Cinque momenti decisivi per il trionfo dell’Irlanda

Le azioni più iconiche che hanno segnato il terzo trionfo dei Verdi negli ultimi cinque anni

irlanda

ph. Sebastiano Pessina

Dopo due anni di successi inglesi il Sei Nazioni è ritornato nelle mani dell’Irlanda, al terzo titolo negli ultimi cinque anni. Dall’introduzione del professionismo nel rugby, l’era di Joe Schmidt è già la più trionfale per la nazionale del trifoglio, che prima dell’arrivo del CT neozelandese aveva vinto appena un torneo (nel 2009) nelle ultime ventitré edizioni – senza contare poi le vittorie su All Blacks, Sudafrica e Australia nel 2016. In attesa della sfida finale contro l’Inghilterra, ripercorriamo i cinque momenti più iconici nella cavalcata irlandese verso il trofeo.

1. The Drop (Francia – Irlanda)

Quando qualcuno, in futuro, penserà al Sei Nazioni 2018, la prima immagine che ne riempirà la mente ovale sarà quasi certamente quella del drop di Sexton a Parigi, uno dei momenti più drammatici dell’ultima decade di rugby ad alto livello. Una giocata straordinaria, in grado di ribaltare una partita storta, e di cambiare le sorti di un intero torneo.

L’Irlanda si è presentata a Saint Denis, al debutto nella competizione, carica di aspettative, con i favori del pronostico sulla singola partita (pur giocandola in trasferta) e pure con i galloni da cofavorita (assieme agli inglesi) nella corsa al titolo finale. La gara, giocata e controllata per almeno un’ora abbondante di match con estrema perizia difensiva e discreto cinismo nello sfruttare l’indisciplina dei ragazzi di Brunel, però, era incredibilmente scappata via negli ultimi dieci minuti: la meta di Thomas e un piazzato avevano messo i francesi davanti, sul 13-12, proprio sul filo di lana.

Quando il déjà vu fatale, con il medesimo esito del 2016, stava per assumere contorni definitivi, però, ecco azione e giocata che hanno sovrascritto la memoria del CD “Sei Nazioni 2018”. Il collettivo di Schmidt ha saputo andare oltre il destino che sembrva voltargli le spalle, recuperando immediatamente il pallone su un proprio calcio, e portando avanti un multifase intermibabile e sfibrante, sublimato anche da un cross-kick di bellezza stordente (#SextonToEarls) e grande efficacia, che ha permesso agli irlandesi di tornarre appena dentro la metà campo avversaria. Poi ecco la magia: Murray per Sexton, che da posizione centrale, qualche metro appena oltre la metà del campo, a tempo ampiamente scaduto, ha tirato fuori dal cilindro un drop sensazionale, che ha mandato in visibilio un’isola nella sua totalità.

2. La bellezza sta nei dettagli (Irlanda-Galles)

Nel corso di una giornata al piede stranamente imprecisa per i suoi canoni, Johnny Sexton ha saputo lo stesso come indirizzare Irlanda-Galles. L’apertura di Leinster, infatti, ha stappato il difficile match casalingo coi Dragoni (che avevano già messo la zampa avanti in avvio col piazzato di Halfpenny), eseguendo, abbondantemente dentro i 22 metri ospiti, un passaggio frustato cinque stelle extra lusso, in grado di scardinare l’apparato di protezione allestito da Gatland.

Difesa rossa in tilt, Aki scavalcato volutamente dall’ovale liftato, comoda ricezione per Stockdale, che si è ritrovato cona un’autostrada davanti a se per marcare la prima meta dell’incontro. A Parigi con il piede, a Dublino con le belle mani, Johnny Sexton, con un mix mortifero (per gli altri) di classe, competenza e coraggio, in avvio di torneo, non ha fatto sconti a nessuno, regalando spettacolo e garantendo punti pesanti ai suoi in ogni modo possibile ed immaginabile su un campo da rugby.

3. Un intercetto di liberazione (Irlanda – Galles)

I Verdi hanno dovuto vincere la partita contro i Dragoni almeno due volte. La contesa sembrava chiusa dopo le mete di Leavy e Healy nei primi venti minuti del secondo tempo, con cui i padroni di casa avevano distanziato il Galles di quattordici punti. Le risposte di Shingler e Evans però avevano messo tutto di nuovo in discussione, riportando gli uomini di Warren Gatland sul 30-27 a pochi minuti dal termine e con la possibilità di risalire il campo con l’ultima azione, per pareggiare o addirittura vincere la partita.

A metà campo, i Dragoni decidono di dare subito aria alla palla, senza passare per raggruppamenti centrali in modo da fissare la difesa e risalire il campo con più pazienza. E’ vero che i gallesi avevano costruito le proprie fortune nella ripresa su un maggiore movimento del pallone, ma in questo caso Anscombe accelera troppo i tempi e non si accorge che il suo attacco è ancora schierato troppo in profondità. In più dalle mani dell’apertura esce fuori una palombella, morbida e arcuata, che finisce comodamente nelle mani della spia Stockdale.

L’ala irlandese non si era distinta molto fino a quel momento in difesa, ma riesce a sfruttare la situazione favorevole alla difesa per uscire dai blocchi e avventarsi sul pallone, volare in meta e chiudere la questione una volta per tutte.

4. Il passaggio di Huw Jones (Irlanda – Scozia)

La Scozia è una squadra impaziente, a tratti caotica, che probabilmente esprime il suo meglio quando gioca sul filo del rasoio, togliendo ogni freno inibitore alla propria manovra. Ingessare troppo giocatori estrosi come Russell, Huw Jones o Hogg del resto sarebbe soltanto controproducente, ragion per cui i Dark Blues non rinunciano mai a correre quando vedono o intravedono un intervallo interessante nelle difese avversarie.

Contro l’Irlanda non sono mancate situazioni di questo tipo, e una di queste stava per portare alla più classica delle mete scozzesi segnate assumendosi grossi rischi, a partire dalla touche per se stesso di Russell, passando per il lungo passaggio di Maitland fino alla splendida intuizione di Jones per scavalcare Earls. Tutte giocate che stavano per pagare dei dividendi altissimi sul 7-3 irlandese e al 28′, ma al momento di fare la cosa più facile di tutte Jones un po’ incredibilmente sbaglia ogni cosa: angolo di corsa, timing, forza del passaggio… E’ anche bravo Sexton a posizionarsi bene con il corpo, ma il regalo degli scozzesi ha evitato che la partita potesse prendere una piega diversa. Anche le vittorie più epocali possono passare da qualche piccolo colpo di fortuna, o da errori avversari.

 

5. Aki-Ringrose, il loop che non ti aspetti

Siamo abituati ormai da anni a vedere Sexton girare attorno ai propri compagni di squadra e farsi restituire il pallone dopo il primo passaggio, in quello che in gergo calcistico potrebbe essere un ‘uno-due’ e che gli appassionati della palla ovale conoscono come ‘loop’ o ‘raddoppio’. Il mediano del Leinster lo fa con chiunque, dai piloni ai centri, senza distinzione di sorta: l’unica costante è per l’appunto la sua presenza.

Per stanare una difesa della Scozia molto attenta, tuttavia, Joe Schmidt ha apportato qualche piccola modifica alle sue canoniche strutture di gioco offensive, dimostrando di saper trovare sempre nuove soluzioni soprattutto quando bisogna rifinire azioni dalla corta distanza. Nella fattispecie, invece di andare da Sexton verso destra, questa volta Murray cambia ricevitore e punta su Ringrose, che già dal morbido passaggio direzionato a Aki dimostra di voler giocare il loop con il compagno di reparto.

Il movimento complessivo è tutt’altro che veloce, ma la difesa poco rapida nello scivolare e il passaggio – questo sì – e l’immediato passaggio di Ringrose verso Stockdale consente all’ala di giocare l’1 vs 1 contro Kinghorn e batterlo molto facilmente tornando sull’interno, marcando la meta del 14-3 proprio allo scadere e dando lo slancio fondamentale ai suoi per il grande inizio di ripresa.

Daniele Pansardi
Matteo Viscardi

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