Abbiamo intervistato il tecnico dei cremisi. Con cui parliamo anche del capitolo Zebre
Dopo l’avventura alle Zebre, conclusa a metà della scorsa stagione, Gianluca Guidi è tornato in Eccellenza per iniziare alle Fiamme Oro un nuovo capitolo del proprio percorso da allenatore. Alla vigilia della prima giornata di Eccellenza, che per i cremisi prenderà il via sabato 23 settembre davanti al pubblico amico contro Mogliano, abbiamo intervistato il tecnico livornese.
Coach, l’impatto con le Fiamme Oro com’è stato?
Ho trovato un bel progetto e la possibilità di lavorare su un orizzonte temporale lungo, cosa che fa sempre molto piacere. Abbiamo a disposizione una buona stoffa, ma è necessario cucire con e attorno a essa un bel vestito. Le qualità non mancano, dobbiamo mettere in campo un progetto di gioco in grado di esaltarle.
Avete iniziato la preparazione già a metà luglio. Volevi prendere confidenza con la squadra?
Aggiungiamo anche la settimana di ritiro a Spoleto, dove abbiamo lavorato molto bene dentro e fuori dal campo. E’ stata una settimana di sport e vita, stare assieme è piacevole: e squadre che vivono bene performano bene.
Dal punto di vista del gioco e della società che ambiente hai trovato?
Non certo ad un brutto punto e la classifica della scorsa stagione lo dimostra. Abbiamo cercato di lavorare mettendo i giocatori in condizione di serenità, facendo sì che le qualità individuali vengano messe a disposizione del collettivo. Mi piace l’applicazione dei ragazzi, il senso di responsabilità. E ho trovato una società forte, con una struttura piramidale chiara: una scala gerarchica da cui mi sento protetto e che ti mette nelle condizioni di lavorare bene.
Ti ricorda niente?
Per esperienza personale vedo molte similitudini con Calvisano. Giocatori giovani che vogliono togliersi delle soddisfazioni, competenza e pertinenza tecnica e umana dei cosiddetti senatori, una struttura societaria importante. E in più l’orgoglio e il senso di responsabilità che derivano dall’indossare la divisa delle Fiamme Oro e i valori che rappresenta.
Che squadra vedremo in campo?
Più che piano mi piace parlare di stile di gioco. Una squadra abrasiva, che avanza con e senza palla, in grado di mettere pressione fin dalla conquista. Questo mi piacerebbe. I ragazzi stanno rispondendo, penso che dobbiamo badare molto a noi stessi e rimanere concentrati sul percorso più che sul traguardo. E in questo percorso cercherò di mettere a frutto tutta la mia esperienza passata.
E allora facciamo un passo indietro. Cosa ti porti dietro dal capitolo Zebre?
E’ stata una grandissima esperienza, che mi rimarrà sempre addosso soprattutto per quanto riguarda il primo anno: alcuni successi, una squadra capace di rendere complicata la vita a tutti. La seconda stagione deve invece essere di monito: quando non vi è uniformità di obiettivi tra squadra e società succede ciò che è successo. Qui alle Fiamme Oro ho trovato una struttura societaria chiara e definita, con uno stile e una cultura ed è un bell’andare.
Cosa è cambiato dal primo al secondo anno?
Le mie Zebre del primo anno avevano tutto. E non parlo solo delle vittorie ottenute, parlo di ambiente positivo, allineamento delle esigenze tra la società, lo staff e lo spogliatoio. Con Victor (Jimenez, ndr) e Fabio (Roselli, ndr) c’era grande sinergia. Poi qualcosa si è rotto, ma resta un’esperienza molto importante come lo è stato Calvisano e come è qui alle Fiamme Oro.
La cosa più importante che hai imparato?
In una società l’affiatamento tra componenti porta serenità, e la serenità si riverbera sul modo di lavorare. Ed è anche più facile affrontare i momenti difficili, perché ti muovi in una gerarchia precisa, condividi le scelte, fai le cose con logica.
“A me chi ha insegnato ad allenare in Pro12?” parole di Umberto Casellato dello scorso marzo. Che ne pensi?
Ritengo la formazione fatta con il percorso federale esaustiva.
Da gennaio ad oggi hai staccato con il rugby?
Intanto ho fatto il papà e sono stati mesi enormemente appaganti dal punto di vista familiare e umano. Ho incontrato molti amici, quelli veri, che mi sono stati vicini in un momento comunque difficile. Una persona tengo a nominare pubblicamente: Pasquale Presutti, con cui c’è stato tanto dialogo. Abbiamo parlato delle nostre squadre ma non solo, e per me è stato un confronto molto importante. Avere vicino persone così è bellissimo. Poi ovviamente mi sono concentrato sul costruire il progetto Fiamme Oro.
Torniamo al presente. Avete parlato di obiettivi?
Pensiamo molto giornata dopo giornata, anche perché iniziamo con Mogliano, Rovigo, Calvisano e Reggio Emilia. Ci concentreremo molto su questo primo blocco di partite. E poi c’è il Trofeo Eccellenza, che è un obiettivo stagionale.
Sulla carta il torneo si preannuncia più livellato verso l’alto…
Il fatto che non ci siano partite scontate è un bene. Giocare a Firenze, Mogliano, in casa Lazio o a Reggio sarà durissima per tutti. Ogni settimana per noi allenatori e per i ragazzi sarà ricca di contenuti e questo non può che essere un bene per il campionato.
Sabato non avrete Licata, impegnato con le Zebre in Sudafrica
Siamo molto contenti per le soddisfazioni che si sta togliendo. Penso che giocare in casa Cheetahs o a Swansea in casa Ospreys sia un percorso di crescita enorme. Il ragazzo viene da un grande Mondiale Under 20, ha enorme fisicità. Forse è un po’ “primitivo” nel modo di giocare, ma è molto efficace.
Prima “rubavi” i giocatori, ora te li “rubano”…
Vedo la cosa in modo coerente. A Calvisano capitava di non avere i vari Lovotti, Haimona e Violi e sono sempre tornati arricchiti. Alle Zebre abbiamo accolto molti permit e abbiamo proposto un pre-contratto per i vari Di Giulio, Mbandà, Bellini e penso sia la logica giusta per la loro crescita. Oggi come allora penso che sia un passo molto importante del percorso di crescita dei ragazzi.
Le Fiamme Oro sono tra le società più attive
Il Presidente Forgione ha sempre creduto in questo progetto condiviso e c’è piena sintonia con la franchigia. Anche su Licata c’è da subito stata uniformità di vedute. Siamo davvero contenti per lui.
La delusione Zebre è completamente alle spalle?
Da quando sono arrivato a Roma mia figlia mi ha detto che mi sono tornate le lampadine negli occhi, perché esprimono di nuovo felicità. Il migliore augurio è che rimangano così per tutta la stagione.
di Roberto Avesani
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