Sei Nazioni 2018: a Twickenham non si gioca solo per l’onore, c’è un Grande Slam di mezzo

Un anno dopo, a ruoli invertiti. La seconda e la terza squadra al mondo si sfidano nell’ultima giornata del Sei Nazioni

ph. Sebastiano Pessina

L’inseguimento al Grande Slam. E’ questo il tema della sfida fra Inghilterra e Irlanda, un classico che per il secondo anno di fila si rinnova coinvolgendo la rincorsa al trofeo più prestigioso di tutti, quello per chi riesce a vincere tutte le partite. Lo scorso anno fu l’Irlanda a stroncare i sogni di gloria dell’Inghilterra in quel di Dublino, quest’anno a Twickenham tocca agli albionici tentare di vendicarsi.

L’Irlanda ha vinto a Twickenham otto anni fa per l’ultima volta, con una squadra di cui rimangono superstiti Johnny Sexton, Cian Healy, Keith Earls, Rory Best e Sean Cronin, che vestiranno le stesse maglie del 2010 questa sera nel fortino del rugby inglese.

La squadra di Joe Schmidt arriva sull’onda dei trionfi di un Sei Nazioni vinto con merito, agevolato dalle tre partite consecutive fra le mura amiche ma nondimeno ottenuto con vittorie sempre convincenti, più di tutte l’ultima sulla Scozia sabato scorso. 19 punti in classifica su 20 disponibili, 17 mete segnate, il miglior attacco (136 punti fatti) e la miglior difesa (67 subiti) del torneo parlano da soli del livello a cui si è espressa questa Irlanda, oggi seconda nel ranking mondiale.

Se c’è una squadra che può però rovinare la festa degli irlandesi è proprio l’Inghilterra, che ha perso quella seconda posizione a causa delle due sconfitte consecutive contro Scozia e Francia. Un’Inghilterra colpita nelle proprie certezze e alla ricerca di un nuovo slancio, per approdare al gradino successivo della crescita di un gruppo che non fa mistero di puntare alla Coppa del Mondo 2019.

E’ il momento più difficile dell’era Eddie Jones, che mai aveva perso due partite consecutive da quando è allenatore dell’Inghilterra. Si misura adesso il valore del lavoro svolto negli ultimi due anni, nel momento di difficoltà aggravato da una serie di infortuni che mettono a dura prova la profondità della rosa inglese.

Le scelte dell’head coach sono però solamente parzialmente dettate dalle esigenze fisiche dei propri atleti. Per Nathan Hughes rientra Sam Simmonds, giocatore di oramai comprovato valore che però risponde meno ai dettami del numero 8 bulldozer cercato da Jones. Al posto di Courtney Lawes, invece, entra una terza linea pura come James Haskell, dirottando Robshaw dal lato chiuso.

In panchina Don Armand, 29enne dello Zimbabwe equiparato inglese grazie alla sua militanza negli Exeter Chiefs al fianco proprio di Simmonds. In Inghilterra tanti lo vorrebbero titolare. Jones gli ha finora concesso una presenza dalla panchina nel tour di giugno in Argentina. Un giocatore fisico e brutale, ma anche sorprendentemente rapido, ottimo ball carrier e capace di coprire tutti i ruoli della terza linea.

Eppure quando la stampa inglese parla della composizione della terza linea inglese giustamente evidenzia l’assenza di un altro tipo di giocatore, quel classico openside specialista del punto d’incontro che può mettere in crisi il possesso avversario e assicurare la continuità sul proprio. Lamenta insomma l’assenza di un giocatore come Sam Underhill, fermato da un infortunio.

Un tipo di giocatore che invece è presente fra le fila irlandesi, ed è Dan Leavy, ben coadiuvato peraltro da Peter O’Mahony che condivide con lui alcune delle competenze nel rallentamento e nella contesa dei possessi avversari.

Gli altri cambi di Eddie Jones indicano la volontà di cambiare leggermente lo stile di gioco, optando per una trama molto più semplice e diretta: Owen Farrell si sposta a dieci al posto di Ford, escluso per la prima volta da quando Eddie Jones è allenatore, e Ben Te’o a dodici, per sfruttare il suo potenziale in penetrazione in maniera più immediata. Anche l’inserimento di Kyle Sinckler in prima linea obbedisce alla necessità per gli inglesi di trovare fin da subito l’avanzamento con i portatori di palla per poi innescare le frecce all’esterno, Joseph, May e Watson su tutti.

La scelta di Wigglesworth per Care risponde invece a una scelta di gestione del gioco. Il 9 degli Harlequins è più consono a finire il match, mentre quello dei Saracens è maggiormente un gestore. L’obiettivo però dell’Inghilterra è chiaro: puntare tutto sulla potenza fisica per scardinare gli avversari. E se ci sarà da vincerla a forza di calci di punizione, nessun problema.

Dall’altra parte anche l’Irlanda dovrà variare l’approccio alla partita, soprattutto per quanto riguarda la fiducia riposta nel gioco aereo, dove l’Inghilterra ha molte munizioni nel caricatore. Per il resto vedremo una partita che si giocherà molto sui punti d’incontro, così com’è stato per tante delle partite di questo Sei Nazioni, in particolare quelle che hanno coinvolto la squadra irlandese, probabilmente la migliore al mondo dal punto di vista collettivo nelle situazione di breakdown.

Tanti i testa a testa affascinanti: dai due Lions Farrell e Sexton che si fronteggeranno con la maglia numero 10, alla sfida fra due tallonatori con la fascia di capitano come Dylan Hartley e Rory Best, fino al fronteggiarsi di due centri con la maglia numero 12 di origine neozelandese, che fanno dell’impatto la loro caratteristica distintiva.

Infine, c’è da considerare il fattore campo: se si esclude Italia-Inghilterra, l’Irlanda è stata l’unica squadra capace di andare a vincere in trasferta (a Parigi) in questo Sei Nazioni. Giocare in casa è un fattore decisivo che non può essere trascurato e, nonostante le premesse, vincere a Twickenham, dove l’Inghilterra non perde dalla Coppa del Mondo 2015, resta un’impresa per chiunque.

Le formazioni

Inghilterra: 15 Anthony Watson, 14 Jonny May, 13 Jonathan Joseph, 12 Ben Te’o, 11 Elliot Daly, 10 Owen Farrell, 9 Richard Wigglesworth, 8 Sam Simmonds, 7 James Haskell, 6 Chris Robshaw, 5 George Kruis, 4 Maro Itoje, 3 Kyle Sinckler, 2 Dylan Hartley (c), 1 Mako Vunipola
A disposizione: 16 Jamie George, 17 Joe Marler, 18 Dan Cole, 19 Joe Launchbury, 20 Don Armand, 21 Danny Care, 22 George Ford, 23 Mike Brown

Irlanda: 15 Rob Kearney, 14 Keith Earls, 13 Garry Ringrose, 12 Bundee Aki, 11 Jacob Stockdale, 10 Johnny Sexton, 9 Conor Murray, 8 CJ Stander, 7 Dan Leavy, 6 Peter O’Mahony, 5 Iain Henderson, 4 James Ryan, 3 Tadhg Furlong, 2 Rory Best (c), 1 Cian Healy
Replacements: 16 Sean Cronin, 17 Jack McGrath, 18 Andrew Porter, 19 Devin Toner, 20 Jordi Murphy, 21 Kieran Marmion, 22 Joey Carbery, 23 Jordan Larmour

 

Lorenzo Calamai

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