Cinque considerazioni sui convocati dell’Italia per i Test Match 2017

Alcuni spunti di riflessione al termine del processo di selezione che ha portato O’Shea alla scelta degli Azzurri

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

A dieci giorni dall’esordio nella stagione 2017/2018, Conor O’Shea ha definitivamente chiarito le proprie idee e ha indicato il gruppo con cui lavorerà nelle prossime settimane (salvo infortuni) per preparare e affrontare i primi tre ostacoli di un anno importante per il processo di crescita impostato dal ct irlandese e il suo staff. Fiji, Argentina e Sudafrica misureranno la febbre ad una rosa piuttosto giovane in media e su cui c’è ancora molto da scoprire. Con queste cinque considerazioni proviamo ad analizzare più a fondo le scelte di O’Shea, e cosa ci lasciano le  sue decisioni.

 

1. Leo Sarto, il veterano dei trequarti

Quando il giocatore più esperto a livello internazionale dell’intero reparto arretrato ha 25 anni, e ha collezionato 32 cap, un paio di ulteriori osservazioni vengono di conseguenza: la prima è che il movimento italiano sembra aver (ri)cominciato a produrre giocatori in grado di non far rimpiangere troppo assenti come Morisi e Campagnaro, e di consentire allo stesso tempo di fare a meno di Venditti e Benvenuti, spesso decisivo il primo e quasi sempre titolare nell’ultimo anno il secondo. Più in generale, due giocatori che si fa fatica ad immaginare fuori da una lista di convocati in Nazionale.

L’eleggibilità del neozelandese Hayward ha certamente contribuito ad aumentare la competitività, ma la crescita di Esposito, Bellini, Castello e Boni in questi primi mesi, unita alle prestazioni convincenti di Minozzi, ha reso quello dei trequarti un reparto finalmente più florido e profondo, nonché molto giovane sia anagraficamente che rugbisticamente: l’età media è 24 anni, mentre il numero di cap medi è addirittura 9. Tante le prospettive interessanti, anche a livello di formazione, ma altrettante le incognite. Ma la strada – anche e soprattutto per il futuro – è tracciata.

 

 

2. Un nuovo centro dalla Nuova Zelanda

Jayden Hayward potrebbe essere una delle cose migliori capitate alla Nazionale italiana nell’ultimo decennio, in particolare se si pensa alle recenti naturalizzazioni. In primis, il trequarti neozelandese sembra essere il perfetto upgrade a Luke McLean, di cui prende idealmente il posto in rosa: come l’attuale giocatore dei London Irish, l’ex Western Force può vantare una notevole intelligenza tattica nell’uso del piede in situazioni delicate, è un’opzione credibile come secondo playmaker per dare più profondità alla manovra offensiva ed è sicuro sulle palle alte; in più, tuttavia, Hayward può vantare delle migliori qualità atletiche e fisiche rispetto a McLean, oltre che ad un’accelerazione più bruciante partendo da fermo e nella capacità di creare break a difesa schierata.

 

 

L’inserimento in lista come centro dissipa qualunque dubbio relativo al suo utilizzo da titolare, mentre potrebbe non essere così scontata la sua partenza da primo centro in maglia numero 12. Hayward infatti ha dimostrato di essere negli anni un giocatore essenzialmente completo, anche se non sembra avere nella sua indole la capacità di scardinare la difesa usando il fisico da ball carrier puro, come O’Shea ha spesso richiesto al suo primo centro – anche a McLean – negli anni. In questo senso, entrerebbe in gioco quello che al momento è senza dubbio il miglior numero 12 per antonomasia in Italia, ovvero Tommaso Castello; il genovese non offre grande varietà nel gioco ma al contempo garantisce efficacia, e permetterebbe a Hayward di restare più largo in campo per sfruttare la sua visione di gioco e per creare spazi per i compagni di squadra. Essere schierato da secondo centro (dove vincerebbe il ballottaggio con l’unico di ruolo, Boni), inoltre, non toglierebbe comunque a O’Shea la possibilità di avere un secondo calciatore tattico in campo. Una pedina indubbiamente preziosa per il ct irlandese.

 

 

3. Seconde e terze linee: freschezza e dinamismo 

Rispetto alla trequarti, il discorso non è poi così molto diverso per le seconde e – soprattutto – per le terze linee. Escludendo un Sergio Parisse che fa storia a sé per grandezza e influenza sulla squadra, i cap medi degli altri nuovi componenti della rosa sono 9,1, ovvero lo stesso numero calcolato anche per il reparto arretrato. L’età media è di 27 anni, ma ben cinque elementi – Ruzza, Lazzaroni, Giammarioli, Licata e Negri – sono nati dopo l’1 gennaio 1994. A confortare ulteriomente, inoltre, è il fatto che le convocazioni di terze linee come Giammarioli, Licata e Negri non sono da vedere come rimpiazzi di infortunati come Favaro, Mbandà e Zanni, ma come una naturale conseguenza di quanto visto sul terreno di gioco finora nelle partite di Benetton Treviso e Zebre.

 

Qui Giammarioli apre e chiude l’azione: all’inizio del video una grande carica centrale, alla fine una bella chiusura alla bandierina

 

L’altro aspetto interessante dei due reparti è l’eterogeneità dei giocatori coinvolti da Conor O’Shea, che potrà contare su ottimi placcatori, ball carrier efficaci, avanti bravi a tenere vivo il pallone con offload e a prendere linee di corsa interessanti, saltatori credibili e buoni cacciatori di palloni (ovviamente Parisse rientra in tutte queste voci), anche se proprio la capacità di contestare l’ovale a terra potrebbe essere ancora un punto debole per gli Azzurri. Tutti i dieci giocatori mettono a disposizione un dinamismo notevole, nonché un motore importante per cilindrata e durata sugli ottanta minuti per quanto ammirato fin qui dal punto di vista della resistenza.

La controindicazione nell’avere una sola seconda linea di ruolo (Fuser) e tante seconde/terze linee e terze linee pure potrebbe essere rappresentata da un pack poco ‘pesante’ in mischia chiusa, con la conseguenza che dalla seconda linea potrebbe arrivare meno supporto in sala macchine alla prima linea. Un dettaglio da tenere in considerazione soprattutto contro Argentina e Sudafrica.

 

4. Il tallonaggio è un obbligo, la concorrenza anche

Non sarebbe stata una sorpresa se uno dei due esclusi fosse stato un tallonatore, sebbene soltanto una volta O’Shea abbia portato soltanto due specialisti nel ruolo in rosa. Questa volta, del resto, escludere uno tra Fabiani e Bigi – considerando Ghiraldini ancora inamovibile – sarebbe stato innanzittutto ingiusto per entrambi i giocatori, fin qui encomiabili nel lavoro svolto nelle rispettive franchigie.

Per il ct irlandese, decidere chi affiancare a Ghira come sostituto è un grattacapo non da poco; più roccioso e solido Bigi, più esuberante e abrasivo Fabiani. Entrambi in touche danno ampie garanzie – qualcuna in più il trevigiano probabilmente -, ma solo Fabiani con le sue qualità da ball carrier garantirebbe un maggior carico di energia e di esplosività a partita in corso. In ogni caso, per il ct irlandese quello del secondo tallonatore da inserire in lista gara potrebbe essere uno degli ultimi nodi da sciogliere prima dell’annuncio della formazione.

 

5. Non è mai troppo tardi, Ian

O’Shea lo aveva incluso nella prima maxi lista di 44 giocatori per il tour estivo nel Pacifico, salvo poi escluderlo dai 31 convocati definitivi nonostante un convincente finale di stagione. Il solo fatto di essere stato considerato dal ct, tuttavia, lasciava presagire a sviluppi futuri in cui quella maglia azzurra si sarebbe concretizzata come obiettivo. Complice anche l’infortunio di Allan, ma soprattutto le sue prestazioni di pregevole fattura nei primi due mesi stagionali, per Ian McKinley quel traguardo è sempre più vicino. È vero, non c’erano dubbi sulla conferma dell’irlandese all’interno della squadra vista la poca profondità nel ruolo, ma è sempre opportuno spendere qualche parola in più su un giocatore così straordinario. Non per la sua già nota storia in sé, per aver perso un occhio e per essere ripartito dalla Serie C italiana fino ad arrivare nuovamente al rugby internazionale, ma per come sia in grado di giocare effettivamente così bene pur vedendo con un solo occhio a questo livello.

Al Benetton Treviso, l’ex Leinster si è appropriato del posto da titolare con la maglia numero 10 a causa delle contemporanee assenze di Banks e del citato Allan, ma l’irlandese non sta facendo nulla per sperare in un rapido ritorno del neozelandese o dell’italiano. Il 27enne non eccelle in nessun fondamentale in particolare, ma garantisce solidità in ogni settore di gioco: distribuisce in maniera ordinata, anche se mai con punte elevatissime di velocità, legge bene il gioco e i momenti della partita, impensierisce sempre le difese quando decide di attaccare in prima persona e si sta dimostando affidabile dalla piazzola. La sua solidità (anche in difesa) potrebbe essere una rilevante arma in più per O’Shea, anche se l’irlandese dovrà dimostrare di poter essere un giocatore fuori dal comune anche sul palcoscenico internazionale, dove il suo romanzo si arricchirebbe di un nuovo, incredibile capitolo.

 

di Daniele Pansardi

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