Lavagna tattica dedicata alle conseguenze delle nuove regole sul breakdown
Come tutti gli sport, anche il rugby è in continuo cambiamento. Le evoluzioni (o involuzioni, dipende dal punto di vista di ognuno) del gioco dipendono da una serie molteplice di fattori, che sono tra loro strettamente collegati: tra i propulsori principali che agiscono in questo processo, vi è il regolamento stesso che disciplina il gioco e ciò che avviene in campo. E siccome una delle esigenze più forti è al giorno d’oggi quella della spettacolarizzazione e dell’aumento del movimento collettivo dei reparti, le squadre si stanno adeguando attrezzandosi di conseguenza.
Favorire l’attacco e aumentare i minuti di ball in play. In questa direzione sono andate molte delle ultime modifiche al regolamento, dal numero 8 che prende palla dai piedi delle seconde linee, al vantaggio che può essere applicato nel caso di crollo della mischia se non c’è rischio per la sicurezza dei giocatori, alla touche che può essere giocata anche oltre l’ottantesimo. Tra le modifiche che più pesantemente hanno inciso negli ultimi anni, vi sono quelle relative alla disciplina del breakdown e alla libertà d’azione da parte della difesa: il placcatore deve comunque rialzarsi e agire dalla propria parte del gate; una ruck inizia nel momento in cui in una situazione di placcato/placcatore c’è almeno un giocatore in piedi sulla palla. In questo momento si crea la linea del fuorigioco (niente Fox, insomma).
La prima situazione in particolare limita l’azione della difesa: o la situazione di grillotalpa è netta e l’ovale cacciabile, oppure si dà per non recuperato il possesso preoccupandosi piuttosto di occupare lo spazio anche con 14 giocatori in piedi. In simili situazioni, trovare spazi risulta davvero difficile con conseguenze sul tipo di gioco proposto dagli attacchi. Con queste parole aveva parlato nei giorni scorsi Jamie Roberts – “Ho notato che nelle prime tre fasi i difensori non cercano di conquistare la palla. Placcano e occupano, perché c’è poco spazio per contestare” – riferendo il discorso all’incidenza che tutto ciò ha su collisioni e infortuni.
Come si fa allora a segnare? Con tanti difensori in piedi, la possibilità di raddoppiare il placcaggio è reale e concreta. La tendenza che ultimamente si sta notando, è quella di utilizzare seconde e terze linee di attacco – con relativi dummy runner e giocatori pesanti usati come pivot – molto profonde, per mettere spazio tra se e la difesa. Quest’ultima per quanto riguarda linea e occupazione è più in difficoltà rispetto ad una situazione frontale e puramente verticale. E questo vale anche nei 22 in piena zona rossa, dove in passato la tendenza dell’attacco era quella di schiacciare le distanze tra giocatori, puntando a vincere l’uno contro uno con angoli e velocità di impatto piuttosto che appoggi e linee di corsa che confondono la difesa. Vediamo un paio di situazioni.
Quella meta di Treviso contro Tolone
I soliti loop di Sexton
Abbiamo imparato a conoscere i giocatori irlandesi come maestri nell’utilizzo del loop e Sexton uno dei migliori interpreti di un movimento all’apparenza semplice, ma che per risultare efficace e non essere letto deve essere seguito con timing perfetto.
https://youtu.be/QkzOWRNLO8Y?t=2m39s
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