La lotta contro il tumore alla prostata di Wayne Smith

Mesi delicati per l’ex allenatore, operato a dicembre. Ma i progetti futuri (e il viaggio in Italia) non sono cambiati

wayne smith

ph. Sebastiano Pessina

Nello scorso dicembre, a Auckland, si sono tenuti i New Zealand Rugby Awards, manifestazione in cui sono stati premiati i personaggi e le squadre migliori del 2017. Durante la cerimonia era previsto anche un riconoscimento a Wayne Smith per ‘servizi eccezionali al gioco’ durante la sua carriera da coach per Crusaders e soprattutto All Blacks, di cui è stato assistente al 2004 al 2011 e dal 2015 fino al Rugby Championship dell’ultimo anno. Il 60enne, tuttavia, non ha potuto essere presente alla manifestazione, visto che pochi giorni prima aveva subito un intervento chirurgico per la rimozione della prostata.

Venirne a conoscenza

Nei mesi precedenti, a Smith era stato infatti diagnosticato un tumore tra i più frequenti per il genere maschile. In Nuova Zelanda sono venuti a conoscenza dell’accaduto soltanto in questi giorni, quando proprio l’ex allenatore ha raccontato la sua storia con un’intervista rilasciata allo Stuff. “Il mio dottore di Cambridge, John Russell, ha deciso di prescrivermi alcuni esami per controllare il livello di PSA” (in italiano: Antigene Prostatico Specifico, ndr) – spiega Smith. I valori di questo antigene, se alterati, sono i primi segnali di allarme per la comparsa del cancro, che nel suo caso sono arrivati durante il tour dei British & Irish Lions. “Livelli alti di PSA non vogliono dire in automatico l’esistenza di tumore, ma ti tengono in allerta. E mi hanno portato a fare altri esami dall’urologo. A quel punto, le risonanze magnetiche hanno evidenziato il tumore”.

La prima persona da avvisare, naturalmente, era la moglie Trish: “Tornando a casa mi chiede «Com’è andata?», e io rispondo «Mm… Ho un tumore alla prostata». Lei ha riso, perché la prendo sempre in giro”. Nel frattempo, c’erano i Test Match degli All Blacks contro i Lions da preparare: “Avevo un po’ di giocatori da allenare (ride, ndr), così ho provato a destreggiarmi tra le due cose e non a pensarci troppo, in realtà. Durante il Rugby Championship sapevo di averlo, ma non l’ho detto a nessuno all’interno della squadra. Nemmeno al dottore della squadra, Tony Page”.

A Page, l’assistant coach di Steve Hansen ha raccontato soltanto una parte della storia. “Gli ho solo detto che facevo fatica a dormire. Mi ha dato un grande consiglio: «Pensa al passato e non al futuro, così la tua mente non sarà troppo attiva». È stato di grande aiuto, perché a volte di notte rimuginavo nel letto pensando «Che diavolo ci faccio qui?». Dopo aver parlato con Tony, ho imparato a gestire meglio la situazione”. E la progressione del cancro? “L’urologo non era molto preoccupato, perché avanzava lentamente”.

L’operazione e il recupero

Tuttava, era necessario trovare una soluzione. Trish ha avuto un ruolo fondamentale nel ricercare il miglior trattamento possibile per suo marito, la cui preoccupazione intanto sembrava aumentare. “La mia impostazione mentale era diventata del tipo «Tira fuori qualcosa»”. Prima dell’operazione, il 60enne è stato poi sottoposto ad altri esami per verificare  lo stato del cancro e la sua zona di estensione. L’attesa dei risultati era ansiogena per Smith: “Cominciavo a pensare «Ce ne sono talmenti sullo schermo che li stanno contando? Sono ovunque?»”. Ma il cancro non era andato oltre la prostata, così Smith ha potuto fissare l’operazione, a cui è seguita una fase di recupero talmente rapida da impressionare l’ex allenatore di Casale e Benetton Treviso.

“È stato più semplice che recuperare da certi infortuni avuti dal rugby in passato. Sono uscito dall’ospedale dopo un giorno e mezzo – spiega – Non mi hanno somministrato oppicei, morfina o simili, perché l’equipe medica è stata brava a gestire il dolore subito dopo l’intervento”.

Il rugby e l’Italia

Il peggio, ora, sembra essere definitivamente alle spalle. Lo scorso mercoledì il suo chirurgo, Michael Holmes, gli ha riferito che non vi erano più cellule tumorali rimaste. A prescindere da questo, Smith ha dichiarato di essere ben contento di parlare della sua esperienza: “Spero di incoraggiare gli uomini sulla cinquantina a compiere gli esami. Non significa che dovete avere un tumore ma, se ci dovesse essere, potrete curarlo”.

Anche se l’apparente tranquillità viene scalfita da qualche momento di inevitabile preoccupazione, per Smith e la sua famiglia le prospettive future non cambiano. “Devo prima assicurarmi di essere a posto, ma ho un paio di piccoli progetti che ho già iniziato a organizzare”. Uno di questi lo porterà in Giappone, per assistere il club dei Kobe Steelers, mentre l’altro come noto avrà come destinazione l’Italia. “Passerò dalle due alle tre settimane con i tecnici della Nazionale durante l’anno. Presenzierò ad un paio di raduni, avrò un ruolo da mentore con Conor O’Shea e Mike Catt. Ho una sincera passione per l’Italia, per cui io e Trish non vediamo l’ora di tornarci”.

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