Test match, come gioca l’Argentina: il rugby totale di Daniel Hourcade

A Firenze arrivano i Pumas per sfidare l’Italia: tutti i punti di forza e le debolezze dell’avversario degli Azzurri

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ph. Reuters

Quando Daniel Hourcade si siederà nel box a lui dedicato nella tribuna dell’Artemio Franchi di Firenze sabato pomeriggio, un pensiero andrà sicuramente al tempo che scorre, al punto di partenza e a quello di arrivo. Huevo, com’è soprannominato il coach tucumano, celebrerà infatti contro l’Italia la sua cinquantesima panchina per i Pumas, di cui è head coach dal 2013.

Una carriera variegata la sua: dopo aver allenato l’Argentina Seven fino al 2004, Hourcade è emigrato in Portogallo. A Lisbona ha preso prima le redini del Direito, uno dei club storici della capitale lusitana, poi della nazionale a sette portoghese, e infine della nazionale maggiore, che ha condotto durante la storica partecipazione alla coppa del mondo francese del 2007.

Dopo la parentesi portoghese, una stagione in Francia, a Rouen, in una terra non poi così ovale. Infine, il ritorno in Argentina nel 2010, prendendo in mano i Pampas XV. Al momento della rinuncia di Santagio Phelan alla panchina della nazionale nel 2013, Daniel Hourcade è diventato quindi allenatore capo. Sotto la sua egida, l’Argentina ha ottenuto un brillante quarto posto alla coppa del mondo del 2015, uscendo in semifinale contro l’Australia. Australia che Hourcade aveva già battuto durante il Rugby Championship per regalare ai Pumas la prima vittoria contro i Wallabies dal 1997. Nel 2016, infine, la prima gloriosa vittoria della storia contro il Sudafrica.

Un ruolino di marcia di tutto rispetto, quindi, quello del selezionatore della nazionale biancoceleste, che arriva al Franchi sulla scia di sette sconfitte consecutive, avendo perso 12 delle ultime 13 partite. Daniel Hourcade ha cambiato il rugby argentino per il meglio. Da una squadra ancorata alla prestanza fisica dei primi otto uomini e alle fasi di conquista, i Pumas hanno incominciato a proporre un rugby più moderno e totale, adattandosi il più possibile a uno stile da Super Rugby, senza rinunciare alla vena di carattere latino che li contraddistingue.

 

La struttura del gioco di Hourcade

L’Argentina gioca un rugby molto naturale, piacevole da vedere quando i propositi di staff e giocatori si tramutano in realtà, frustrante quando finisce per fallire. I Pumas strutturano il proprio gioco in maniera simile allo schieramento 1-3-3-1 utilizzato da molte squadre (si parla di schieramento degli avanti: due unità da tre giocatori nella parte centrale del campo, con i rimanenti due a giocare nei pressi delle due linee dei 15 metri), ma dividendo il campo in tre zone, piuttosto che in quattro.

Rispetto a diverse altre nazionali, infatti, l’Argentina preferisce un rugby fatto di interpretazione e decisioni singole dei giocatori, facendo spesso venire meno la rigida strutturazione che si vede nel gioco di altre squadre nazionali come l’Irlanda o il Sudafrica.

Si tratta di un rugby totale, dove la divisione di compiti fra avanti e trequarti è piuttosto sfumata, e che non ha paura di muovere il pallone da una parte all’altra del campo. I principi fondamentali sono rappresentati dall’avanzamento continuo e l’innalzamento vorticoso del ritmo di gioco. Molto spesso l’Argentina, dopo una fase di conquista positiva, muove il pallone nello stretto, sempre con un gruppo di tre giocatori, di cui il più avanzato porta il pallone e gli altri due, laterali, puliscono nel modo più efficace possibile. L’obiettivo è far durare il punto di incontro solo pochi istanti e allargare immediatamente il gioco quando la difesa si trova ancora sul piede arretrante.

 

Stupenda meta dell’Argentina lo scorso giugno. Notate cosa accade: i Pumas attaccano vicino per due volte e poi cambiano senso. I loro movimenti condizionano la difesa: non vedete mai Mike Brown, fuori dallo schermo perché attirato dal posizionamento dei trequarti argentini nella parte fuori dall’inquadratura. Yarde e Care, che coprono la profondità sul lato chiuso, vengono attirati nella linea e poi colpiti alle spalle dal calcetto che manda in meta Boffelli.

C’è una grande abilità da parte della linea arretrata argentina, inoltre, a manipolare la difesa a partire dalla prima fase di gioco, creando situazioni di potenziale vantaggio immediatamente. Molte di queste sono create ad arte attraverso un duro e intenso susseguirsi di penetrazioni intorno ai movimenti del numero 9. Quando molti giocatori si trovano stretti e vicini, come dopo una rimessa laterale che si è evoluta in una maul, o quando c’è stato un avanzamento discreto da parte di un penetrante nelle prime fasi di gioco, i giocatori Pumas arrivano a ricevere il pallone del loro mediano di mischia all’altezza, andando a sfidare fisicamente la difesa avversaria nelle vicinanze del punto d’incontro. È questo un compito svolto indifferentemente dagli avanti e dai trequarti, soprattutto i due centri.

Spesso, viene chiesto un superlavoro ad alcuni giocatori, su tutti Pablo Matera, ma anche Tomàs Lezana: le due terze linee si trovano spesso incaricate di dover fare la differenza palla in mano contro diversi avversari, con i sostegni lontani e, fondamentalmente, riuscire a creare qualcosa dal niente per la propria squadra. E spesso ci riescono.

 

 

Una difesa asfissiante

Caratteristica storica e saliente della squadra di Daniel Hourcade è la volontà di sfidare l’avversario quando quest’ultimo è in possesso palla, con un ardore fisico al limite del fervore religioso. La difesa argentina però ha anche una strategia precisa, e non è solo una muta di cani all’inseguimento del pallone senza lucidità.

In ogni punto di incontro i Pumas danno battaglia cercando di impegnare il minor numero di giocatori possibile. Sono bravi a farlo perché hanno un certo numero di giocatori abilissimi nel rallentare o contendere il possesso avversario, fra cui spicca il capitano Creevy. Quando poi gli avversari provano a portare il pallone fuori, la difesa sale anche al largo con grande rapidità: il primo obiettivo è togliere spazio per giocare agli attaccanti, anche se questi si trovano in superiorità numerica.

 

Uno dei difetti più evidenti della difesa argentina è la capacità di rimanere costantemente concentrati anche nei momenti più caldi della partita. Troppo volte i Pumas regalano calci di punizione gratuiti agli avversari. Principe di questo tipo di stupidità è spesso Tomas Lavanini, vedere per credere.

Se le nuove regole in mischia chiusa hanno finito per depotenziare la minaccia rappresentata dai primi otto uomini argentini, che da sempre hanno impostato i loro tallonatori per essere dei terzi piloni in fase di spinta senza pensare al tallonaggio, la rimessa laterale, soprattutto in difesa, rimane un punto di forza di grande livello.

In particolar modo Guido Petti e Matiàs Alemanno hanno la grande capacità di saltare rapidamente e contendere il pallone in rimessa laterale, dove l’Italia invece a volte pecca per mancanza di varianti efficaci e che potrebbe rappresentare un punto critico per sabato.

 

 

I limiti dei Pumas

L’Argentina è una squadra sulla quale i tecnici sono riusciti a fare un grande lavoro, importando un sistema di gioco strutturato abbinato all’indole latina propria del DNA argentino. C’è allo stesso tempo quindi una prefabbricata direzione orchestrale e una accentuata libertà individuale nel prendere decisioni che spezzino lo spartito.

Questo rappresenta la croce e la delizia della squadra di Hourcade, e il motivo per cui, nell’ultimo difficile anno, il gioco della squadra è risultato inconsistente, incostante e convulso. Una delle caratteristiche più evidenti è che all’Argentina manca la pazienza. Troppo spesso i giocatori decidono per la giocata individuale di estrema difficoltà o il riciclo azzardato nel tentativo di sfruttare immediatamente un vantaggio per arrivare a segnare la meta.

Sarà importante per l’Italia avere una difesa efficace in maniera continua, perché l’Argentina è una squadra che, dopo un certo numero di fasi, forza la giocata e rischia di incorrere nell’errore. Più sale la frustrazione, più si fa frequente la ricerca del gesto risolutivo e l’isolamento dei giocatori, che rende più semplice il recupero del possesso da parte della difesa.

Inoltre, nonostante brani di gioco di grande livello e le abilità nello sbilanciare la difesa e creare situazioni di vantaggio, a volte l’Argentina ha risentito di alcune lacune dal punto di vista della tecnica individuale. Proprio questo punto ha fatto la differenza in molte delle ultime sette sconfitte di fila contro le migliori squadre al mondo: colmare il gap per l’Argentina significa curare i piccoli dettagli.

 

Le 30 fasi impiegate per segnare l’unica meta fatta all’Inghilterra non sono state una buona notizia: l’Argentina infatti ha mantenuto sì a lungo il possesso, ma nel corso delle 30 fasi è stato diverse volte sterile, se non retrocedente. L’obiettivo dell’Italia è impostare una difesa paziente, che frustri l’ottenimento del risultato voluto, come sottolineato anche da O’Shea in conferenza stampa

Molti giocatori non possiedono, oltre alle skills individuali, le capacità per un decision-making efficace e maturo, che faccia il profitto della squadra. La libertà concessa a un giocatore superlativo come Matera, ad esempio, è a volte controproducente. Il terza linea infatti spesso confida troppo nei propri mezzi atletici e finisce per imbarcarsi in imprese impossibili contro la difesa avversaria.

Le carenze principali, però, sono dovute ai playmakers. È stato un brutto anno sia per il veterano Hernandez che per Nicolas Sanchez: entrambi si sono rivelati insufficienti nell’organizzare il gioco dei Pumas e sono stati insufficienti sia nelle decisioni che nelle esecuzioni. Messi sotto pressione, entrambi usano il piede in maniera imprecisa e non utile per la propria squadra.

È anche vero che sono poco aiutati: all’Argentina servirebbe un playmaker esterno, magari un secondo centro dalle doti di organizzazione logica del gioco superiori a quelle di chi interpreta il ruolo adesso con altre, peraltro notevoli, abilità.

In definitiva, l’Argentina è una macchina con un motore eccezionale, progettata per raggiungere le più grandi prestazioni. La cura dei dettagli e le decisioni prese dai troppi co-piloti sono quello che ne mina attualmente l’efficienza. Una difesa ordinata, senza sbavature né errori da parte dell’Italia, può mettere in difficoltà i Pumas. Sfruttare la loro ben nota indisciplina e la frustrazione proveniente dall’anno nero che hanno vissuto la via per arrivare al risultato, fermo restando che i favoriti, in questo caso, rimangono loro.

 

Lorenzo Calamai

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