Venerdì 9 Maggio 2025

Anche in Nuova Zelanda il poaching sta diventando un problema

Dopo i tanti giocatori pescati nel Pacifico, la Federazione è ora preoccupata per i contratti offerti ai propri giocatori (anche 15enni)

nuova zelanda

A destra, il CEO della Federazione neozelandese, Steve Tew (ph. Reuters)

Il poaching, ovvero il ‘prelievo’ di giovani giocatori da parte delle Federazioni più forti e ricche, è sempre stato uno dei problemi più grandi da affrontare per Samoa, Tonga e Fiji, impossibilitate a trattenere i propri talenti più interessanti a causa dell’invadenza delle grandi nazionali. Al giorno d’oggi, tuttavia, i rapporti di forza che riguardano queste pratiche sembrano essere cambiati, perché chi prima era tra i più attivi nel ‘bracconaggio’ nel pacifico (la Nuova Zelanda) ora rischia di subirlo pesantemente a sua volta.

Ai nostri antipodi, infatti, sta crescendo l’apprensione per i giovani di 15 anni che sono stati messi nel mirino dalle potenze dell’Emisfero Nord, come ha ammesso il Chief Executive Officer della Federazione, Steve Tew, in un’intervista al Telegraph. È su questa fattispecie che si sta interrogando la NZRU, e non sull’esodo degli ultimi anni che ha portato giocatori Cruden, Luatua, Fekitoa, Faumuina, Slade e Kerr-Barlow ad emigrare in Francia o Inghilterra pur non essendo a fine carriera.

“Siamo preoccupati per i nostri giocatori da un po’ di tempo, in particolare per il mercato francese, ma anche per l’Inghilterra e il Giappone. La situazione è più calda di quanto non lo sia mai stata. I club parlano sempre di più agli agenti riguardo a giocatori sempre più giovani, al punto che dovremo sederci per essere sicuri che non parleremo ai ragazzi prima che loro non siano pronti a prendere questo tipo di decisioni. Si tratta di teenager, alcuni quindicenni, che vengono contattati per firmare con club di rugby union o league. È allarmanete, dobbiamo essere molto prudenti”.

Secondo Tew, inoltre, l’estensione a cinque anni del periodo di residenza legato all’eleggibilità di un giocatore (effettiva dal 2020) potrebbe aver spinto le società a puntare su giocatori sempre più giovani. “La nuova regola potrebbe o non potrebbe aiutare – ha detto Tew – I club potrebbero puntare gli atleti ancora prima e provare a renderli eleggibili nei cinque anni successivi. Quello che stiamo vedendo al momento è che ai giovani vengono offerti contratti più lunghi. È un enigma senza una soluzione semplice in un mercato libero. Una situazione pessima per la Nuova Zelanda, ma ancora peggiore per Samoa, Fiji e Tonga”.

Tew offre anche un’altra chiave di lettura più tecniche per queste nuove tendenze. “È motivo di preoccupazione per noi, ma dovrebbe esserlo anche per le Unions estere, perché vediamo giocatori stranieri occupare ruoli importanti all’interno delle varie squadre. E sul lungo periodo potrebbe non essere vantaggioso”.

Come ha intenzione di muoversi dunque la Federazione neozelandese, sul medio-lungo periodo? Stante la regola che vieta la convocazione dei giocatori impegnati oversea, Tew ha spiegato al Telegraph che la NZRU vorrebbe instaurare dei rapporti con alcune società estere dove eventualmente i giocatori potrebbero trascorrere dei periodi sabbatici. Così facendo, gli atleti massimizzerebbero i propri guadagni, mentre la NZRU monitorerebbe il loro sviluppo riportandoli poi alla base. “I giocatori andrebbero nei club con cui abbiamo delle connessioni – ha spiegato Tew – Ci aiuterebbe a restare in contatto con loro”.

Il primo passo è stato già compiuto, perché proprio nelle scorse ore gli Harlequins hanno annunciato ufficialmente l’inizio di una collaborazione con la NZRU “per una serie di progetti legati a giocatori, allenatori e a opportunità commerciali”. Il CEO del club inglese, David Ellis, ha commentato così l’accordo: “Questo allineamento permetterà a tutti di imparare da differenti realtà e di relazionarsi con persone, culture e sfide differenti”.

Con chi, invece, la Federazione neozelandese mantiene già relazioni piuttosto stabili è il folto gruppo di allenatori impegnati lontano dalla propria patria, perlomeno stando alle parole di Tew. “La chiave è la comunicazione e l’essere sicuri che loro sappiano cosa stia succedendo – ha detto Tew, rispondendo in particolare nel merito di Warren Gatland e Joe Schmidt, coach di Galles e Irlanda – Se volessero venire qui, la transizione potrebbe essere compiuta nel più breve tempo possibile. Abbiamo parlato con Warren sia lo scorso anno a Cardiff sia in Nuova Zelanda, non siamo sconosciuti”.

 

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