Minozzi è il miglior estremo quasi all’unanimità, mentre Negri perde il confronto con Shingler. Nove gli irlandesi
C’è tanta Irlanda, ma non solo, nella formazione ideale del Sei Nazioni 2018 scelta dalla redazione di On Rugby. Nel XV trova spazio anche Matteo Minozzi quasi all’unanimità, mentre Sebastian Negri viene battuto di un solo voto nella battaglia con il pari ruolo Aaron Shingler. Trovano spazio tutte le squadre, con un inglese, un gallese e due francesi a completare il cerchio.
15 – Matteo Minozzi (Italia)
Ha solo 21 anni, è appena al primo Sei Nazioni – anzi, alla prima stagione nell’alto livello ovale – ma cominciano già a sprecarsi le parole per raccontare l’impatto del Diablo sulla realtà internazionale. A novembre lo avevamo visto per pochi spezzoni di partita (e già contro l’Argentina aveva sempre battuto il diretto avversario nelle poche occasioni avute), due mesi dopo O’Shea ha rivisto le sue gerarchie e lo ha subito lanciato dentro affidandogli notevoli responsabilità. Il padovano ha dimostrato di essere un vero e proprio gioiello, non solo per le sue capacità offensive ma anche per quelle difensive, che gli hanno consentito di compiere diversi placcaggi salvifici. È l’unico esordiente nel torneo di formazione italiana a non soffrire mai il salto dal Pro14 al Sei Nazioni. Menzione anche per Rob Kearney.
14 – Keith Earls (Irlanda)
Una delle migliori fotografie del suo Sei Nazioni è l’incredibile placcaggio su Daly all’ultima giornata, quando l’ala di Munster è riuscito a recuperare una situazione di netto svantaggio con un’emozionante francesina. Prima di allora, il torneo di Earls era stato pressoché perfetto: non è vistoso come il collega Stockdale, ma contribuisce a rendere ben oliata la straordinaria macchina irlandese. Un lottatore nato.
13 – Huw Jones (Scozia)
Gioca due partite superbe contro Francia e Inghilterra, confermandosi uno dei migliori interpreti del ruolo nell’Emisfero Nord. Ha una grande influenza nell’attacco scozzese, visto che molte giocate sembrano ruotare attorno al suo dinamismo e alla sua velocità nel punire i buchi lasciati dalla difesa. Contro l’Irlanda si conferma minaccioso come di consueto, ma incappa in uno degli errori più comici del torneo. Finisce un po’ in calando, ma nel frattempo le mete segnate in 15 presenze con la nazionale sono 10, come i break creati in tutto il torneo. Una menzione anche per Garry Ringrose.
12 – Owen Farrell (Inghilterra)
Alla fine il trequarti inglese risulta essere il giocatore con più placcaggi sbagliati del torneo (17), ma non tutti di questi hanno un peso specifico enorme visto l’impianto difensivo dell’Inghilterra, che prevede sempre una copertura efficace all’interno o esterno del placcatore. Proprio in difesa comunque conferma tutte le sue doti di lettura e capacità di adattarsi all’avversario, oltre che di leadership nel comandare in prima persona la linea. Uno dei pochi a non mollare mai nella disastrosa seconda parte di torneo dell’Inghilterra. Due menzioni anche per Hadleigh Parkes.
11 – Jacob Stockdale (Irlanda)
Una macchina da mete paragonabile soltanto a Rieko Ioane, che alla prima stagione con gli All Blacks ha firmato 11 mete in 13 presenze. Se già i numeri dell’ala neozelandese sembravano pazzeschi, quelli del 21enne irlandese sono addirittura migliori: in 10 presenze le marcature sono già 12, di cui 7 (record per un singolo Sei Nazioni) nello splendido torneo giocato dall’Ulsterman. La ciliegina sulla torta è la straripante azione per la meta segnata a Twickenham.
10 – Jonathan Sexton (Irlanda)
Quel drop chiamiamolo pure ‘The Drop’, un po’ come ‘The Shot’ di Michael Jordan nella gara-5 di Bulls-Cavaliers nei playoff NBA del 1989. Il colpo di Sexton merita di restare incastonato nella nostra memoria con un nome iconico, perché da lì è partita l’imperiosa cavalcata dell’Irlanda nel Sei Nazioni 2018, che l’ha portata fino al Grande Slam. Dopo la magia di Parigi, l’apertura ha poi guidato con sapienza e qualità i Verdi in tutte le altre partite, mettendo sempre la firma in ogni partita.
9 – Conor Murray (Irlanda)
Per certi versi, la costanza di rendimento del mediano di mischia del Munster è ancor più impressionante rispetto a quelal di Sexton. Smista più palloni di tutti nel torneo, sempre con una precisione e un timing invidiabile da tutti i colleghi di Ovalia, servendo anche quattro assist ai propri compagni. I calci dal box sono sempre una gioia per estetica, potenza ed efficacia. E contro il Galles mette dentro anche un piazzato fondamentale.
8 – CJ Stander (Irlanda)
Non è stato il torneo dei numeri otto (quanto è mancato Billy Vunipola all’Inghilterra), ma il ball carrier di origini sudafricane ha svolto il solito enorme lavoro all’interno del gameplan di Joe Schmidt. Guida la classifica dei palloni portati (96) e mantiene un work rate elevato in tutte e cinque le partite.
7 – Yacouba Camara (Francia)
A 23 anni disputa il torneo della consacrazione, che lo proietta forse definitivamente tra i migliori open flanker del continente. Giocatore dal fisico slanciato più che possente, Camara in campo riversa un’eccezionale dose di dinamismo e di notevoli competenze rugbistiche sia in attacco sia in difesa, dove sbaglia appena un placcaggio su 49 tentati. In touche è un rebus irrisolvibile soprattutto per l’Italia a Marsiglia. Con un gioco più variegato e aperto, potrebbe creare non pochi problemi palla in mano. Menzioni anche per Dan Leavy e Josh Navidi.
6 – Aaron Shingler (Galles)
Come Camara, anche lui è prima di tutto una delle sorprese del torneo, trasformatasi gradualmente in certezza per il Galles di Warren Gatland. Nelle ultime due partite gli viene preferito Justin Tipuric, ma nelle prime tre giornate è di gran lunga uno dei migliori giocatori del Sei Nazioni insieme a Navidi. È un elemento fondamentale per il gioco più moderno e audace dei Dragoni vista la sua ottima tecnica individuale (e ruba anche 3 touche), nonostante sia entrato in squadra soltanto per l’assenza di Lydiate. Vince la sfida con Sebastian Negri per quattro voti a tre.
5 – Devin Toner (Irlanda)
Tre partite da titolare, un totale di 237 minuti e due partite di grande impatto soprattutto contro Italia e Galles. In touche al solito è un’arma difficile da disinnescare per i ricevitori avversari. Due menzioni anche per un titanico Alun-Wyn Jones e per l’instancabile Jonny Gray, il placcatore più impegnato del torneo con 100 interventi.
4 – James Ryan (Irlanda)
Uno dei volti del rinnovamento irlandese, considerato da molti in patria un leader naturale per il grande lavoro svolto in campo e per la personalità dimostrata nonostante i 21 anni all’anagrafe. Alla sua prima stagione ad alto livello è già diventato una pedina fondamentale per Leo Cullen a Leinster e per la nazionale. In più, ha una statistica impressionante: in 17 partite giocate tra franchigia e Irlanda, ha sempre vinto.
3 – Tadhg Furlong (Irlanda)
La conformazione fisica è quella del pilone più classico e tradizionale, forse enfatizzata dall’espressione quasi perennemente incarognita. Solo che Furlong è tutto tranne che un pilone normale, perché alla grande potenza fisica unisce anche una capacità di trattare il pallone unica nel suo genere per un prima linea. Il passaggio per Aki, in occasione della meta di Stander contro l’Inghilterra, è l’esempio ideale.
2 – Guilhem Guirado (Francia)
Jacques Brunel non poteva trovare capitano migliore da cui ripartire, sia per trasmettere il messaggio di sacrificarsi il più possibile in difesa per restare vivi nei momenti difficili, sia per la delicata gestione del gruppo dopo i fatti di Edimburgo. Nelle prime due partite fa segnare 50 placcaggi, poi ne fa 19 nelle due seguenti, ma il suo impatto sulla partita resta sempre straordinario. Menzioni anche per Stuart McInally e Rory Best.
1 – Cian Healy (Irlanda)
Dopo aver vissuto un periodo difficile a causa di qualche infortunio di troppo, il pilone del Leinster è tornato sui suoi livelli di un quadriennio fa. Porta avanti 44 palloni, uno ogni 5 minuti di media, a dimostrazione di come sia stato molto sollecitato tra l’altro con ottimi risultati. Non manca nemmeno un placcaggio e in mischia è solido. Menzioni anche per Jefferson Poirot e Mako Vunipola.
Il XV ideale di On Rugby: 15 Matteo Minozzi, 14 Keith Earls, 13 Huw Jones, 12 Owen Farrell, 11 Jacob Stockdale, 10 Jonathan Sexton, 9 Conor Murray, 8 CJ Stander, 7 Yacouba Camara, 6 Aaron Shingler, 5 Devin Toner, 4 James Ryan, 3 Tadhg Furlong, 2 Guilhem Guirado, 1 Cian Healy
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