Un piccolo sguardo alle statistiche più bizzarre della competizione, tra record poco lusinghieri e battaglie epocali
Nel 2016 l’Italia di Jacques Brunel è a Parigi, contro la nuova Francia di Guy Novès, nella prima giornata del Sei Nazioni. Al settimo minuto Carlo Canna dà il vantaggio alla squadra italiana con un bel drop da una trentina di metri. La partita è bella e accesa, l’Italia è allo Stade de France per giocarsela e a Vakatawa risponde Parisse. Dopo la meta di Chouly è Canna a riportare gli Azzurri davanti in apertura di secondo tempo (11 a 10) e poco dopo è sempre l’apertura delle Zebre ad andare a schiacciare in meta e trasformare la propria segnatura. Le gambe dell’Italia vacillano proprio nel momento più importante e la Francia porterà a casa la partita per 23 a 21, grazie alla meta di Bonneval e al piede di Plisson, con Parisse che fallisce il drop della vittoria a tempo scaduto.
Una partita che rimarrà negli annali non soltanto per le falangi consunte dei tifosi italiani, mai così vicino ad espugnare Parigi, ma anche per quella trasformazione centrata da Carlo Canna al quarantaseiesimo minuto: il numero dieci dell’Italia è diventato in quel momento uno dei soli quattro giocatori a segnare in tutti e quattro i modi possibili (drop, punizione, meta e trasformazione) nella storia del Sei Nazioni.
Il suo nome si affianca a quello di James Hook, autore della stessa mirabolante prestazione in un Galles-Inghilterra del 2007 vinto dai Dragoni al Millennium Stadium per 27 a 18. In quell’occasione Hook sostituiva all’apertura l’infortunato Stephen Jones, mentre l’Inghilterra era capitanata da quel Mike Catt oggi collaboratore di O’Shea sulla panchina azzurra (ancora oggi record per il giocatore più vecchio ad indossare la fascia di capitano nel torneo).
Questo club ristretto annovera inoltre la firma di un altro storico numero 10 gallese: Neil Jenkins. Nel 2001 Jenkins si rese protagonista del poker di marcature ancora allo Stade de France, una rocambolesca vittoria esterna con il punteggio di 43 a 35, arrivata nel finale proprio grazie a Jenkins che nei 3 minuti conclusivi della partita conduce il Galles alla vittoria con dieci punti figli di un drop e una meta trasformata.
Infine, l’immenso Jonny Wilkinson è l’unico giocatore ad aver completato una partita segnando in tutti i modi possibili per ben due volte. Ci è riuscito a 5 anni di distanza fra le due imprese: nel 2002 a Twickenham, quando l’Inghilterra si impose con un sonoro 50 a 10 sul Galles, con la firma di Wilkinson su 30 dei punti segnati dagli inglesi; nel 2007 contro la Scozia ancora a Twickenham, partita conclusasi per 42 a 20 in favore dell’Inghilterra, trasportata dai 27 punti di Wilkinson, tra cui una straordinaria meta volante, nella prima presenza in maglia bianca dalla finale mondiale del 2003.
Due prestazioni monstre che però rimangono indietro nella speciale classifica dei punti segnati all’interno di una singola partita. A comandarla è sempre lui, Jonny Wilkinson, con i 35 punti segnati nel 2001 nella prima, storica visita della Nazionale italiana in Inghilterra nella storia del torneo. Un’occasione che gli inglesi vollero rendere indimenticabile, concludendo con un 80 a 23 difficile da digerire (partita che, nel libro dei record figura come punteggio più alto raggiunto sia da una singola squadra che in aggregato, miglior margine di vittoria, maggior numero di mete, maggior numero di trasformazioni, maggior numero di punti nel secondo tempo). Appena fuori dal podio, in questo categoria, ci sono in compenso i 29 punti di Diego Dominguez nella gara d’esordio dell’Italia al Sei Nazioni, il 5 febbraio 2000.
A proposito, vi è piaciuto il drop di Jonathan Sexton nella prima giornata del Sei Nazioni di quest’anno? Il suo predecessore Ronan O’Gara ha la tessera numero uno dello speciale club dei giocatori che hanno segnato punti decisivi per vincere la partita per la propria squadra, che fino a quel momento perdeva o pareggiava. O’Gara è l’unico a esserci riuscito 4 volte, di cui 3 grazie a un calcio di rimbalzo: è successo nel 2003 a Cardiff (25 a 24, drop al minuto 82), nel 2009 di nuovo a Cardiff (17 a 15, drop al minuto 78 per vincere il Grande Slam) e nel 2011 al Flaminio (13 a 11, drop al minuto 78) infrangendo i cuori italiani che avrebbero dovuto aspettare altri due anni prima di riuscire a battere l’Irlanda nel Torneo.
Ma non tutte le statistiche sono fatte per celebrare, e non tutti i record sono lusinghieri. Lo sa ad esempio Cristophe Lamaison, autore di un 6/11 dalla piazzola contro l’Italia al Flaminio, nel 2001 che è la prestazione ai pali con il maggior numero di errori di sempre. Lo sa anche Kelly Haimona, rimasto a 0 su 4 in Italia-Inghilterra a Twickenham nel 2015 (47 a 17 il punteggio finale).
Infelice anche il record di David Humphreys, talentuosa apertura dell’Ulster oscurata dalla stella di O’Gara, che nel 2006 accumulò cinque presenze in panchina per l’Irlanda, senza mai entrare. Sorte toccata nel 2000 anche a Frank Sheahan, anche lui irlandese, di ruolo tallonatore. Sheahan rimane però secondo nella speciale classifica dei giocatori rimasti in panchina per più volte in carriera (15), cedendo il passo a un altro irlandese, Guy Easterby (17 partite senza entrare). Curiosità: i quattro giocatori ad essere rimasti per più volte in panchina senza essere utilizzati sono tutti irlandesi, oltre a Easterby, Sheahan e Humphreys c’è anche Eoin Reddan.
Ross Ford, il centurione tallonatore della Scozia attualmente infortunato, è il detentore di un altro record: il maggior numero di partite consecutive senza segnare una meta al Sei Nazioni, con un quasi imprendibile record di 55, ovvero tutte le partite giocate da Ford nel Torneo. Un destino condiviso anche dai nostri Andrea Lo Cicero e Salvatore Perugini, mai a segno al Sei Nazioni in, rispettivamente, 49 e 46 presenze. Il capitano dell’Inghilterra Dylan Hartley è il quarto dell’elenco, con 45 partite giocate e nessuna meta al Sei Nazioni.
Ford condivide fra l’altro anche il record per la peggior percentuale di vittorie ottenute come capitano, cioè lo 0%, con Alessandro Moscardi. Mentre il record di Ford si basa sulle 5 partite disputate da capitano, Alessandro Moscardi ha dovuto registrare 10 sconfitte su 10 partite nei Sei Nazioni del 2001 e del 2002.
C’è un record negativo anche per il mito Brian O’Driscoll, che ha la peggior percentuale di drop segnati in carriera, con un solo calcio finito tra i pali su sei tentativi al Sei Nazioni (16,67%). Lo tallona da vicino François Thrin-Duc, con un discreto 2 su 11, pari al 18,18% di riuscita. E’ un francese anche il peggior calciatore nella storia del Sei Nazioni: Damien Traille ha una non invidiabile percentuale del 33%, con 4 dei 12 calci tentati realizzati.
E la squadra più letale nei momenti decisivi? Un titolo che si giocano il Galles e la Francia, entrambe le squadre detengono il 100% di vittorie all’ultima giornata del torneo quando devono giocarsi il Grande Slam. Il Galles lo ha fatto nel 2005, nel 2008 e nel 2012 (battendo l’Irlanda e due volte la Francia), mentre i Bleus ci sono riusciti nel 2002, nel 2004 e nel 2010 (contro Irlanda e Inghilterra). Memorabile, infine, l’impresa della Scozia nel 2000 che a Murrayfield negò il Grande Slam all’Inghilterra dopo aver perso tutte e quattro le partite precedenti.
Lorenzo Calamai
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