Sei Nazioni 2018: Scozia-Inghilterra, per l’onore, la Calcutta Cup e il Grande Slam

Gli inglesi per confermare il proprio dominio, i padroni di casa cercano l’impresa. E Townsend non rinuncia ai mind games

ph. Reuters

EDIMBURGO – Quando Scozia ed Inghilterra si sfidano, a prescindere dalla disciplina sportiva, danno sempre vita a gare entusiasmanti in cui però, soprattutto negli ultimi anni, alla fine vincono sempre i Bianchi.

In ambito rugbistico, la Scozia non batte gli acerrimi rivali da ben dieci anni; l’ultima volta in cui i Dark Blues hanno dormito con la Calcutta Cup nella bacheca del BT Murrayfield correva l’anno 2008 – in termini rugbistici.

Da allora entrambe le squadre sono migliorate molto, con l’Inghilterra che è tornata, dopo una Coppa del Mondo casalinga disastrosa, tra le prime al mondo e la Scozia che, tra qualche cucchiaio di legno, batoste e soddisfazioni, ha risalito la china del ranking mondiale arrivando fino al quinto posto, risultato che va attribuito al grandissimo lavoro di Vern Cotter e, nell’ultimo periodo, di Gregor Townsend. L’ultimo precedente non è incoraggiante per i Dark Blues, travolti 61-21 a Twickenham lo scorso anno dopo l’espulsione di Brown a pochi minuti dal fischio d’inizio.

Che partita ci aspetta?

Difficile dirlo, perchè questo Sei Nazioni, dopo due giornate, non ha ancora assunto una sua fisionomia, ma l’Inghilterra, che ha vinto ma faticando più del previsto contro il Galles nell’ultimo turno, sembra al momento ancora la favorita per il successo finale.

Da quando Eddie Jones si è preso carica della guida tecnica della Rosa – subito dopo la RWC 2015 – l’Inghilterra è cresciuta  esponenzialmente, arrivando a contendere agli All Blacks il titolo di miglior squadra al mondo (al momento).

Ma l’head coach non ha trovato una squadra pronta al grande salto: “Quando ho iniziato a lavorare con questa squadra sono rimasto impressionato dal povero stato di fitness dei giocatori: dopo venti minuti non potevano più correre. Dentro di me ho pensato: oddio, che decisione ho preso?”

Jones, che ha debuttato proprio al BT Murrayfield come head coach dell’Inghilterra due anni fa, ha visto netti miglioramenti e i suoi ragazzi hanno raccolto, da quel giorno, ventiquattro successi su venticinque gare giocate, un risultato impressionante. “La base del rugby professionale è la condizione fisica. Sono impressionato da quanto le cose siano migliorate in cosi poco tempo e credo che i giocatori debbano dare credito più a loro stessi che a me per quello che sono riusciti a fare.”

I due head coach si sono anche stuzzicati a distanza, perchè Gregor Townsend in settimana ha chiesto a Nigel Owens e ai suoi assistenti di “prestare attenzione al fatto che gli inglesi non siano in fuorigioco. Abbiamo riguardato la gara dello scorso anno e le loro ultime uscite e riescono a generare pressione e velocità in difesa e per farlo sembra non siano sempre a dieci metri di distanza, dove dovrebbero essere… Poi, se riescono a fare questo rimanendo anche in gioco, dovremo stare noi ancora più attenti.”

Jones, che di solito ama questi mind games, non si è lasciato impressionare e ha detto in conferenza stampa che “tutti gli analisti intelligenti ti dicono che il numero delle punizioni concesse, a partita, dev’essere inferiore a dieci, ma i dati dimostrano che le squadre vincenti commettono infrazioni. Allo stesso tempo, e voglio essere chiaro, posso dire che noi cerchiamo sempre di giocare rispettando le regole e cercando di non commettere falli; abbiamo anche invitato arbitri ai nostri allenamenti per aiutarci in questo. Se Gregor vuole parlare dell’arbitro lasciamolo parlare, io sono concentrato sulla gara.”

Le formazioni

La Scozia conferma in blocco la squadra che ha battuto la Francia, affiancando ad un imprevedibile Russell il più compassato – e affidabile – Greig Laidlaw, che ha perso sì il ruolo di capitano ma non la capacità di stare tranquillo quando chiamato in causa anche dalla piazzola. La crescita di Ali Price sembrava aver chiuso definitivamente le porte della Nazionale al mediano di Clermont, capace però di tenere la testa bassa, lavorare seriamente, recuperare dall’infortunio rimediato in ottobre e riconquistarsi posto in squadra, fiducia di tecnico ed ambiente e ruolo di ‘hero’.

L’Inghilterra, invece, cambia un elemento – Nathan Hughes al centro della terza linea al posto di Sam Simmonds che non è riuscito a recuperare dall’infortunio patito durante la vittoria dell’Inghilterra sul Galles – ma non ha bisogno di alterare particolarmente né game plan, né attitudine per questa gara. I campioni in carica sono ormai consapevoli del ruolo di favoriti e sembrano dare il loro meglio anche sotto pressione.

Se la gara resterà sui binari della ‘normalità’, difficilissimo che la Scozia possa impensierire l’Auld Enemy. Se Barclay e compagni sapranno, invece, fare del loro “caos organizzato” un’arma in più, questa sera potremmo discutere della prima, grande sorpresa di questo Sei Nazioni.

Scozia: 15 Stuart Hogg, 14 Tommy Seymour, 13 Huw Jones, 12 Pete Horne, 11 Sean Maitland, 10 Finn Russell, 9 Greig Laidlaw, 8 Ryan Wilson, 7 Hamish Watson, 6 John Barclay, 5 Jonny Gray, 4 Grant Gilchrist, 3 Simon Berghan, 2 Stuart McInally, 1 Gordon Reid
A disposizione: 16 Scott Lawson,17 Jamie Bhatti, 18 Willem Nel, 19 Tim Swinson, 20 David Denton, 21 Ali Price, 22 Nick Grigg, 23 Blair Kinghorn

Inghilterra: 15 Mike Brown, 14 Anthony Watson, 13 Jonathan Joseph, 12 Owen Farrell, 11 Jonny May, 10 George Ford, 9 Danny Care, 8 Nathan Hughes, 7 Chris Robshaw, 6 Courtney Lawes, 5 Maro Itoje, 4 Joe Launchbury, 3 Dan Cole, 2 Dylan Hartley (c), 1 Mako Vunipola
A disposizione: 16 Jamie George, 17 Joe Marler, 18 Harry Williams, 19 George Kruis, 20 Sam Underhill, 21 Richard Wigglesworth, 22 Ben Te’o, 23 Jack Nowell

Matteo Mangiarotti

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