Il biglietto da visita di Jake Polledri

Il flanker cresciuto in Inghilterra potrebbe essere diventato già indispensabile per la Nazionale

polledri

ph. Luca Sighinolfi

Un anno fa, Jake Polledri seminava il panico nella National League 1, il terzo livello del rugby inglese. Insieme a Sebastian Negri, trascinava l’Hartpury alla promozione nel Championship segnando 16 mete in un campionato letteralmente dominato dal club fortemente legato al Gloucester, capace di vincere 30 partite su 30 e di conquistare 148 punti sui 150 disponibili. Proprio i cherry&white hanno voluto fargli compiere un doppio salto mortale e farlo approdare in Premiership, per un cambio repentino di categoria non scontato e tutt’altro che banale.

Dopo un mese a guardare da lontano i compagni, il coach Johan Ackermann lo ha progressivamente inserito all’interno della squadra ricevendo risposte sempre confortanti dal classe ’95. La prima presenza da titolare è arrivata in Challenge Cup, mentre in Premiership è entrato nel XV iniziale il 24 novembre contro Newcastle e non ne è più uscito: da quel momento, in campionato sono arrivate 8 presenze e una spettacolare meta contro i London Irish, scelta come la migliore della decima giornata.

Nel momento in cui un talento del genere comincia a fare la differenza ad un livello così alto, per il movimento italiano sembra quasi inevitabile garantirgli un posto da titolare. La motivazione principale, in questo senso, è che per molti ragazzi provenienti dal Pro14 l’impatto con il Sei Nazioni è fin troppo traumatico (vedasi Giammarioli, Boni, Ferrari e in parte Licata), mentre l’asticella posta dalla Premiership consente un migliore adattamento in tempi brevi ad una realtà più competitiva e pressante come il torneo appena concluso.

Ciò nonostante, Polledri è stato inserito da O’Shea soltanto nell’ultima giornata, probabilmente soltanto a causa dell’infortunio occorso a Maxime Mbandà e delle scelte mirate di far partire Licata e Steyn a partita in corso. “Sarà una buona opportunità per Jake, anche se arriva un po’ presto rispetto al nostro piano” – aveva dichiarato il CT irlandese nella conferenza stampa pre partita, facendo capire che non avrebbe puntato sull’italo-inglese nemmeno contro la Scozia se non ci fossero state contingenze esterne.

Una scelta tanto legittima quanto non pienamente comprensibile, vista la grande prestazione fornita dal giocatore all’Olimpico per i 67 minuti in cui è rimasto in campo. Per le sorti italiche nel torneo non sarebbe cambiato granché, ma l’impressione è che per qualità e competenze fisiche e tecniche Polledri possa essere già considerato un titolare di questa Nazionale.

Una partita per farsi conoscere

Nelle nove partite giocate per l’Italia Under 20, tra Sei Nazioni e Mondiali di categoria, Polledri si era già messo in mostra per le sue spiccate doti di ball carrier e per la grande facilità con cui riesce a guadagnare la linea del vantaggio, mettendo a disposizione palloni di qualità per i compagni. Entrare velocemente nei meccanismi di una squadra diversa da quella in cui si gioca abitualmente può non risultare semplice, e certe peculiarità potrebbero non essere esaltate al meglio, ma Polledri è comunque riuscito a farsi notare.

Anche da fermo, e senza sostegno, l’azzurro fa valere i suoi 106kg
e l’ottima tecnica nel liberarsi dal doppio placcaggio scozzese per dare continuità all’azione.

In fase offensiva, l’ex Hartpury si è rivelato fin da subito un fattore non indifferente. Il 22enne ha portato la palla in avanzamento 10 volte, andando oltre la linea del vantaggio in 5 occasioni e senza mai soffrire realmente gli impatti con i diretti avversari, per un guadagno totale di 27 metri. I difensori battuti sono stati 3, mentre l’unico break nella difesa scozzese è arrivato in occasione della seconda meta di Allan, in cui ha messo in mostra il pezzo forte del suo repertorio.

Wilson commette un errore fatale con un ball carrier del genere: prova a placcare al corpo.
Solo che con l’upper body di Polledri c’è poco da scherzare.
La forza nelle gambe con cui sfugge all’avversario e semina gli altri due in rimonta è altrettanto impressionante.

Poco prima, il suo nuovo – e vecchio – compagno di reparto Negri aveva mostrato le sue capacità offensive con il break della meta annullata per l’in avanti precedente. Una coppia di terze linee così abile nel rompere la linea e, in generale, nel mettere l’Italia sul piede avanzante raramente si era vista nell’ultimo lustro in Nazionale, dove a parte Parisse si sono alternati soprattutto giocatori dotati di grande tempra e resistenza, forti in difesa e nello sporcare i punti d’incontro, ma non altrettanto a proprio agio con la palla in mano. Rispetto al recente passato, insomma, sembra esserci un’inversione di tendenza.

Ma contro la Scozia Polledri non ha giocato soltanto una sontuosa partita in attacco, perché il flanker del Gloucester si è ben distinto anche in difesa con 12 placcaggi riusciti su 12 di cui alcuni molto efficaci e in avanzamento, altro dettaglio spesso poco ricorrente nelle partite dell’Italia.

Il sistema difensivo azzurro prevede un raddoppio sistematico del placcaggio.
Qui Watson sfida Polledri, che nella fattispecie non è supportato da compagni di squadra,
ma il flanker scozzese trova la porta chiusa a doppia mandata.

Confrontando Polledri con Negri, inoltre, si può notare come i due si completino per quanto riguarda le caratteristiche difensive. Mentre il flanker del Benetton Treviso è prevalentemente un numero 6, l’interpretazione del ruolo da parte del nativo di Bristol si avvicina di più a quella di un numero 7 che ha come caratteristiche anche cacciare a terra il pallone.

Non siamo forse di fronte ad un fetcher puro alla Simone Favaro, ma Polledri non sembra comunque disdegnare il tipo di lavoro richiesto ai grillitalpa, attaccando il punto d’incontro avversario soltanto quando lo reputa effettivamente vulnerabile. Il quadro generale ci restituisce un giocatore a cui l’Italia non sembra poter rinunciare in futuro, non tanto per quanto dimostrato in una sola partita a livello internazionale, quanto più per le caratteristiche aggiuntive che Polledri porta ad una Nazionale spesso asfittica palla in mano, o poco energica in difesa.

Daniele Pansardi

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