Sei Nazioni 2018: il borsino azzurro dopo la seconda giornata

Minozzi e Negri sono le note positive della sconfitta in Irlanda, prima linea in debito d’ossigeno

ph. Sebastiano Pessina

L’alta marea irlandese non ha rigettato fuori tutti gli Azzurri alla stessa maniera. C’è chi ha salvato la pelle, chi è rimasto in linea di galleggiamento e chi, invece, è stato travolto dagli eventi in misura maggiore rispetto ai propri compagni di squadra. Nel nostro borsino, analizziamo quali giocatori dell’Italia si sono distinti di più all’Aviva Stadium, nel bene e nel male.

Chi sale

Matteo Minozzi
C’è ancora da lavorare sul posizionamento difensivo, per esempio, ma altrimenti staremmo già parlando di un fuoriclasse a tutto tondo. Visti gli standard italiani, in ogni caso, non siamo così lontani. Minozzi è stata una delle poche luci azzurre nel nefasto pomeriggio irlandese, nonché l’unico ad impensierire realmente gli avversari in ogni singola occasione (se ne sono accorti anche nella stessa Irlanda).

Se già l’influenza del folletto padovano sull’attacco azzurro era evidente in presa diretta, rileggere la partita attraverso le statistiche offre ulteriori prove delle abilità del 21enne nel creare occasioni dal nulla. Nel complesso, infatti, gli Azzurri hanno messo a referto 6 break e 7 difensori battuti, mentre il solo Minozzi ha contribuito con 2 break e 3 uno-contro-uno vinti. Da circoletto rosso, come direbbe RIno Tommasi, anche il placcaggio in extremis portato su Stockdale nel primo tempo che ha evitato – almeno in quel frangente – una meta.

Di mete per gli Azzurri poi ne ha propiziate un paio, battendo due volte su due Larmour nel confronto diretto: prima sfuggendogli a metà campo, poi bruciandolo sull’accelerazione per andare a schiacciare. Se a inizio stagione i dubbi sul suo adattamento al livello internazionale era più che legittimi, ora sembrano essere del tutto fugati.

Sebastian Negri 
Fino a quando resta in campo è uno dei pochi a non rimbalzare impietosamente contro gli irlandesi, sebbene anch’egli – come tutti – non si raccapezzi nelle scelte difensive da compiere. Al di là del 100% personale nei placcaggi, il flanker del Benetton è da apprezzare soprattutto per la fisicità che riesce ad esprimere anche nei contesti più improbi, grazie alla notevole tecnica e all’ottimo utilizzo della parte superiore del corpo.

14 metri guadagnati con 9 corse non rappresentano un dato stellare, ma rapportato a quanto visto in campo ci restituiscono l’immagine di un giocatore capace sempre di avanzare quanto basta per mettere nelle condizioni migliori i compagni. Con il tempo, se non lo è già, potrebbe diventare una pietra angolare della squadra.

Stabile

Tommaso Castello
Non brilla, spreca una potenziale buona occasione regalando il pallone a Stockdale, ma non affonda mai. Pregi e difetti del centro genovese sono evidenti e si alternano nel corso della partita, facendo emergere la figura di un giocatore che vende cara la pelle e sa anche far guadagnare metri alla difesa con placcaggi avanzanti, ma che non sembra avere grossi margini per fare ulteriori salti di qualità.

Maxime Mbandà
Come nel match contro l’Inghilterra, il terza linea delle Zebre ha avuto un discreto impatto sulla gara, aggiungendo dinamismo e freschezza alla fase difensiva azzurra. Non fa nulla di trascendentale nei trentacinque minuti in cui è campo, ma dimostra di essere pronto anche per un’eventuale partenza da titolare nelle prossime partite. Per il momento, ha assolto al meglio il suo compito di uscire dalla panchina e cercare di dare linfa alla linea italiana, nonostante le difficoltà generali.

Carlo Canna
La gestione dell’apertura beneventana è stata quantomeno particolare. In una partita da cui gli Azzurri avevano ben poco da chiedere, Conor O’Shea aveva comprensibilmente svuotato la panchina già al 58′; l’unico ad esservi rimasto per tutti gli ottanta minuti è stato Canna, sempre di più seconda scelta dietro all’inamovibile (per il momento) Tommaso Allan. E pensare che alla vigilia del Sei Nazioni le cose, almeno in apparenza, sembravano andare decisamente nel verso opposto.

Chi scende

Abraham Steyn
Rispetto a Giammarioli, il flanker nato e cresciuto in Sudafrica avrebbe dovuto portare più fisicità rispetto al romano, che in effetti aveva un po’ sofferto gli impatti brutali contro l’Inghilterra. Seppur reduce da un’ottima stagione fin qui, Steyn tuttavia non è mai entrato in ritmo all’Aviva Stadium, non riuscendo mai a mettere una pezza alle cariche del pack irlandese.

Tenerlo a riposo una settimana fa, compiendo un turnover comprensibile nelle intenzioni, ha forse avuto un effetto involontariamente controproducente per il terza linea, in chiara difficoltà nel prendere le misure in campo. Una poca lucidità dimostrata anche da quella touche mal controllata durante il primo tempo, che ha dilapidato una buona occasione per gli Azzurri.

Simone Ferrari e Andrea Lovotti
Anche se Lovotti è partito dalla panchina a Dublino, la sua titolarità in prima linea non sembra essere in discussione, così come non lo è dall’altro lato quella del milanese. Entrambi hanno pagato dazio il doppio confronto con Vunipola-Cole prima e Healy-Furlong/Porter poi, con queste ultime coppie che possono contare anche su una seconda spinta di più alto profilo.

Tornando sulle loro prestazioni, all’Aviva Stadium i due piloni azzurri hanno avuto un impatto sulla partita minore rispetto all’esordio contro gli inglesi, dove avevano sopperito alle criticità in mischia con un discreto apporto in giro per il campo. A Dublino è sembrato mancare anche quello, con Ferrari che già nel primo tempo sembrava un po’ in debito d’ossigeno.

Sergio Parisse
Una partita insolitamente ricca di errori tecnici per il capitano azzurro, in genere sempre accurato nelle esecuzioni anche nelle giornate più nere. Sabato si sono contati, invece, almeno un paio di trasmissioni errate dell’ovale: una ha portato qualche fase più tardi ad una meta, l’altra (con partecipazione di Allan) ha aperto le acque per la corsa di Henshaw. Nonostante la prestazione negativa, la sua importanza per carisma e leadership by example non possono essere messe in discussione.

Tommaso Boni
La prestazione del centro è stata largamente sotto la sufficienza. A differenza della sfida contro l’Inghilterra, questa volta il trequarti delle Zebre non ha bilanciato i gravi errori difensivi con buoni momenti di attacco (anzi), lasciando dunque sul piatto soltanto una fase di non possesso molto deficitaria. Tante le disattenzioni e le letture sbagliate dal trequarti veneto, tra cui una salita troppo rapida che ha portato alle meta di Earls nel primo tempo. Difendere attaccando, cercando di togliere spazio all’attacco e costringerlo ad optare per un piano B, non può essere sempre la soluzione ideale.

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