L’ex CT dei transalpini è tornato a parlare alla stampa. Nel mirino la federazione francese, a cui non le manda a dire
Guy Novès, sollevato prematuramente dalla carica di selezionatore della nazionale francese un paio di settimane fa, ha interrotto per la prima volta il proprio silenzio, rilasciando una lunga intervista a Le Journal du Dimanche, settimanale d’oltralpe, e all’emittente televisiva France 3, durante le quali ha affrontato diversi temi relativi al proprio allontanamento dalla panchina della Francia.
“La vivo ancora molto male – ha dichiarato l’ex allenatore dello Stade Toulousain alla carta stampata transalpina – Dopo aver appreso dalla stampa del mio esonero, non sono ancora riuscito a capre perché non mi è stato consentito di realizzare l’obiettivo che avevamo fissato nel 2016, al momento della mia nomina: quello di costruire un progetto di gioco e un gruppo di giocatori destinati a essere performanti non nell’immediato, ma in vista della Coppa del Mondo 2019, come diverse squadre hanno saputo fare.”
Evidentemente, quanto sviluppato finora da Novès non è stato giudicato sufficiente dalla federazione francese, anche se sulla decisione di Bernard Laporte hanno pesato probabilmente di più i risultati del presente rispetto alle prospettive future.
Bernard Laporte per il quale Novès non ha parole particolarmente gentili: “Ha il coraggio di dire che sono il responsabile dell’assenza di relazioni fra i club e la federazione e che bisogna ristabilirle subito, urgentemente. Tutto falso.”
E alle critiche per la poca presenza negli stadi del Top 14, il 63enne di Tolosa risponde vibrante: “Si tratta del mio modo di gestire le cose! Nelle giornate di campionato ho analizzato tutte le partite alla televisione. Invece di andare allo stadio a vedere una partita, preferivo guardarle tutte. Delegavo i miei assistenti ad andare negli stadi e alle relazioni con gli staff (club, ndr) per raccogliere informazioni sul campo.
“Questo sistema favoriva la permanenza di relazioni fra i club e la squadra nazionale. […] Quando Bernard Laporte era commissario tecnico non l’ho mai visto allo Stade Toulousain, in un momento nel quale, peraltro, la squadra era il principale fornitore di giocatori della nazionale.”
Alla TV francese Novès rincara la dose e chiarisce il proprio pensiero: “Non è facile quando si hanno 64 anni e si fa questo lavoro da una vita venire a sapere in questo modo, di punto in bianco (Novès ha appreso dell’esonero per prima cosa dalla stampa, ndr), per delle ragioni inesistenti, che devi rimanere a casa.”
L’ex commissario tecnico e il suo staff non hanno intenzione di demordere per quanto riguarda il tentativo di licenziamento intentato da parte della federazione per colpa grave, che se andasse in porto comporterebbe il mancato pagamento dell’indennizzo pari a circa un milione e mezzo di euro: “Il mio entourage è in trincea, pronto alla guerra.”
Guy Novès rifiuta infatti di riconoscere come proprie tutte le responsabilità per i risultati degli ultimi tempi, rimettendo alla federazione diverse colpe di cattiva organizzazione e sottrazione di autorità del commissario tecnico, portando diversi esempi. L’allenatore sottolinea come non sia stata resa pubblica da parte della federazione francese nessun risultato dell’indagine interna condotta dal vicepresidente Simon, che sarebbe alla base del suo allontanamento.
Il bilancio dei risultati ottenuti non può essere così significativo: “Dopo un primo anno di assestamento, siamo arrivati terzi al Sei Nazioni 2017, ce lo siamo scordati.”
“Quindi il problema sono le tre sconfitte in Sudafrica e nei test match autunnali, durante i quali abbiamo affrontato i migliori al mondo e ancora i sudafricani, perdendo di un punto perché avevamo giocato una partita di martedì – critica ancora Novès, che era contrario all’organizzazione del test di Lione contro gli All Blacks – Non c’erano le condizioni di gioco di alto livello. La responsabilità dei risultati non è solo di Guy Novès, né dei giocatori.”
“Quello che mi interessa – sottolinea Novès – è ristabilire l’onore della mia famiglia e il mio, perché evidentemente è particolare che alla mia età, dopo aver vinto così tante partite e titoli, […] si dica che io sono un cattivo allenatore. Ho un nome da portare e questa sofferenza coinvolge anche chi mi sta vicino. Inoltre visto che tante persone mi hanno sostenuto, voglio ricompensarle e dir loro grazie.”
La conclusione è degna del personaggio combattivo: “Se mi rialzerò, forse non sarò più forte ma di sicuro sarò più pericoloso.”
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