Wallabies che devono ritrovarsi, Pumas per trovare continuità nelle prestazioni
Inizia sabato da Sydney l’edizione 2017 del Rugby Championship, il torneo internazionale più atteso dell’Emisfero Sud. Dopo Nuova Zelanda e Sudafrica, analizziamo ora il torneo che attende Australia e Argentina.
Australia: alla ricerca della condizione (e del gioco) del 2015
A che punto si trova il rugby australiano? Non buono, né dentro né fuori dal rettangolo verde dopo la Federazione è alle prese con un crollo dei partecipanti e con la questione Super Rugby. Il taglio dei Force non è stato preso bene nella parte Ovest del paese, la franchigia di Perth ha vinto il primo round in tribunale e per la ARU si aprirà una lunga pagina giudiziaria che verosimilmente avrà i propri strascichi anche in campo. E sì che i Wallabies arrivavano dal secondo posto al Mondiale 2015 e dal secondo posto nel ranking…
Dal 30 ottobre di due anni fa, giorno della finale iridata persa contro la Nuova Zelanda, lo score dice più sconfitte (10) che vittorie (8). Il tabellino delle ultime 5 partite riporta due soli e poco convincenti successi, a giugno contro Fiji e Italia, e sconfitte con Irlanda, Inghilterra e Scozia. E adesso ci sono da affrontare i marziani in maglia nera, il Sudafrica in forte ripresa e un’Argentina ormai avversario sempre tosto.
Mischia e titolari fissi: le incognite di Cheika
Dove stanno i problemi di Cheika? Innanzitutto lì davanti. Perché senza una mischia in grado di imporsi e dominare, serve poco avere a disposizione classe, talento e gambe per correre nei trequarti. La vera chiave delle sfide Wallabies contro le altre tre rivali si giocherà proprio in sede di conquista, avanzamento e pulizia del brakdown. Più i primi 8 uomini sapranno imporsi e più Hooper e compagni potranno sperare di strappare qualche successo nel corso del torneo.
Per quanto riguarda la linea veloce, c’è poi un problema di continuità. Cheika ancora non ha trovato quella che potremmo definire una formazione tipo: attorno alla stabile mediana Foley-Genia si sono avvicendati tantissimi centri (Hunt, Horne, Kuridrani, Hodge, Kerevi e ora Beale – vedi sotto) e diversi interpreti del triangolo allargato dove il solo Folau ha indossato stabilmente una delle tre maglie a disposizione. L’assenza dei vari Giteau e Ashley-Cooper si fa ancora sentire.
Una scommessa chiamata Beale
E non è un caso che sabato contro gli All Blacks proprio all’ala vi sarà un’esordio, quello di Curtis Rona. L’altra grande novità è il ritorno sul palcoscenico internazionale di Kurtley Beale, che per la prima volta dalla finale iridata 2015 torna a vestire la maglia Wallabies e lo fa da primo centro. Una vera e propria scommessa, anche perché l’impiego a numero 12 suggerisce un utilizzo da doppio play che ultimamente in casa Australia non ha regalato grosse soddisfazioni. Nel pack Hooper sarà chiamato ai soliti straordinari sul breakdown per tentare di rallentare e contestare il possibile. Ma la sensazione è che contro la fisicità Springboks e il ritmo All Blacks sarà davvero dura.
Cosa aspettarsi dai Pumas?
La nazionale sudamericana non sembra essere ancora in grado di uscire da quel limbo che la pone come la principale pretendente al quarto ed ultimo posto in classifica. Non che sia necessariamente un problema (almeno per il momento), visto che i Pumas sono al sesto anno di Rugby Championship e sono nel pieno della loro lunga rincorsa alle tre regine dell’Emisfero Sud – e sappiamo quanto sia difficile cambiare le gerarchie nel rugby di primo livello. Dal momento del loro ingresso nel torneo, l’Argentina ha compiuto importanti passi in avanti sul piano tecnico e strutturale con regolarità, senza toccare dei picchi di assoluta eccellenza ma senza nemmeno mostrare alcun cenno di presunte involuzioni (dal 2014 è sempre arrivata almeno una vittoria per edizione). Nelle ultime stagioni, con l’ingresso dei Jaguares nel Super Rugby, la franchigia sudamericana ha inoltre sperimentato un gioco più spregiudicato e meno conservativo che Hourcade ha naturalmente adattato anche alla propria Nazionale, aumentando il tasso di imprevedibilità di una squadra dalla tecnica di base molto elevata.
Oltre gli stereotipi: i Pumas non sono solo garra e forza di volontà, ma anche molto altro. Vedere per credere.
L’altra faccia della medaglia, tuttavia, ci racconta anche di una serie di lacune fin troppo evidenti dei Pumas, diventate quasi un marchio di fabbrica dei sudamericani e che ne rallentano il processo di crescita: poca continuità nel corso degli ottanta minuti, scarsa attenzione in difesa e soprattutto un’indisciplina davvero troppo marcata. Pregi e difetti dei Pumas, insomma, sono ben definiti e rintracciabili nel loro gioco, per cui è lecito attendersi una versione dell’Argentina vicina a quella ammirata contro l’Inghilterra B nei due Test Match di giugno, capace di creare molto ma anche di concedere altrettanto. I ‘favoriti’ per il quarto posto restano loro, sebbene la situazione difficile dell’Australia e le incognite di un Sudafrica in ripresa potrebbero anche creare i presupposti per un torneo di assoluto livello, anche dal punto di vista dei risultati e non solo delle prestazioni.
Giocatori chiave e volti nuovi
L’unico uncapped convocato da Hourcade è Batista Ezcurra, centro 22enne che ha disputato anche le Olimpiadi di Rio 2016 con la Nazionale di Sevens. Ezcurra ha debuttato in questa stagione con i Jaguares, ma difficilmente troverà molto spazio in un reparto dove la coppia formata da de la Fuente e Orlando (con Moroni come prima alternativa) è ormai ben collaudata e si sta avvicinando al prime della loro carriera. In terza linea non ci sarà Facundo Isa visto il suo trasferimento in Europa – ed è una perdita pesantissima -, ma il reparto è sufficientemente coperto con l’esplosività di Tomás Lezana e la completezza di Pablo Matera. Un altro reparto di sicuro affidamento è la seconda linea con Petti, Lavanini, Alemanno e Kremer, tutti e quattro Under 25; Lavanini in particolare, tuttavia, sarà chiamato a frenare la sua irruenza, come del resto un po’ tutta la squadra.
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