Le parole del tecnico irlandese e quelle di Atkinson sul momento del rugby italiano e le sue condizioni fisiche
Presenza costante assieme a staff tecnico e Team Manager sugli spalti di Monigo e del Lanfranchi, Conor O’Shea dovrà tra poco affrontare il nodo convocazioni in vista dei Test Match di novembre. Con tanti giocatori italiani in evidenza nell’avvio di stagione delle franchigie e con un Hayward eleggibile, trovare un posto nel gruppo che affronterà Fiji, Argentina e Sudafrica non sarà per niente facile. Ma intanto, il CT azzurro ha parlato dal portale ufficiale del Sei Nazioni del buon momento di Benetton e Zebre.
Un gruppo di giovani che guarda avanti
“Ho visto giovani giocatori molto bravi e nemmeno ventenni – esordisce – Ora dobbiamo trovare il modo di creare un sistema in cui entrino loro e quelli con più esperienza“. Il tecnico irlandese fa tre nomi: “Mi hanno fatto davvero piacere le performance di Giovanni Licata, Marco Riccioni e Simone Ferrari. Stiamo costruendo un gruppo non solo per il breve ma anche per il lungo periodo. Sono sempre positivo e vedo sempre il bicchiere mezzo pieno”.
Cambiamenti nell’allenamento fisico e mentale
A proposito delle quattro vittorie delle franchigie, queste le parole del commissario tecnico: “Oggi come oggi affrontiamo quasi sempre squadre che giocano ad un livello superiore del nostro, ma le franchigie rappresentano il nostro scheletro sta a noi mettergli attorno un corpo. La strada è lunga e difficile ma è quella giusta: vogliamo diventare la miglior Italia della storia”. Un cambiamento che passa da tantissimi aspetti: “Penso che abbiamo tutte le potenzialità e le abilità per essere competitivi, ma servirà un grosso cambiamento nel nostro allenamento fisico e mentale. Non sono stupido, so che in questo momento la struttura di squadre come Irlanda o Inghilterra è migliore della nostra, ma un giorno potremo essere nelle condizioni di batterli”.
Pete Atkinson: il rugby italiano sta meglio di quanto si creda
E a proposito di preparazione atletica, sulla Gazzetta dello Sport di martedì si legge un’intervista a Pete Atkinson, responsabile della strategia e dello sviluppo della performance umana. Si parla delle condizioni in cui ha trovato il rugby italiano (“Buone, migliori di quelle che l’opinione pubblica mondiale ritenga. All’altezza del movimento internazionale e dei traguardi ai quali ambisce”) e i suoi giocatori (“ci sono atleti con qualità superiori a quelle che, pericoloso limite, credono d’avere“).
Per quanto riguarda il lavoro con FIR, “il cambio di tendenza non sarà immediato, ma perché un gruppo cambi approccio fisico bastano due anni. Ed entro allora non vedo perché l’Italia non possa essere a livello di un’Argentina”. Assieme all’Università Swansea, Atkinson sta portando avanti una serie di Test condotti sui giocatori per misurarne forza e potenza.
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