Luca Morisi, l’emozione del ritorno. “La mia rivincita è essere di nuovo utile”

Il centro del Benetton legge anche il Sei Nazioni e il momento dell’Italia: “Un biennio decisivo, non ci sono più scusanti”

ph. Sebastiano Pessina

A Conor O’Shea sono bastate tre partite da titolare e 240 minuti consecutivi di ottimo livello – con picchi davvero notevoli – per richiamarlo in Nazionale. Se da un lato la convocazione immediata di Luca Morisi evidenzia una certa omogeneità di caratteristiche nel reparto, dall’altro conferma (se mai ce ne fosse bisogno) che l’attesa per il ritorno di un talento puro come il milanese fosse ampiamente giustificata.

È una grande emozione – ha dichiarato Morisi in un’intervista al Corriere dello Sport – e anche una soddisfazione personale dopo tutto quello che ho sopportato. Onestamente non mi aspettavo neanche di tornare nel giro azzurro così in fretta”. Il trequarti del Benetton non pensa ad eventuali rivincite: “Penso di essermela già presa, vedendo che dopo tanto tempo sono ancora considerato utile”.

Dal suo esordio con la maglia azzurra, in effetti, di tempo ne è passato: era l’11 febbraio 2012, il giorno del famoso Italia-Inghilterra sotto la neve in cui gli Azzurri sfiorarono la vittoria, venendo battuti soltanto per 15-19. Morisi entrò al 63′ al posto di Gonzalo Canale, per poi riassaggiare la Nazionale a giugno con la prima presenza da titolare (e 80 minuti filati) negli Stati Uniti.

Il 2013/2014 sembrava essere l’anno dell’affermazione definitiva di Morisi in Nazionale, ma il placcaggio di Tikoroituma contro le Fiji gli valse l’asportazione della milza e il primo lungo stop della carriera. L’annata giusta sarebbe stata la prossima allora, tant’è che nel 2014/2015 gioca tutti i tre Test Match autunnali e tutte le cinque partite del Sei Nazioni, con la doppietta firmata a Twickenham contro l’Inghilterra come highlights personali.

Resterà, tuttavia, l’unico periodo in cui il milanese troverà una reale continuità con la Nazionale, perché nel settembre 2015 arriverà il primo grave infortunio al ginocchio contro il Galles, al ei fu Millennium Stadium. Seguiranno quelli dell’aprile e del dicembre 2016 al crociato, che gli hanno consentito di giocare appena dodici partite in tutto l’anno solare. I motivi per i quali Morisi, a 27 anni, si ritrova con soli 16 cap in Nazionale e 50 presenze in sei stagioni con il Benetton sono presto spiegati, insomma.

Mentre Morisi assisteva prevalentemente dall’infermeria, soprattutto nella franchigia la situazione sembra essere diversa. “Parlo per quello che vivo io a Treviso, dove stanno iniziando a vedersi i frutti dell’arrivo di Kieran Crowley e della stabilità societaria, quindi un misto di ragioni tecniche e ambientali. Ci sono stati anni difficili, con una sorta di ombra che aleggiava, ora anche noi giocatori siamo più uniti”. La strada sembra tracciata anche per la Nazionale, secondo Morisi: “Mi sembra scontato che prima o poi tutti questi aspetti si rifletteranno sull’Italia. Da Conor non sono mai stato allenato, non conosco il sistema di gioco che è diverso sia da quello delle Zebre sia dal nostro, ma saprò adattarmi: è la qualità dei più forti”.

In attesa di conoscere le intenzioni del CT irlandese sulla squadra da portare a Cardiff, Morisi offre il suo parere il suo Galles (“Squadra solidissima, che ha fatto ulteriori passi in avanti. Giocano in maniera spumeggiante e imprevedibile, con una fisicità mostruosa e una difesa impressionante) e sul Sei Nazioni nel suo complesso: “Guardando da fuori mi sembra che quest’anno il livello si sia innalzato, l’intensità è incredibile. Rispetto al livello dei club le nazionali più forti sono due gradini più in su”.

“L’Italia più o meno è ancora a livello delle franchigie – continua Morisi –  La serie nera finirà, siamo in un periodo di transizione. E non dimentichiamo che giochiamo contro avversari che ora valgono quelli dell’emisfero sud”. Anche se infortuni e presenze possono farlo sembrare – erroneamente – ancora un giovane o comunque inesperto, nelle sue dichiarazioni il milanese dimostra di avere grande consapevolezza dell’ambiente azzurro, nonostante il tanto tempo trascorso in infermeria: “Il biennio 2018-19 sarà decisivo. Ormai è chiaro che non ci sono più scusanti. Anche noi giocatori dobbiamo capirlo, stringere i denti e dare di più”.

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