante questa autostrada che porterebbe dritto ad un indirizzamento di Jordie Barrett verso lo spot di estremo, ci sono dei motivi per sostenere che il ragazzo dovrebbe essere inquadrato per diventare il prossimo numero 12 degli All Blacks, ruolo che per altro ha a lungo ricoperto con Canterbury e con l’under 20 degli All Blacks. Ecco quali sono questi motivi.
Primo: ha la visione di gioco adatta per poter essere un second five-eight ideale
In un gioco strutturato come quello degli All Blacks, avere un primo centro dotato tecnicamente e in grado di elaborare soluzioni veloci, con gli istinti e la visione di gioco di un playmaker, è essenziale per spostare il gioco da una parte all’altra. Il fratello Beauden, peraltro, ama caricare la linea in prima persona assorbendo due difensori e avere al suo esterno un organizzatore di gioco in grado di giocare al massimo dell’efficacia la fase successiva è un plus di non poco valore.
Secondo: è grosso
Dallo schermo televisivo non sembra, ma i fratelli Barrett sono entrambi giocatori dall’impatto fisico non trascurabile. Entrambi superano il metro e novanta e i novanta chili di peso, che alle velocità raggiunte da entrambi diventano più impattanti. Ricordo di essere rimasto sorpreso dalla capacità, durante uno dei test match dei Lions, di Beauden Barrett di mettere in difficoltà il possesso di palla avversario in una ruck dove un giocatore di mischia stava presidiando l’ovale. Il giovane Jordie è più alto e più grosso del fratello, e le sue dimensioni fisiche, destinate peraltro ad aumentare di qui a breve, gli consentono di essere efficace a tutto tondo: quando si trova a fare il lavoro sporco di pulire un raggruppamento così come quando, senza subire l’impatto con un avversario, riesce a liberare il pallone con un offload. In questo modo unisce due delle caratteristiche distintive dei due giocatori che in questo momento sono davanti a lui nelle gerarchie del ruolo: Ryan Crotty e Sonny Bill Williams.
Terzo: è un giocatore multiskilled
Sviluppare Barrett nel ruolo di numero 12 è un’eventualità davvero golosa per Hansen: si tratta di mettere in mezzo al campo un giocatore che, una volta completata la sua formazione, diventerà molto probabilmente un primo centro pronto a raccogliere l’eredità degli Aaron Mauger e dei Ma’a Nonu, portandola ad un livello ulteriore. Un giocatore, quindi, che unisce alla dimensione della prestanza fisica quella di un livello tecnico sopra la media, una grande capacità di playmaking e un piede tattico utilizzabile all’occorrenza. Un giocatore capace di giocare negli spazi allargati, di far correre il pallone all’esterno come di attaccare in verticale per cercare il riciclo per i compagni.
In definitiva, la tesi di Jordie Barrett come prossimo primo centro degli All Blacks potrebbe rimanere solamente una fascinazione, un volo pindarico della fantasia ovale. In questo momento gli All Blacks hanno più bisogno di solidità nel ruolo di estremo, dove dietro Smith ci sono solo Dagg e lo stesso Barrett, che di un primo centro, dove con Crotty e Williams si sta facendo largo anche Ngani Laumape. In un’ottica di medio-lungo periodo, però, Barrett potrebbe essere assai più utile recuperando il ruolo che lo ha portato nel Super Rugby, portando una nuova dimensione al gioco della nazionale più forte del mondo.
di Lorenzo Calamai
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