Un lungo intervento del CT azzurro sul sito del PRO 14 per fare il punto della situazione
“Quando penso al rugby italiano da una prospettiva allargata, mi viene in mente cosa mi disse Steve Hansen, coach degli All Blacks, mangiando assieme prima di giocare a novembre contro la Nuova Zelanda. Riflettendo sui suoi anni come allenatore del Galles, mi ha detto: “Tutto ciò che fai riguarda ciò che è meglio per il futuro del paese. Questo fa la differenza”. Steve ha lasciato il Galles nel 2004 con più sconfitte che vittorie, ma fece esordire una mezza dozzina di giocatori che poi avrebbero avuto un ruolo importante nei Grand Slam degli anni a venire (2005 e 2008, ndr). Con questo non voglio dire che l’Italia vincerà questi trofei, ma solo dire che il successo non arriva dal giorno alla notte“.
Inizia con queste parole un lungo articolo in prima persona di Conor O’Shea, pubblicato sul portale ufficiale del PRO 14 a pochi giorni dal primo raduno di preparazione dei Test Match di novembre, in calendario dal 22 al 25 ottobre a Parma.
“Siamo concentrati sulle fondamenta – dice a proposito del suo lavoro in Italia – Costruire una squadra e un sistema richiede tempo. E’ un cammino di crescita e anche se qualcuno non resta fino alla fine, tutti possono avere un impatto e influenzare il tuo percorso. E subito il discorso si sposta sulle franchigie”.
Il buon momento delle franchigie
“Le loro performance nelle prime giornate di PRO 14 non ci sorprendono […] E’ tutto frutto del lavoro di Kieran Crowley e Michael Bradley. A volte è frustrante sentire sapientoni che parlano degli stereotipi del rugby italiano, ma speriamo che i recenti risultati convincano tutti a destare più attenzione a ciò che stiamo facendo. In un solo anno, con Kieran la Benetton è tornata a sembrare e sentirsi un vero club di rugby […] Date le circostanze che hanno interessato le Zebre e la Federazione, Michael ha fatto un lavoro splendido. Con lo staff tecnico stanno ottenendo il massimo dai giovani, il cui contributo è già importante: Matteo Minozzi, Renato Giammarioli, Mattia Bellini e Giovanni Licata stanno avendo impatto in una squadra che gioca in modo libero. E ciò non dipende solo dallo staff, ma anche dalla stabilità garantita dal nuovo assetto societario”.
Il fitness che resta una priorità
“In ogni caso, il nostro compito riguarda il futuro del rugby italiano. Con il nostro lavoro iniziamo a vedere i risultati. Non abbiamo le possibilità economiche delle altre federazioni: dobbiamo darci delle priorità e il fitness è certamente la prima della lista […] I giocatori di Treviso e Zebre stanno migliorando la loro condizione fisica e sono tra le squadre che segnano di più nell’ultimo quarto. Contro i Kings, Treviso ha segnato la meta del bonus nei minuti finali dopo aver risalito 70 metri in 20 fasi. Dal punto di vista del fitness è una grande soddisfazione”.
“Ogni mese facciamo un incontro con i Team Manager delle franchigie, Franco Ascione, Pete Atkinson, Steve Aboud e Maurizio Zaffiri per confrontarci e assicurarci che stiamo migliorando in tutte le aree e andando nella direzione giusta. Non facciamo le stesse identiche cose perché partecipiamo a due competizioni diverse (Champions e Challenge, ndr) ma abbiamo gli stessi obiettivi. Nello sport d’élite tutti si concentrano su miglioramenti di pochi punti percentuali, ma al momento noi possiamo fare grandi passi avanti per quanto riguarda fitness, solidità mentale e skillsets”.
Allungare la coperta nelle franchigie
“Stiamo anche aumentando la profondità della squadra nazionale e la chiave perché ciò accada è fare in modo che avvenga alle franchigie, così i giocatori possono ruotare e riposare senza creare cali di prestazione. Vogliamo che i migliori giovani entrino in un sistema in cui franchigie e nazionale lavorano assieme. Bisogna creare un ambiente competitivo dove i giocatori siano costantemente testati al più alto livello. L’Italia Under 20 ha fatto un grande Mondiale di categoria e un gran merito va a Franco Ascione. Due ragazzi, Licata e Riccioni, hanno già giocato nelle franchigie ed è un segnale incoraggiante per tutti”.
Il rispetto degli altri e il traguardo Argentina
“Guadagnare rispetto dalle altre nazioni comporterà delle sfide. Quando i tuoi avversari ti considerano più forte lavorano più duramente per contenere i tuoi punti di forza ma fa parte della strada per arrivare all’élite: abbiamo una lunga strada da fare per portare il rugby italiano dove tutti vogliamo che arrivi”.
“Chiudo con una domanda: ho chiesto a tutti se possiamo arrivare al livello dell’Argentina e tuti hanno detto di sì. Al momento l’obiettivo è portare in campo internazionale il momentum che Benetton e Zebre hanno costruito”.
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