Dopo due terzi delle gare in calendario, qual è lo stato di salute di ogni singola formazione
Superato il quarto turno di gare, il Rugby Champioship è pronto a vivere la sua fase finale quella con le ultime sfide in programma. Le otto partite giocate fin qui, hanno rivelato i punti di forza e quelli deboli delle migliori quattro squadre dell’Emisfero Sud, che da novembre poi saranno impegnate nei test match autunnali contro le squadre dell’Emisfero Nord.
Nuova Zelanda
Cosa va: o in maniera scintillante, nell’esordio esterno 34-54 contro l’Australia o nell’ultima apparizione chiusasi 57-0 contro il Sudafrica, o facendo fatica, nel 35-29 interno contro i Wallabies o nel 39-22 nella sfida che li vedeva opposti ai Pumas, i campioni del mondo riescono sempre a portare a casa le partite dove sono impegnati.
La profondità della rosa da cui Hansen può attingere è immensa e qualitativa in quasi tutti i ruoli del campo. A meno di improbabili sorprese saranno ancora Read e soci a vincere il trofeo.
Cosa non va: Hansen e lo staff tecnico hanno ammonito più volte il gruppo da cali di tensione mentale e imprecisioni tecniche. Prima di sfoderare la “partita perfetta” contro il Sudafrica, i Tutti Neri si sono mostrati per vulnerabili nelle sfide interne contro Australia e Pumas mostrando alcune difficoltà.
Sudafrica
Cosa va: nonostante il ko di dimensioni eccezionali che ha inevitabilmente ridimensionato gli entusiasmi, decretando la sconfitta più ampia nella storia sudafrica (57-0), la squadra di Coetzee nel corso del torneo è parsa comunque in risalita rispetto al terribile 2016.
Nell’intelaiatura dei due volte campioni del mondo, chiaramente non al livello degli All Blacks, iniziano a trovarsi dei riferimenti solidi e l’idea di giocare un rugby più aperto e meno legata alla battaglia fisica, nelle fasi statiche, sembra iniziare a fornire i suoi dividendi. La vera prova del nove, a questo punto, diventa il prossimo match interno contro l’Australia.
Cosa non va: i cambi di cui la squadra dispone non sono tanti e qualitativi come sarebbe lecito attendersi, in linea teorica. L’attenzione poi va spostata sulla tenuta psicologica: il gruppo sarà in grado di reagire ad una batosta di queste dimensioni?
Australia
Cosa va: tirando le somme, la squadra di Cheika nel torneo ha sbagliato largamente una sola partita. L’ottima prova in casa della Nuova Zelanda, con la vittoria sfuggita per un nulla, il pareggio (23-23) contro il Sudafrica e la prima vittoria nella manifestazione colta contro l’Argentina, hanno probabilmente rinfrancato il morale di una truppa che da giugno ad oggi non ha certamente vissuto il suo periodo migliore. E poi c’è un pack di avanti che è fra i più forti al mondo considerandone anche la completezza in tutte le aree del gioco in cui è chiamato a presenziare.
Cosa non va: più che problemi di campo, legati comunque anche in questo caso ad una rotazione non troppo profonda e di livello assoluto, forse l’Australia vive problemi legati alle politiche federali. Cheika non si trova in un momento non proprio idilliaco a livello di rapporti con i vertici della ARU, il taglio nel Super Rugby delle due franchigie e la diminuzione del bacino da cui attingere per la crisi del rugby union sull’isola oceanica sono cose che possono distogliere un po’ di attenzione in vista dello sprint finale.
Argentina
Cosa va: la squadra sudamericana, in tutte le occasioni, ha sempre disputato dei primi tempi all’altezza, se non al di sopra, delle aspettative mettendo in mostra un rugby istintivo, ma ragionato fatto di dinamiche e tempi di gioco tipiche della nazionale argentina.
Cosa non va: in primis sembra mancare tenuta fisica ai ragazzi di Hourcade che per giocare a questi livelli costantemente sembra debbano spremersi al massimo peccando poi di lucidità. Le conseguenze quindi portano ad una severa indisciplina, già punita nel torneo con numerosi gialli e persino un cartellino rosso. La domanda poi sull’utilità dei Jaguares nel Super Rugby sembra essere una Spada di Damocle su tutto il movimento, in questo momento storico: la franchigia sta diventando un imbuto stretto dove crescono solamente pochi giocatori di qualità o potrà portare dei benefici in ottica futura perchè questi ultimi saranno sempre abituati a giocare ad un livello superiore? Ai posteri l’ardua sentenza, per ora di fatto la casella dei punti fatti è ancora ferma a zero.
di Michele Cassano
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